Lo stop alla pubblicità sul gioco è stato uno degli argomenti principali trattati nella puntata di ieri di “In Onda” su LA7. Presenti in studio Marco Tarquinio, Direttore ‘Avvenire’, e Ivan Zazzaroni, direttore ‘Corriere dello Sport’. I dati utilizzati in trasmissione a cura di Agimeg. Zazzaroni si è detto infastidito per questa “ipocrisia demagogica” legata al divieto di pubblicità. “Il mio è un rifiuto per uno Stato moralizzatore: lo Stato dovrebbe limitarsi a dare regole, senza contare che la pubblicità vale decine di milioni di euro l’anno. Serve distinguere fra legale e illegale, tutto va regolamentato, soprattutto in determinate fasce orarie. Sono contro il divieto perché a parte il gettito enorme che verrebbe a mancare, a parte l’aspetto occupazionale, i numeri non sono chiari, ognuno dà cifre differenti sul fenomeno”.
Il Direttore dell’Avvenire ha detto di non sentirsi “proibizionista, ma gli argini devono esserci ed essere molto alti. Dal 2001 al 2017 siamo passati da 5 miliardi di euro di raccolta a 102 miliardi di euro l’anno”. Questo aumento è dovuto in gran parte all’emersione del gioco illegale, ma soprattutto dalla regolamentazione dell’online a partire dal 2008, che hanno dato agli italiani un’offerta completa che prima era relegata in un ‘sottobosco’ non controllato dallo Stato.
Tarquinio ha anche affermato che “la pubblicità tiene sotto controllo l’informazione”, non spiegando tuttavia in che modo, e che “da tre lustri il gioco è una piaga che colpisce famiglie, imprese, persone sole ridotte a nulla dal demone del gioco”, anche in questo caso non adducendo numeri concreti a sostegno del suo pensiero. Secondo il CNR, i giocatori a rischio in Italia sarebbero circa 400mila, ma l’ultimo dato disponibile di quanti siano effettivamente in cura è di appena 7mila persone.
Tarquinio ha poi parlato di “confische operate dalla magistratura nel settore del gioco, passate in un silenzio sterminato”, dimenticando forse che notizie di interventi della magistratura contro il gioco illegale sono quotidianamente sulle pagine dei principali quotidiani nazionali, a testimonianza di quanto il settore da anni sia sotto la lente dell’opinione pubblica, ben informata sul gioco e sui possibili rischi ad esso connessi. In realtà sono centinaia gli articoli già pubblicati in questa sola prima parte del 2018, senza dimenticare che la criminalità non opera solamente nel gioco, ma ha interessi in tutti quei settori dove circola denaro, e dunque non è ‘esclusiva’ del gioco.
Il Direttore dell’Avvenire ha parlato anche di “multinazionali che controllano sia i settori dell’online che delle slot, su cui abbiamo indagato per anni, raccolto dossier, che si mescolano con la criminalità organizzata, come dicono anche i report di Banca d’Italia. Il gioco legale fa da coperchio alla pentola complessiva del gioco d’azzardo” illegale, cosa assolutamente non vera, se si pensa che proprio grazie alla legalizzazione del settore si è passati dagli 800 mila videopoker di inizio anni 2000 (oggi le macchiette sono il 70% in meno, circa 265 mila) e dal totonero, completamente gestiti dalla criminalità, a un’offerta di gioco legale, controllata e sicura attraverso gli apparecchi da intrattenimento e le scommesse. Inoltre, Traquinio forse non è a conoscenza del fatto che l’industria del gioco non è solamente ed esclusivamente nelle mani delle grandi multinazionali, che comunque nelle maggior parte dei casi sono aziende sane e quotate in borsa, ma dà anche lavoro a tante piccole imprese a conduzione familiare, generando occupazione per 200mila persone e le loro famiglie.
Il Direttore del Corriere dello Sport ha ricordato come in Italia vi siano “aziende di gioco che fanno comunicazione legale e chiara, al massimo possiamo implementare i paletti”, Tarquinio ha risposto che “il gioco è la tassa sui poveri” e che “il Governo Monti cercò di mettere limiti alle distanze dai luoghi sensibili ma la norma non fu approvata”, dimenticando che oggi molti Comuni italiani hanno un distanziometro, nella gran parte dei casi pari a 500 metri, entro i quali non possono essere aperte sale giochi. Inoltre il Direttore dell’Avvenire ha detto che “nessuno allontana le persone dalle macchinette”, mentre ciò può accadere nelle bische clandestine, non certo nelle tabaccherie alla luce del sole e alla presenza di un personale formato anche per riconoscere i giocatori a rischio.
Zazzaroni ha poi ricordato come “lo sport viene sovvenzionato dal gioco, basti pensare al calcio o al basket”, e sottolineato come attraverso i canali legali di “scommesse c’è maggiore controllo, ci sono sponsorizzazioni, occupazione e gettito fiscale”, mentre Tarquinio ha evidenziato, quasi fosse un male viste le sue dimensioni, che il gioco oggi rappresenta “la terza attività imprenditoriale del nostro Paese”. Cancellare con un colpo di spugna la terza industria italiana e riportare il settore indietro di 20 anni, nel nome di un non meglio precisato numero di persone affette da ludopatia, appare oggi più che mai una soluzione assai poco lungimirante. Ecco il video della puntata:
lp/AGIMEG