Ippodromo Capannelle, Tar Lazio accoglie in parte il ricorso della Hippogroup: “Roma Capitale deve valutare la richiesta di proroga”

Il Tar Lazio accoglie in parte il ricorso intentato dalla Hippogroup per la proroga della gestione dell’ippodromo delle Capannelle di Roma, obbliga infatti il Comune a riesaminare nuovamente la richiesta di estendere il contratto. Roma Capitale dovrà in particolare confrontarsi con la società “in ragione del decorso di un considerevole lasso di tempo dalla presentazione della prima istanza (2014) e delle successive integrazioni (2017)”.

La società ha assunto la gestione dell’impianto nel 2004, il contratto doveva scadere nel 2016. Nel corso di questi 12 anni, Roma Capitale ha accolto in diverse occasioni le richieste di riduzione del canone avanzate dalla Hippogroup “riconoscendo che le difficoltà finanziarie della concessionaria erano connesse alla grave crisi del settore ippico e ritenendo di interesse per l’Amministrazione garantire una continuità nel funzionamento dell’Impianto”, riassume il Tar. Nel 2013, con la chiusura dell’Ippodromo di Tor di Valle, Capannelle assunto anche la gestione delle corse di trotto e ha dovuto allestire una pista apposita. Inoltre ha effettuato una serie di investimenti per ampliare e rendere più efficiente l’impianto.

Ha chiesto quindi fin da subito un prolungamento della concessione per recuperare gli investimenti sostenuti, visto che il piano di ammortamento si estende fino al 2028. Roma Capitale, dal canto sui, ha accordato una nuova riduzione del canone. Nella Delibera della Giunta 199 del 2013, puntualizzava però che “la richiesta di proroga della durata della concessione potrà essere valutata solo in un momento successivo dietro presentazione ed approvazione del progetto di cui trattasi”. Nel 2017 poi – quando la concessione era già scaduta – ha definitivamente respinto la richiesta di proroga, sostenendo in pratica che la disciplina di gara non prevedesse questa possibilità.

Il Tar tuttavia osserva che in questo caso si deve applicare il “Regolamento per gli impianti sportivi di proprietà comunale”, che appunto consente di accordare una proroga fino a 30 anni, nei casi in cui il gestore di un impianto “sia stato autorizzato ad eseguire interventi di restauro e di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica o di ripristino funzionale dell’impianto sportivo”. La disciplina di gara invocata dal Comune, invece, “si limitava ad escludere la proroga tacita della concessione venuta alla sua naturale scadenza”. E’ vero che il Comune ha subito ridotto il canone, ma non poteva ritenere che questo impegno compensasse automaticamente gli investimenti: “l’esame della richiesta di prolungamento della concessione non poteva esaurirsi con le suddette valutazioni in quanto la concessionaria ha prospettato, altresì, sin dal 2013 investimenti ulteriori finalizzati ad un ampliamento ed efficientamento dell’Impianto”.

In sostanza, secondo i giudici, “Roma Capitale avrebbe dovuto svolgere una istruttoria idonea a verificare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di prolungamento della concessione valutando a tal fine non solo gli investimenti già effettuati in ottemperanza ai piani precedentemente approvati, ma anche gli investimenti non ancora effettuati per cause non imputabili alla concessionaria”. Ed è proprio questa istruttoria che adesso il Tar chiede di effettuare. lp/AGIMEG