Gioco pubblico, ACADI al Salone Antiriciclaggio: “La tecnologia grande aiuto per profilare la clientela”

“L’aiuto che la tecnologia può fornire agli operatori e al sistema antiriciclaggio rende più tempestiva, completa ed effettiva la profilazione della clientela in un settore rilevante come quello dei giochi pubblici, come abbiamo sentito riguardo alla piattaforma SGR Compliance”, è quanto ha dichiarato l’avv. Geronimo Cardia, presidente di ACADI (Associazione concessionari del gioco pubblico) durante il suo intervento alla XV Edizione del Salone Antiriciclaggio, in corso oggi in Piazza Affari a Milano, avvenuto nella sessione pomeridiana dedicata alla “Implementazione efficace degli indicatori di anomalia per la Segnalazione di Operazioni Sospette” all’interno del panel intitolato “Esperienze settoriali nella gestione degli indicatori di anomalia”.

Nel corso dell’intervento sono state trattate due esperienze maturate in applicazione degli indicatori di anomalia che nell’ultimo anno ha prodotto 5768 segnalazioni:

1) il superamento del fenomeno dalla massiva mancata apertura dei conti correnti (o della chiusura di quelli aperti) inflitto dalle banche alle filiere dei soggetti obbligati del gioco pubblico;

2) l’individuazione esatta del perimetro dell’obbligo di segnalazione con riferimento ai reati presupposto, rispetto a quanto previsto dalla normativa, modificata nel corso degli anni, ricordando il principio del tempus regit actum.

“In relazione alla prima tematica”, ha dichiarato l’avv. Cardia, “ho messo in luce l’esatta portata del fenomeno, ripercorrendone le origini, la focalizzazione del derisking ingiustificato e la soluzione suggerita anche dall’EBA, ma che si trova già nei principi dell’ordinamento giuridico esistente, che presuppone non una cancellazione tout court del rischio per appartenenza ad un settore delicato, ma una verifica rafforzata da cui emergano i numerosi ed eccezionali sistemi di conformità aziendale che coinvolgono gli operatori. Ho ricordato, inoltre, la soluzione suggerita dalla modifica del 2023 dell’art. 16 del D. Lgs. 231/2007 che, pur prevedendo principi già esistenti, avrà comunque l’effetto di stimolare le banche a riprendere in mano le proprie procedure aziendali ed a verificare che le stesse non contengano istruzioni operative anche indirettamente discriminatorie. La partita si sposta ora sul piano delle prassi che dovranno comunque essere conformi al precetto indicato, ma non sarà facile, posto che anche nell’ultimo periodo sono stati registrati casi di chiusure”.

“In relazione alla seconda tematica”, ha proseguito Cardia, “partendo dalla valutazione che il soggetto obbligato deve operare in merito all’eventuale esistenza di anche solo un sospetto sulla provenienza delle somme, ricordando che questo possa cristallizzarsi anche a seguito del ricorso agli indici di anomalia, ho ricostruito il perimetro dell’obbligo di segnalazione con riferimento ai ‘reati presupposto’, rispetto a quanto previsto dalla normativa modificata nel corso degli anni. In particolare è emersa una differenza dell’ampiezza del perimetro dell’obbligo di segnalazione prima e dopo la legge n. 90 intervenuta nel 2017 a seguito della direttiva del 2015. A partire da detto intervento normativo, il perimetro si palesa ampliato da un obbligo circoscritto alla segnalazione di sospetti di operazioni di “riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, ad una più ampia casistica di operazioni che include quelle nelle quali comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa”.

“Mediante la ricostruzione della definizione del “riciclaggio” ai sensi del D. Lgs. 231/2007, vigente all’epoca della modifica, e con l’aiuto della descrizione di un caso pratico, ho fornito la soluzione al quesito richiamando il principio del “tempus regit actum” e concludendo che, a chi abbia operato per i periodi precedenti alla modifica legislativa, non possa esser contestato di non avere operato segnalazioni, laddove, pur in presenza dell’integrazione di casi riconducibili agli indicatori di anomalia, abbia poi, in concreto e nella fase di valutazione complessiva, escluso le ipotesi di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. E ciò anche nei casi in cui poi, e solo poi, si sia rinvenuto che il denaro provenisse da altre attività criminose”, ha concluso Cardia nel suo intervento. cdn/AGIMEG