“L’Arjel dispone della totalità dei dati raccolti dagli operatori, questo significa che ogni volta che un giocatore fa una transazione o una scommessa tutti questi dati devono essere trasmetti dagli operatori all’Arjel. Nella ricerca abbiamo considerato non solo il gambling vero e proprio, ma anche il “pay to win”. Lo ha detto Jean Michel Costes (Arjel), introducendo l’Indagine transnazionale sul gioco online, la ricerca che l’Istituto Superiore di Sanità sta presentando a Roma. “Si tratta di giochi come Candy Crush, che comunque danno luogo a problematiche simili”, ha aggiunto Costes, spiegando quindi che ogni Paese che ha partecipato alla ricerca ha incluso nel proprio campione una quota di giocatori veri e propri, e una di utenti dei pay to win, anche se poi i test per ciascuna categoria erano differenti. In Italia sono stati intervistati 7.812 giocatori online e 1.516 gamers, cioè utenti di “Pay To Win” games, come ad esempio “Candy Crush”, per un campione totale di 8.528. “C’è un aumento costante del gioco online dal 2010. Le scommesse sportive, in crescita costante, rappresentano il 35% del gioco online. Per quel che riguarda il gioco d’azzardo online, la popolazione che nel corso dell’ultimo anno ha giocato su internet varia tra il 4,5 e il 6%. Il giocatore tipo per l’online fa riferimento ad un uomo, per lo più di giovane età, e di estrazione socioculturale più elevata rispetto alla media dei francesi. I francesi giocano online giocano soprattutto alla lotterie a estrazione istantanea”, ha aggiunto. “Ci sono dei giochi che vengono considerati meno a rischio di altri, ma che in realtà sono più insidiosi”. Ha continuato Costes. In sostanza nella ricerca i dati sul rischio individuale (ovvero quanti giocatori patologici giochino a un determinato gioco) sono stati messi a confronto con quelli del rischio collettivo (che “prende in considerazione anche la penetrazione di un gioco al’interno della popolazione”). Costes ha spiegato che i risultati sono spesso “diametralmente opposti, giochi che hanno un rischio individuale elevato come le slot, hanno poi un fattore di rischio collettivo contenuto. Nel caso delle lotterie, invece avviene il contrario”. E parlando dei pay to win, Costes ha spiegato che si tratta di giochi inizialmente gratuiti, ma che poi prevedono di spendere del denaro per progredire di livello, o per acquisire oggetti particolari. ”Contrariamente al gambling, il giocatore tipo è di sesso femminile, ha un’età più giovane, e è di classe media”. Costes ha poi sottolineato che in base ai risultati della ricerca “il 17,7% di questi giocatori è risultato patologico, il 17,1 problematico. Insomma, un terzo della popolazione ha problemi”. E quindi si è appurato che il 35,4% ha poi giocato anche d’azzardo. gr/AGIMEG