Vulpis (dir. Sporteconomy) ad Agimeg: “Ma dov’era lo sport, che adesso reclama soldi attraverso una tassa folle, quando il Decreto Dignità bloccava il settore delle scommesse?”

“Illiberale e irriguardoso colpire il settore il settore delle scommesse con una nuova tassazione: Capisco le difficoltà del calcio ma non si va dal Governo a chiedergli di colpire un altro settore per avere dei vantaggi”. Esordisce cosi Marcel Vulpis, giornalista e direttore di Sporteconomy, nell’intervista rilasciata al direttore di Agimeg Fabio Felici sul tema della nuova tassa che il Governo vuole imporre la settore delle scommesse sportive.

La nuova tassa dello 0,75 sulla raccolta delle scommesse è davvero l’unica soluzione per trovare risorse per lo sport ed il calcio in particolare?

Più che soluzione mi sembra una mossa dettata dalla disperazione. Il calcio se non riparte è a rischio default, l’ho anche scritto oggi in prima pagina sul Corriere dello Sport. Il calcio, con un certo ritardo, ha scoperto di essere legato, mani e piedi, al settore dei ricavi da diritti audiovisivi. Adesso ha il timore che Sky/Dazn non paghino la 6a rata residua del contratto in corso (oltre 225 milioni di euro) e quindi è a “caccia” di denaro in ogni settore complementare. Si parla tanto di autonomia dello sport, ma poi lo sport fa sempre l’inchino alla politica di turno (prima con il decreto Spalma Debiti poi con i decreti Melandri e Lotti sui diritti tv, solo per citarne alcuni). Non è stato mai in grado di autoregolamentarsi, E anche in questo caso infatti dopo molte pressioni l’esecutivo sta cercando di aiutare il mondo dello sport a danno di altri comparti.

E’ il gioco della sedia a cui si giocava da bambini. Alla fine ci sarà un soggetto che resterà in piedi senza sedia. E’ troppo facile andare a mettere le mani nei portafogli del betting. Lo trovo illiberale, irriguardoso rispetto ad un settore che genera ricchezza e gettito erariale (per lo Stato) e per nulla onesto. 

Il betting non ha mai chiesto aiuti, anzi sta subendo, da oltre un anno e mezzo, gli effetti deleteri delle norme di divieto di pubblicità e sponsorizzazioni inserite nel “Decreto Dignità”. Perché all’epoca il mondo dello sport non è insorto e non ha risposto agli appelli delle aziende del betting che volevano continuare ad investire nello sport, a partire dal calcio? Adesso lo stesso sport chiede al governo di emanare una norma contro un altro settore: il betting appunto. Siamo alla follia!

Aziende di gioco totalmente chiuse, senza prospettive di ripartenza ed aiuti economici:  insomma si cercano soldi da imprese in evidente difficoltà. Non è un controsenso in questo periodo?

Ripeto siamo alla follia. All’homo homini lupus di Thomas Hobbes. Non è così che ci si muove in un mercato dell’impresa e del lavoro “liberale”. Capisco le difficoltà del calcio, ma adesso i proprietari dei club iniziassero veramente a iniettare di denaro fresco le loro casse (prendendo i soldi dal proprio portafoglio, piuttosto che da quello di altre imprese). Non si va dal Governo per chiedergli di colpire un altro settore. E’ un atteggiamento irrituale oltre che pericoloso come precedente.

Non è un atteggiamento contradditorio quello del Governo: divieto di pubblicità e sponsorizzazioni da parte di aziende di scommesse, ma le stesse utili per nuove entrate?

Assolutamente. Ma non è la prima volta che avviene. Perché, già nel caso del Decreto Dignità, si è voluto penalizzare con un pacchetto di norme anti-costituzionali (violano palesemente l’art.41 della Costituzione in tema di libertà di impresa). Al tempo stesso lo Stato però vuole, nonostante i divieti, continuare ad usufruire del beneficio del gettito erariale. Ma ormai siamo un paese kafkiano per non dire altro. Credo che il comparto debba presentarsi unito davanti al Governo chiedendo di poter tornare a lavorare come avveniva prima dell’entrata in vigore del Decreto Dignità. Non è più tempo di difendersi, bensì bisogna pensare ad attaccare. Non è più neppure un tema di percentuali, ma di vera e propria lotta per la vita. Le aziende del betting chiedano immediatamente un tavolo di crisi a Conte (governo), Gualtieri (MEF) e Patuelli (MISE). Perchè sta per esplodere, in caso di approvazione della nuova imposta, la “bomba” del lavoro. I lavoratori di questo comparto hanno gli stessi diritti di quelli del calcio o di altri settori economici. Se dovesse passare la norma Salvasport ci saranno licenziamenti a catena nell’industria del betting.

Perché il settore è oggetto di disinformazione politica?

Perché in questo Paese non c’è più cultura politica in generale. Certamente adesso le imprese del settore devono fare quadrato. Tutte senza distinzioni. Esistono tante sigle. Non è più tempo di difendere singoli interessi ma guardare esclusivamente al bene comune.

La politica recente non ha mai voluto un confronto serio e costruttivo con le imprese di questo settore. E’ un problema di scelte populiste o di incapacità di un confronto tecnico?

Direi entrambe. C’è sicuramente un aspetto ideologico. La lotta al GAP e al mondo del betting era inserito nel programma del 2013 del Movimento 5 Stelle, Bastava leggere quel programma per capire che si sarebbe arrivati a questo. Poi c’è anche l’aspetto del “rischio” del confronto tecnico. Mi spiego meglio. E’ chiaro che si aprisse un tavolo tecnico, come spesso hanno chiesto a più voci le diverse associazioni di categoria (Acadi, Sistema Gioco Italia, Logico, Astro, ecc.), non sarebbero in grado di difendere le loro posizioni. Quindi meglio trincerarsi in una posizione ideologica che è inattaccabile per principio.

ff/AGIMEG