Gratta e Vinci, inchiesta Agimeg: ecco come truffare lo Stato dopo la sentenza di Vallo della Lucania

Ad inizio ottobre ha suscitato scalpore e perplessità la sentenza emessa dal giudice di pace di Vallo della Lucania, nel salernitano, che ha dato ragione ad un appassionato del Gratta e Vinci che aveva fatto causa alle Lotterie Nazionali per aver comprato, secondo quanto da lui dichiarato, 255 tagliandi senza mai incassare un soldo. Il giudice di pace gli ha dato ragione perché secondo lui i biglietti non riportavano, come previsto dal decreto Balduzzi, né le probabilità di vincita né le avvertenze sul rischio della dipendenza dal gioco. Pertanto i contratti di acquisto, ha stabilito il giudice, possono essere ritenuti nulli. Una sentenza che già al momento della sua emissione aveva fatto sorgere molti dubbi. Nelle stesse partite dei biglietti oggetto del contenzioso erano presenti diverse vincite proprio nella zona interessata. Appare quindi quantomeno strano che dei biglietti vincenti non ci sia traccia nella denuncia, mentre siano stati segnalati solo quelli perdenti. Inoltre le probabilità di vincita sono sempre state disponibili nei punti vendita e sul sito dei monopoli di Stato e del Concessionario, cui i tagliandi “gratta e vinci” rinviano, secondo le disposizioni della legge Balduzzi. Da circa un anno, infine, per agevolarne la consultazione, sia pure in forma sintetica per ragioni di spazio, le stesse informazioni vengono riportate anche direttamente sui tagliandi, così come le avvertenze sul rischio di dipendenza da gioco, come accade per tutti i concorsi praticati sotto l’egida statale. Cosa importante è che il Gratta & Vinci è una sorta di “tagliando al portatore” quindi non nominativo e si possono tranquillamente raccogliere da amici, parenti e nei cestini di qualsiasi ricevitoria dove vengono gettati. Insomma attribuire ad una specifica persona l’acquisto di tagliandi è di fatto impossibile. E da questa considerazione è nata l’inchiesta curata dalla redazione di Agimeg. Siamo andati a visitare dei punti vendita di Gratta e Vinci sparsi in diversi quartieri di Roma e quello che abbiamo verificato rende l’idea della pericolosità della sentenza di Vallo della Lucania.

In appena tre mezze giornate di ricerca potevamo ritirare circa 250 biglietti Gratta e Vinci perdenti, per un controvalore di circa 2.000 euro. Tutti i punti vendita interessati dalla nostra indagine ci avevano autorizzato a ritirare i tagliandi gettati in vari contenitori. A questo punto sarebbe bastato andare da un Giudice di pace, evidenziare la sentenza di Vallo della Lucania e la truffa allo Stato era pronta a partire. Si parla di truffa perché nessuno di questi biglietti era stato da noi acquistato e quindi avremmo prodotto delle prove false ma di fatto difficilissime da smontare. E lo Stato sarebbe coinvolto da questa faccenda in quanto le Lotterie Nazionali hanno in gestione, attraverso una concessione ottenuta dopo una regolare gara pubblica, il gioco del Gratta e Vinci che però rimane di proprietà statale. Posizionando la nostra operazione sull’arco temporale di un mese, avremmo potuto farci uno “stipendio” di circa 20.000 euro semplicemente raccogliendo i Gratta e Vinci usati all’interno dei vari contenitori. La cosa che deve far riflettere, soprattutto l’autorità giudiziaria, è come sia semplice ed a costo zero mettere in piedi una truffa di questo tipo. Questo non vuol dire che l’appassionato di Vallo della Lucania abbia perpetrato una truffa ai danni dello Stato, ma una iniziativa di questo genere deve essere valutata in maniera molto attenta e scrupolosa da chi deve decidere. La nostra è stata un’indagine limitata nel tempo e supportata da pochi dati, ma è stata sufficiente per evidenziare una situazione dove il rischio di consegnare lo Stato in mano a migliaia di truffatori è molto alto. cz-ff/AGIMEG