Gioco online, Cassazione: “Sanzionato chiunque consenta di effettuare puntate via internet senza autorizzazione, a prescindere dalla natura del gioco effettuato”

E’ “sanzionato chiunque consenta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, di effettuare giochi online, in assenza dei prescritti provvedimenti autorizzativi, a prescindere dalla natura del gioco effettuato”. Con questa motivazione la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso avanzato dal titolare di una sala giochi nei confronti della decisione della Corte di appello di Milano, che aveva rigettato l’appello per la riforma della decisione di primo grado che aveva “respinto la sua opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione con la quale l’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, Agenzia delle Dogane, aveva irrogato la sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 110, commi 6, 7, 9 e 9 bis, t.u.l.p.s., per avere installato, o comunque messo a disposizione nel proprio locale adibito a sala giochi n. 6 apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni di cui all’art. 110, comma 6 lett. b”.

La Cassazione ricorda come “la Corte territoriale ritenne esistente la violazione contestata rilevando che dall’accertamento svolto era risultato che gli apparecchi installati consentivano il collegamento con una piattaforma telematica di raccolta di giochi a distanza (…) dove era possibile accedere a giochi d’azzardo (quali poker Texas hold’em), a scommesse online e giochi a rulli virtuali e che tali apparecchi non erano collegati alla rete telematica (…), erano privi di codice identificativo verifica/videolottery, e non osservavano le prescrizioni di cui al decreto direttoriale AAMS del 22. 2. 2010″. Precisò quindi che il fatto accertato a carico del ricorrente integrava “la fattispecie vietata dalla citata disposizione, la quale sanziona la messa a disposizione di ‘qualunque specie di apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche di cui al comma 6 lett. b’.

Il ricorso avanzato censurava la decisione impugnata per avere applicato la normativa destinata al gioco d’azzardo a quella degli skill games e dei PDC-PVR, che invece sono – per la difesa – “giochi di abilità a distanza con vincita in denaro” e sono soggetti alla disciplina di cui all’art. 38 citato. Si lamentava inoltre l’omessa considerazione del decreto del Ministero delle Finanze 17. 9. 2017, che specifica quali siano i giochi che i concessionari pubblici possono offrire agli utenti e rinvia ad una black list dei siti non autorizzati, tra cui non compaiono quelli elencati nel verbale di accertamento.

Per la Suprema Corte tuttavia “il motivo appare inammissibile in quanto non attacca l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha rigettato l’appello e ritenuto sussistente la violazione sulla base della considerazione che “la disposizione di cui all’art. 110, comma 9 lett. f, ter TULPS ha introdotto una nuova ipotesi sanzionatoria, che sanziona chiunque consente, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, di effettuare giochi on line, in assenza dei prescritti provvedimenti autorizzativi, a prescindere dalla natura del gioco effettuato“.

Il quinto motivo di ricorso avanzato – respinti ed assorbiti i precedenti – denuncia invece “violazione o falsa applicazione dell’art. 3 legge n. 689 del 1981, censurando la decisione per non avere esaminato il motivo di appello con cui la parte reiterava la deduzione difensiva circa l’insussistenza dell’elemento soggettivo della violazione, omettendo qualsiasi valutazione delle circostanze concrete addotte per dimostrare che egli aveva posto in essere la condotta sanzionata sulla base di un giustificato affidamento circa la sua legittimità”. Il motivo per la Cassazione “è fondato“.

“Dalla lettura della sentenza impugnata emerge infatti il vizio di omessa pronuncia denunziato dal motivo, non avendo la Corte territoriale esaminato la censura con cui l’atto di appello lamentava che non fosse stata riconosciuta la mancanza dell’elemento soggettivo della violazione contestata“.
Per questi motivi “i primi quattro motivi di ricorso vanno pertanto respinti, mentre va accolto il quinto. La sentenza è quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di appello, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio”. cr/AGIMEG