Il Tribunale Penale di Teramo ha assolto un gestore di apparecchi da gioco, accusato di frode informatica ai sensi dell’articolo 640-ter del Codice Penale, in riferimento all’articolo 110, comma 6, lettera a) del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS). L’imputato era stato rinviato a giudizio nel 2020 nel contesto dell’operazione “Cristallo”.
Già in precedenza, in data 09/05/2024, lo stesso imputato, sempre assistito dall’Avv. Bernardo Procopio, con la collaborazione dell’Avv. Antonio Volpe, era stato assolto dal tribunale di Chieti sempre per lo stesso reato e sempre con la stessa formula, per non aver commesso il fatto.
La vicenda nasce dall’analisi delle schede di gioco in cui alcune partite erano risultate senza vincita, mentre dai dati trasmessi all’ADM le partite erano risultate vittoriose, per un ammontare totale di 5.500,00 euro, andati a favore di chi ha effettuato la manomissione. Tali operazioni, secondo i giudici, potevano essere fatte da chi aveva le chiavi degli apparecchi, che poteva entrare nella scheda di gioco. In particolare, quindi, dal gestore o proprietario delle macchine. Inoltre, dall’esame della documentazione prodotta, è possibile osservare la manomissione delle entrate usb dei macchinari, oltre alla registrazione delle stesse manomissioni e alterazioni dalle schede video dei macchinari.
Tuttavia, da quanto emerso nel dibattimento al Tribunale penale di Teramo, gli apparecchi erano dotati di regolare nulla osta, ma il titolare dell’esercizio non era in possesso delle chiavi, come confermato dallo stesso dipendente dell’attività.
Dunque, “così ricostruita l’istruttoria dibattimentale, non può considerarsi emersa la responsabilità del soggetto in ordine al reato ascrittogli. In particolare, non può ritenersi accertato che lo stesso abbia posto in essere le condotte addebitategli”.
A conferma di ciò, il Tribunale afferma che “non è emersa alcuna prova che la materiale manomissione degli apparecchi e la successiva alterazione dei dati di gioco emersa sia stata concretamente posta in essere dal soggetto, rappresentante legale della ditta proprietaria degli apparecchi. Né è altrimenti emerso che fosse esclusivamente lui a recarsi, munito delle chiavi, presso l’esercizio commerciale per la gestione delle macchine, essendo emerso invece il contrario. Alla luce di quanto rappresentato, pare tutt’altro che possibile affermare con certezza che il fatto sia stato concretamente realizzato dall’odierno imputato”. ac/AGIMEG