Qualche giorno fa sul sito del Corriere della Sera è apparso un articolo, a firma Gian Antonio Stella, dal titolo: “Oltre la piaga del gioco d’azzardo c’è l’indifferenza”. Nell’articolo, l’editorialista del Corriere della Sera ha mosso un duro attacco al settore del gioco pubblico. Nel pezzo si critica la politica per un “disinteresse” verso le problematiche legate al gioco, si parla di Stato biscazziere, si riprendono dati di Avvenire e di altre testate sui numeri della ludopatia, tirando in ballo addirittura Papa Francesco.
Il direttore di Agimeg Fabio Felici ha intervistato Gian Antonio Stella proprio sulle tematiche affrontate nel suo articolo. Nonostante i dati riportati nell’articolo in questione non siano in parte corretti (si confonde per l’ennesima volta la raccolta con la spesa, si parla di giornate lavorative perse al gioco senza spiegare come si sia ricavato questo dato, etc.) e il pezzo sia privo di un approfondimento reale sul mercato (la forza lavoro, i controlli, i sistemi di tutela di minori e giocatori, dati certificati sull’impatto del DGA, etc.) Stella non è indietreggiato nemmeno di un centimetro rispetto alle dure critiche riportate nel suo pezzo.
Partiamo con una domanda a bruciapelo. Lei eliminerebbe il gioco in Italia?
“Io credo che il gioco d’azzardo abbia raggiunto delle dimensioni tali da essere pericoloso. Gioco a carte, ma non ho mai giocato a soldi in vita mia. Forse una volta a poker durante una gita scolastica, però è una cosa che non mi interessa. Due volte, in viaggio con degli amici, siamo passati per Las Vegas. E’ un posto dove si dorme con pochi soldi, perché attirano le persone col gioco d’azzardo e praticamente mangi e dormi con delle tariffe molto basse. Non abbiamo però mai giocato. E’ una cosa del tutto estranea al mio modo di vivere. Trovo stupido buttar via i soldi nel gioco. Non mi interessa scommettere sulla vittoria dell’Italia o di un ciclista o di un velocista, sono cose a me totalmente estranee“.
“E credo che oggi il gioco sia troppo sviluppato. Vedo persone rovinate, amici rovinati e per me è una cosa negativa. Penso che il detto di Camillo Benso Conte di Cavour che “il gioco è una tassa sulla stupidità” non sia corretto. Perché, quando poi la gente ci casca e diventa una malattia, quelle persone che giocano non posso considerarle stupide. Quando diventa una malattia subentra altro. Quando c’è una malattia bisogna trovare una via d’uscita per chi c’è cascato e si è rovinato“.
“Non ho un atteggiamento sprezzante nei confronti di chi gioca, però è una cosa che a me non interessa e che considero pericolosa. Ovviamente la considero ancora più pericolosa se in mano alla camorra o alle mafie. Meno pericolosa è in mano allo Stato biscazziere. Resta il fatto che per me lo Stato che raccoglie i soldi con il gioco, è uno Stato biscazziere“.
Ma visto che il proibizionismo è storicamente fallito non sarebbe meglio intraprendere una linea di informazione e formazione invece di quella del proibizionismo?
“Riformo la domanda: come mai se il gioco è legale da quando è cominciato a essere legale si gioca molto di più?“.
Perché prima c’era tanto gioco illegale e quindi c’è stata un’emersione di tutto ciò che era illecito…
“No, su questi argomenti credo sia corretto fidarsi degli esperti. Non è vero che prima si giocava altrettanto illegalmente. Se tu vivi a Belluno o vieni a Verbania o vivi in tante parti dell’Italia, non sai neanche dove andare a trovare i malavitosi per giocare. Credo che purtroppo la facilità di giocare abbia aumentato la platea delle persone che giocano. La casalinga di Voghera, la madre di famiglia di Quinto Stampi o di Cervignano non ha idea di dove andare a giocare illegalmente. Ha idea di dove giocare legalmente e questo ha ampliato la platea. Non parliamo poi del gioco online“.
Sono 43 anni che mi occupo di informazione su questo settore e mi permetta di non essere d’accordo sul sottovalutare l’impatto del gioco illegale. Nel 2004, quando lo Stato ha preso in mano il settore del gioco sul territorio, c’erano tantissimi videopoker ed erano, in molti casi, gestiti dalla criminalità organizzata. Lo Stato decise di occuparsene e quei miliardi di euro tornarono sul mercato legale.
“Lo Stato ha deciso prima di mettere le mani su questo settore, quando aprì le sale Bingo“.
Nacquero nel 1999 con il governo D’Alema. Erano previste oltre 400 sale e oggi ce ne sono meno della metà perché il mercato italiano non è stato in grado di assorbirne così tante.
“Non mi dà nessun dolore che siano la metà. Ricordo però che con la scusa di aiutare la cultura, alcuni giochi furono introdotti anche prima, giusto?“.
Una parte degli incassi del Lotto, il gioco più antico al mondo ancora attivo, andavano per i beni culturali. Secondo lei anche aiutare lo Stato nella salvaguardia dei monumenti era quindi sbagliato?
