Per Pucci quindi, il processo di riduzione degli operatori “E’ in corso già in atto da tempo, spero solo che questa riduzione non colpisca solo un segmento, ma il settore del gioco. E spero che riguardi la filiera in generale”. Ma perché Baretta ne sta facendo un cavallo di battaglia? “Il compito del Governo” spiega a Agimeg, “è gestire questo processo. Anche quando Baretta parla di contratto di filiera, è perché sa che è giusto normare simili aspetti. La filiera va mantenuta, ma va resa meno litigiosa”. In concreto, la razionalizzazione sta spingendo le aziende del settore a formare dei consorzi e delle reti di imprese, un processo che serve anche a “adottare delle strategie per riappacificarsi con i territori” spiega Pucci. “In una situazione come quella di oggi in cui i territori osteggiano il gioco, non è il caso di aprire una sala nel centro di una città. Su questo aspetto, ad esempio, le aziende aggregate possono adottare un codice comune per regolare aspetti come orari e aree di esercizio, l’aspetto delle sale (il gioco deve stare alla luce del sole, e non bisogna mettere le vetrofanie nere alle vetrine, visto che l’isolamento spinge a giocare di più) o anche promuovere dei corsi di formazione”. Baretta sembra però pensare a un passo ulteriore: quando ipotizza anche una riduzione di gettito, sembra alludere a un taglio verticale del settore. “Non sono d’accordo. Penso che il Sottosegretario faccia riferimento a una riduzione proporzionale all’interno di tutti i settori”. Secondo Pucci la questione è un’altra, e ruota attorno al ruolo che si intende dare al gestore: “Baretta, parlando di riduzione, comunque sembra voler riconoscere il ruolo che hanno questi operatori. Nel ddl Mirabelli, al contrario, si prosegue con la vecchia impostazione, in cui non si fa alcun riferimento alla figura del gestore”. L’altra proposta su cui Baretta sta battendo molto in questi mesi è la tassa di scopo: “E’ una battaglia di Astro da anni” conclude Pucci. “Per fare pace con i territori, dobbiamo rilasciare qualcosa ai territori stessi. Dal punto di vista culturale, bisogna dire alla gente dove vanno i soldi che giocano”. gr/AGIMEG