“In mancanza di un intervento nuovo del legislatore, che allo stato sembra soltanto ipotetico”, sulla questione del prelievo minimo garantito che devono versare le agenzie di scommesse ippiche, ADM “da un lato non potrà limitarsi a diminuire il dovuto del 5% citato o di una percentuale inferiore, e dall’altro dovrà disciplinare la fattispecie per assicurare la necessaria imparzialità“. Lo afferma la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, respingendo la richiesta di pagamento che ADM aveva inviato a un’agenzia di scommesse.
Il Consiglio di Stato spiega che lo strumento per risolvere l’impasse – come ha già chiarito il Tar Lazio – “è rappresentato dall’adozione preliminare di un atto di indirizzo proporzionato e adeguato per definire da cosa la salvaguardia debba essere rappresentata, così da trattare nello stesso modo i casi simili, e poi dall’applicazione ad ognuno di essi, e quindi anche al caso per cui è giudizio, dei criteri individuati”.
Il contenzioso sui minimi garantiti – ovvero la quota di prelievo minimo sulle scommesse che le agenzie ippiche dovrebbero versare a prescindere dalla raccolta che effettuano – va avanti da circa 20 anni. Le agenzie hanno ben presto contestato questo meccanismo, visto che il mercato era stato aperto a nuovi operatori, e che comunque erano presenti diversi bookmaker illegali che sottraevano quote importanti di raccolta. Il Legislatore nel 2012 aveva quindi adottato un meccanismo di salvaguardia, concedendo uno sconto del 5% sugli importi che le agenzie avrebbero dovuto versate. La Corte Costituzionale tuttavia già nel 2013 ha dichiarato questa norma illegittima, giudicando insufficiente la misura del 5%.
Il Consiglio di Stato, riferendosi alla richiesta di pagamento avanzata dai Monopoli, concorda con quanto aveva già affermato il Tar Lazio in primo grado: “pur in mancanza di una specificazione della salvaguardia che la norma prevede, l’unica cosa che non avrebbe potuto fare l’amministrazione sarebbe stato chiedere l’intero, come invece ha fatto nel caso presente. Chiedere l’intero, secondo logica, vuole infatti dire lasciare le cose come stanno, e negare per definizione che una qualsiasi salvaguardia possa aver luogo. L’atto impugnato va quindi annullato, perché in sicuro contrasto con le norme vigenti nel momento della sua emanazione”. ADM quindi “dovrà tener conto della sentenza della Corte costituzionale 275/2013” che “in buona sostanza, ha precisato in negativo i contorni della salvaguardia da concedere, ed ha affermato, come si è detto, che non basta ad integrarla una riduzione per un massimo del 5% solamente del dovuto”. lp/AGIMEG