“Ricordo bene cosa significava allora il Lotto. Ci sono delle descrizioni meravigliose di Charles Dickens su un giocatore del Lotto che gli chiedeva i numeri perché uno era finito sotto un cavallo, stava morendo e quell’altro gli chiedeva di dargli i numeri. Quella roba lì non mi piace“.
Lei è intervenuto anche sull’accostamento delle aziende di gioco ad altre realtà.
“Le dico che, da interista, non mi piace che l’Inter sia sponsorizzata da un operatore di gioco. E’ una cosa indecente. Marotta aveva detto di essere contrario a queste cose ed è veramente un dispiacere che uno come lui, che aveva usato delle parole nette contro l’azzardo, sia poi finito in questo modo. Lo trovo indecoroso“.
A parte che quello che vediamo sulla maglia dell’Inter è un sito di informazione sportiva, secondo me è una posizione di equilibrio da parte dello Stato ci vorrebbe. A parte i grandi club, molti sport cosiddetti minori o riferiti a piccole realtà, come ad esempio l’Orlandina basket di Capo d’Orlando, finanziavano un’intera stagione sportiva grazie al supporto di aziende di gioco pubblico. Se gli sport minori potessero contare su aiuti di questo tipo sarebbe così sbagliato?
“Non sono d’accordo. E’ più grave nel caso dell’Inter perché è una squadra che ha milioni di tifosi, con finanziamenti importanti e che può muoversi sul mercato vendendo e comprando con più facilità delle squadrette piccole che a volte sono davvero costrette a farsi carico di spese enormi per fare un campionato di Serie A. E’ per questo che a maggior ragione mi dispiace. Mi sento tradito da Marotta“.
In Italia nel 2023 la raccolta ha sfiorato i 150 miliardi, come riporta lei nel pezzo, però quelli effettivamente spesi sono circa 20 perché il resto è tornato sotto forma di vincite ai giocatori. Di questi 20 miliardi più della metà finisce nelle casse dell’Erario. Sono soldi che vanno quindi a favore della collettività. Parlare sempre e solo di 150 miliardi non è un modo corretto di presentare i numeri del settore.
“Potrebbero anche essere di più. Io sono dell’idea che è meglio pagarli in tasse o in altri modi. Trovo che sia un modo molto sbagliato per raccogliere i soldi. La penso come la Meloni, prima che passasse tra gli indifferenti, fra quelli che fanno finta di niente. Mi riferisco a quando diceva che raccogliere i soldi in quel modo fa schifo. Solo che purtroppo la Meloni non la pensa più così ed è diventata tra quelle che pensano che pecunia non olet“.
Nel pezzo parla anche dei giocatori a rischio. A rischio non vuol dire che diventino ludopatici. Una forbice di giocatori a rischio, rispetto al totale, simile in tutti i paesi dove il gioco è regolamentato. In Italia però si grida molto allo scandalo. In altri paesi hanno politiche meno aggressive e puntano più, per esempio, sul fare informazione riguardo i rischi del gioco.
“Credo che abbia ragione Papa Francesco quando dice che le imprese del gioco che cercano di fare operazioni di convincimento, di persuasione sul gioco, si comportano come i fabbricanti di armi che poi aprono delle sottosezioni per curare i morti sulle mine antiuomo e sulle mine farfalla“.
Il gioco in Italia occupa circa 120.000 persone dirette e arriva a 200.000 con l’indotto. In molti casi si tratta di attività a livello familiare, basti pensare ad una tabaccheria. Ci sono tante famiglie che hanno investito in questo tipo di attività di intrattenimento e che spesso vengono penalizzate da politiche che ne mettono a rischio la sopravvivenza. Inoltre le volevo chiedere se un operaio che guadagna 1200 euro al mese ed ovviamente non potrà mai sperare di cambiare la vita con il proprio lavoro, compra ogni tanto un Gratta e Vinci fa qualcosa di così grave?
“Chi sono io per giudicare? Le persone che giocano e poi si ammalano e hanno problemi, hanno tutta la mia simpatia e la mia disponibilità all’aiuto. E’ come il discorso di Papa Francesco sul peccato e il peccatore. Il peccatore va sempre compreso, sempre perdonato e sempre aiutato. Il peccato è peccato. Secondo me il gioco d’azzardo è un errore e mi dispiace che lo Stato italiano faccia il biscazziere. Mi dispiace che incassi i soldi da questa che io considero una piaga sociale, però io non giudico le persone che ci cascano.
Se mi offrono sull’aereo un tagliando omaggio, gli dico “no grazie”, però per questo non giudico chi accetta il Gratta e Vinci e lo gratta e magari vince qualcosa. Non voglio giudicare le persone. Mi dispiace e capisco che c’è tanta gente che vive anche di questo. Ci sono però tanti bar che dopo aver visto i risultati negativi con le macchinette, hanno scelto di dismetterle e credo che questo sia un gesto nobile e giusto. La mia posizione è molto chiara, credo che sia un errore e mi dispiace che lo Stato lo faccia, però non giudico le persone“. ff/AGIMEG