I concessionari delle slot sono dei veri e propri agenti contabili – e non solamente dei soggetti passivi di imposta – e come tali devono presentare il conto delle somme versate come prelievo, ma anche delle giocate raccolte e delle vincite erogate. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione mettono fine su una lunga vicenda giudiziaria, respingendo le tesi della della Global Starnet. La qualifica di agente contabile, secondo la compagnia, appesantirebbe fortemente gli adempimenti, e di conseguenza, i costi di gestione. Il rendiconto, inoltre, non aggiungerebbe nulla ai dati già in possesso dell’Amministrazione, visto che le giocate delle newslot vengono costantemente contabilizzate dalla rete di controllo Sogei.
La vicenda inizia nel 2009, quando la Procura della Corte dei Conti chiamò in giudizio tutte le concessionarie degli apparecchi per chiedere la presentazione dei conti di gestione. Le concessionarie fino a quel momento non avevano mai presentato nulla, non essendo mai state qualificate come agenti contabili. Il giudice di primo grado però non erogò alcuna sanzione, visto che il quadro normativo non era chiaro, ma dispose la formazione del conto giudiziale. In secondo grado, nel 2014, la Corte d’appello confermò l’impostazione, addossando alle concessionarie anche delle lievi sanzioni.
Ora la Cassazione ha sostanzialmente avvalorato le tesi dei giudici contabili, spiegando che il concessionario deve contabilizzare non solo il preu, ma anche le giocate raccolte e le vincite pagate: le compagnie “devono assicurare la contabilizzazione delle somme giocate, delle vincite e del prelievo unico erariale nonché la trasmissione periodica e senza soluzione di continuità delle informazioni al sistema centrale”. E proprio questo sistema dimostra che i soldi in questione siano denaro pubblico: “Questo sistema di collegamento diretto, rivolto in particolare al flusso di denaro, riscosso in conseguenza del gioco lecito, ed alle sue destinazioni (vincite, canone di concessione, deposito cauzionale, obbligazioni tributarie, compenso del concessionario) così come previste dalla legge, ne evidenzia la diretta appartenenza pubblica”. Il fatto poi che il concessionario sia anche il soggetto passivo, quello che deve versare il preu, non esclude la qualifica di agente contabile. La difesa della Global aveva sostenuto che le compagnie sarebbero state allo stesso tempo controllori e soggetti controllati. Ma le Sezioni Unite hanno replicato: “La natura tributaria dell’imposta e la qualificazione del concessionario come soggetto passivo d’imposta operano limitatamente al rapporto di natura tributaria”. Ma non incidono “sulla funzione di agente della riscossione di denaro pubblico”, visto che è necessario un controllo dettagliato “delle modalità di svolgimento dell’attività e della funzione del concessionario rispetto agli esercenti, in particolare sotto il profilo del controllo periodico della destinazione delle somme riscosse”. E ancora: “Solo all’interno di queste rigide maglie si può esercitare un’attività che ove non fosse diretta emanazione dell’autorità statuale e non fosse soggetta al suo diretto e continuativo controllo sarebbe illecita”.
Respinta anche la richiesta di rimettere la questione alla Corte di Giustizia Europea. La concessionaria sosteneva che la qualifica di agente contabile rappresentasse una restrizione illegittima e non proporzionale – visti i numerosi controlli sul gioco – alla libertà di impresa. Ma le Sezioni Unite hanno fatto leva su una serie di pronunce emesse negli anni dai giudici comunitari, per concludere che l’obbligo “corrisponde pienamente al canone della proporzionalità, trattandosi di un controllo periodico che non intralcia la gestione dell’attività di gioco lecito e che dovrebbe essere facilitato dalla rete telematica”. gr/AGIMEG