Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) ha accolto il ricorso di un titolare di una ricevitoria del lotto di Messina per l’annullamento del provvedimento con cui l’Ufficio dei Monopoli di Stato per la Sicilia ha disposto la revoca della concessione del gioco del lotto n. ME4080 in Messina per il mancato raggiungimento, negli anni 2014 e 2015, del limite minimo annuo di euro 26.746,27. Per il Tar “l’art. 4 del decreto direttoriale 12 dicembre 2003 stabilisce che occorre procedere alla revoca della concessione per le ricevitorie che, negli ultimi due esercizi consecutivi, abbiano effettuato una raccolta del gioco del lotto inferiore a determinate soglie (euro 26.746,27 per i comuni con una popolazione superiore a 100.000 abitanti ai sensi dell’art. 3 del decreto direttoriale 16 maggio 2007), mentre il concessionario ha effettuato una raccolta del gioco del lotto di euro 19.264,00 per l’anno 2014 e di euro 16.213,00 per l’anno 2015. La ratio sottesa ai decreti direttoriali del 2003 e del 2007 è quella di mantenere attive le sole ricevitorie che siano effettivamente funzionali alla organizzazione (e alla razionalizzazione) della rete di raccolta del gioco del lotto e, al fine di condurre tale verifica, l’amministrazione si è autovincolata a precise disposizioni operative, la cui inosservanza comporta il rischio di adottare provvedimenti non necessari al soddisfacimento del pubblico interesse, o, addirittura, ad esso contrari. In altri termini, la revoca della concessione deve basarsi su dati effettivi, attendibili ed attuali, avendo senso soltanto se viene disposta in costanza di un trend negativo. Pertanto, è necessario che l’amministrazione rispetti rigorosamente la sequenza temporale prevista dalla legge secondo cui gli ispettorati compartimentali, entro il 31 marzo di ciascun anno, procedono alla revoca della concessione per le ricevitorie che, negli ultimi due esercizi consecutivi, abbiano effettuato una raccolta del gioco inferiore al limite annuo, con la conseguenza che, ove venga superato il termine del 31 marzo, l’amministrazione non può più fare legittimo riferimento al biennio immediatamente precedente ma deve attendere il compimento del nuovo ciclo economico in corso”. lp/AGIMEG