Gioco pubblico: nuovo modello distributivo dei negozi e coinvolgimento Enti Locali – di Roberto Fanelli

Nella interessante intervista rilasciata ad Agimeg dal Senior Vice President di Lottomatica Giuliano Frosini (intervista completa) ci sono un paio di spunti di estremo interesse, che potrebbero formare l’oggetto di una discussione più ampia, per cercare di dipanare la questione sul futuro del comparto del gioco pubblico.

Come noto, in Italia si assiste da diversi anni ad uno scontro tra la necessità di dotarsi di un quadro regolatorio stabile e la difficoltà da parte di Governo e Parlamento di dettare linee strategiche e di attuare quanto già previsto dalle normative vigenti.

Indipendentemente dai dati economici che lo caratterizzano, il gioco pubblico legale ha un’immagine controversa in cui gli elementi positivi (il gioco pubblico come argine a quello illegale e come fonte di entrate erariali, di occupazione e di innovazione) sono contrapposti, da molti, ad elementi giudicati socialmente negativi (il gioco portatore di dipendenza e di esternalità negative lasciate alla gestione delle Autonomie locali).

In tale contesto, si inserisce la prima riflessione che emerge dalla citata intervista e riguarda la proposta – condivisa un po’ da tutti e da tempo ma mai attuata – di prevedere una compartecipazione al gettito degli Enti locali.

In prima battuta, si potrebbe prevedere di destinare agli enti locali le maggiori entrate provenienti dai controlli e dalle sanzioni, ottenendo un duplice beneficio, poiché gli enti locali avrebbero tutto l’interesse ad attuare, in sinergia con lo Stato, campagne mirate di controlli, innalzando così il livello di legalità e concorrendo a mettere in sicurezza l’intero comparto.

Successivamente, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica, si potrebbero aggiungere entrate in qualche modo collegate alla presenza del gioco sul territorio (ad esempio, destinando ai Comuni e alle Regioni gli incassi per l’iscrizione degli operatori nel registro unico e/o parte dei canoni concessori, prevedendo nuove entrate in relazione alla presenza fisica delle sale e degli apparecchi, e riconoscendo agli enti locali parte delle entrate tributarie e extratributarie proporzionate alla presenza del gioco sui territori).

Una possibile ulteriore modalità di collegare entrate pubbliche provenienti dal gioco agli enti locali è quella di stabilire un livello “normale” di entrate per ogni Regione (ad esempio, la media degli ultimi cinque anni):

– destinando alle Regioni una data percentuale del surplus realizzato ogni anno in quel territorio;

– riducendo i trasferimenti in caso di diminuzione del gettito da giochi.

La seconda riflessione che scaturisce dalle parole del Vice President di Lottomatica riguarda le proposte per un diverso modello distributivo, imperniato, comunque, sempre sul regime “concessorio” (ormai pacificamente accettato dagli organi comunitari e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia).

Secondo Frosini, il regime concessorio dovrebbe essere oggetto di una sorta di rivoluzione copernicana, passando “da concessioni per prodotto a concessioni per luogo fisico”, in modo da poter liberare non solo gli operatori industriali, ma anche le istituzioni da un insieme frammentario di offerta di gioco pubblico che, sul territorio, si traduce in una eccessiva capillarità.

Se abbiamo compreso bene, si tratterebbe, quindi, di introdurre una sorta di “pluriconcessione” da potersi esercitare nei luoghi pubblici (fisici) ammessi ad offrire gioco pubblico.

Tralasciando, per un momento, il destino del gioco di prossimità (ci riferiamo al gioco offerto presso pubblici esercizi e presso rivendite di tabacchi, per il quale, comunque, l’intesa raggiunta in Conferenza Unificata “Governo-Enti locali” del 7 settembre 2017 prevedeva un robusto ridimensionamento), la proposta potrebbe tradursi nel prefissare un numero di “sale” in cui il concessionario (di sala) potrebbe offrire gioco pubblico.

In pratica, quindi, la concessione non riguarderebbe più i singoli giochi ma essenzialmente i punti fisici, nei quali sarebbe possibile offrire indistintamente tutti i prodotti di gioco “ad impatto sociale” (Bingo, Scommesse, Apparecchi e, magari, anche i giochi a distanza, seppure con precise regole d’ingaggio).

In tal modo, potrebbe essere opportunamente dimensionata, in accordo con le singole Regioni, la “rete complessiva unica” (con la certezza del numero massimo dei punti di gioco e la possibilità, quindi, di un loro contingentamento per l’intera durata della concessione e la determinazione di un numero fisso per ciascuna regione); l’oggetto della gara sarebbe dunque la concessione di un punto fisico (dove poter offrire l’intera gamma dei giochi sopra indicati).

In questo scenario, sarebbe peraltro sostenibile la base d’asta per ciascun punto che dovrebbe garantire la copertura delle somme previste per gli emanandi bandi di gara (che dovrebbero, ovviamente, essere abrogati, previa proroga generalizzata delle concessioni in essere).

In un tale contesto, potrebbe ragionarsi come collocare il gioco di prossimità (giochi numerici, lotterie, slot, “corner”) nei pubblici esercizi e nelle rivendite di tabacchi, anche alla luce delle posizioni che le singole Regioni potrebbero assumere, tenendo conto dell’impatto sociale del gioco. rf/AGIMEG