Divieto pubblicità gioco: Tar Lazio accoglie ricorso di Google e annulla sanzioni dell’AgCom

Il Tar Lazio accoglie il ricorso intentato da Google e annulla le due sanzioni – da 50mila euro ciascuna – comminate dall’AgCom per la violazione del divieto di pubblicità del gioco. La vicenda risale al novembre del 2019, l’AgCom aveva costatato che inserendo nel motore di ricerca le parole “casinò online” nei primi risultati appariva un annuncio a pagamento, peraltro di un sito .com, quindi non autorizzato in Italia.
Per la Terza Sezione Ter del Tar Lazio, il comportamento di Google non ha “carattere intenzionale, non essendo contestata, né provata, la ‘piena cognizione delle conseguenze del comportamento’ del gestore stesso”. Sebbene non si possa riconoscere ” la totale estraneità del gestore del servizio di posizionamento rispetto ai contenuti di cui lo stesso consente la diffusione (…), è incontestato che l’attività de qua abbia natura automatizzata, non comportando la manipolazione dei messaggi, così che viene nella fattispecie a mancare il sopra delineato “ruolo attivo” sul quale si fonda la responsabilità del gestore medesimo”.
Il Tar fa riferimento alle sentenze della Corte di Giustizia del 2010 e dal Consiglio di Stato nel 2021 e sottolinea che Google ADS è un servizio di mero “hosting”. Google infatti filtra, seleziona, indicizza e organizza i risultati di una ricerca, ma non manipola in alcun modo i dati di chi inserisce l’annuncio. “La mera valorizzazione degli indici presenti nel provvedimento impugnato” non è “di per sé sufficiente, alla luce del riportato ampio e costante quadro giurisprudenziale, a fondare, nel caso di specie, la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del Decreto Dignità”.
In ogni caso, il giudice sottolinea che non appena scoperta la violazione, Google ha immediatamente bloccato gli annunci illeciti. Peraltro la compagnia nel ricorso ha spiegato di aver adottato – già prima che il Decreto Dignità entrasse in vigore – delle “Norme Pubblicitarie” che vietano gli annunci pubblicitari di giochi e scommesse; di aver adottato un software automatico per impedire le violazioni; e che nel caso di specie l’inserzionista aveva eluso i sistemi di controllo grazie alla tecnica fraudolenta del “cloaking”.
Il Tar boccia invece la tesi secondo cui Google – avendo sede in Irlanda – sarebbe al di fuori della giurisdizione dell’AgCom: “Una diversa interpretazione si risolverebbe, infatti, in una inammissibile limitazione, ad opera di un atto amministrativo, dell’efficacia di una norma di legge che non esclude dalla propria applicabilità i soggetti stabiliti all’estero”. lp/AGIMEG