“Dopo dieci anni il mio istituto di credito, nel 2020, ha cambiato direttore e dopo soli tre mesi è iniziato un graduale disinteressamento che ha portato alla richiesta di chiusura di tutti i conti correnti fino a quel momento aperti, giustificata da uno scellerato codice etico di policy bancaria”. L’ennesimo caso di discriminazione degli operatori del gioco pubblico, raccontato ad Agimeg, arriva da Giuseppe Pumo, imprenditore di Isola del Liri (FR), che opera nel settore del gaming dal 1998, dapprima come noleggiatore di apparecchi da intrattenimento senza vincita in denaro e dal 2004 mediante apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro, Slot e VLT.
“Per paradosso ancora non mi sono sganciato del tutto dalla BPM, l’istituto di credito che negli anni mi ha consentito di aprire un mutuo e presso il quale ho costituito, per la mia attività e le diverse società che la mia famiglia possiede, 18 conti correnti. Tra l’altro, nonostante mi abbiano intimato la chiusura del conto, oggi canalizzo le rate del mutuo sul mio conto corrente, dove per di più arriva l’assicurazione obbligatoria fatta insieme al mutuo. Trovo molto bizzarro – prosegue Pumo – che come imprenditore ho costituito un’altra società a Palermo, di cui la mia società ha quote di maggioranza, sempre presso lo stesso istituto di credito, che in questo caso non mi ha chiesto alcuna chiusura del conto corrente”.
“La mia filiale BPM mi ha scritto di non aver esercitato alcuna discriminazione, ma di aver solamente fatto delle scelte. Tuttavia sono stati chiusi non solo i conti correnti personali, ma anche dei miei figli minori e di ogni membro della famiglia, per il solo fatto di essere imparentati con un soggetto che opera nel settore del gaming. Alla richiesta di chiusura dei conti, sono andato presso un altro istituto, ma non è stato facile, ovunque io andassi, con la policy delle banche alzata al massimo livello, non ho trovato aperture. Molte banche mi hanno scritto che non potevano aprire un conto corrente per ragioni di etica aziendale. Molti istituti devono rispondere a una circolare di Bankitalia che equipara attività di gioco con armerie o compro oro, dunque a rischio riciclaggio, motivo per il quale preferiscono non aver niente a che fare con noi, nonostante il nostro sia una settore assolutamente legale e autorizzato dallo Stato”.
“Inizialmente sono riuscito ad aprire un nuovo conto presso un altro istituto di credito, ma dopo sei mesi mi è arrivata la richiesta di revoca massiva di tutti i conti correnti. Tra l’altro gli istituti di credito mi hanno anche sempre respinto la richiesta di finanziamenti di 30 mila euro che avrei potuto chiedere, considerato il momento di difficoltà che sto vivendo, con le sale slot chiuse, ma anche in queste occasioni c’è sempre un pregiudizio nei confronti di noi operatori del gioco. Oggi tutte le mie aziende si sono collocate all’interno di Poste Italiane, in quanto le banche ci hanno chiuso la porta in faccia. Abbiamo tentato con ogni mezzo di intraprendere nuovi rapporti bancari con innumerevoli istituti, sia di primario ordine che non, trovando costantemente una barriera di ostilità discriminatoria, negandoci persino il semplice rapporto attraverso l’apertura del Conto Corrente Ordinario, senza facilitazione alcuna, costringendoci a non poter operare ‘prudentemente’ e liberamente nel territorio di appartenenza.
Per questo motivo vorrei invitare il direttore del comparto apparecchi da intrattenimento di ADM, Antonio Giuliani a tutelarci o quantomeno identificare un istituto bancario presente su tutto il territorio nazionale che non discrimini gli imprenditori del gioco e che sia obbligato per legge ad intraprendere rapporti con il mondo del gaming. Se poi un soggetto non dovesse rispettare le regole, ovviamente la banca può esercitare tutte le misure di diniego che riterrà necessarie, ma non si può vietare a priori di aprire un conto corrente ad un soggetto che opera nel settore del gioco. Dispiace anche che Bankitalia, a cui ho scritto per segnalare quanto avvenuto con BPM, si è limitata a scriverci a maggio dello scorso anno che effettuerà verifiche e ci farà sapere, ma non siamo stati mai più contattati”.
“Ancora una volta – ha proseguito Pumo – un istituto bancario si è reso protagonista di uno sconcertante episodio che sta ulteriormente massacrando il nostro settore. Sentirsi spazzati via, con una gelida lettera scritta da un soggetto che si firma con una sigla indecifrabile senza indicare il proprio nome, il proprio ruolo o la propria posizione Aziendale, con la consapevolezza di non aver mai commesso errori meritevoli di quanto esercitato da organismi interni all’Istituto che dirigete, è umiliante, offensivo e disonorante, per la mia attività e per tutti i dipendenti che lavorano onestamente”, conclude Pumo. cr/AGIMEG