“Dalla lettura degli ultimi provvedimenti normativi in corso di approvazione da parte del Parlamento – in particolare quelli afferenti al nuovo regime fiscale dei giochi esercitati avvalendosi delle libertà europee e perciò al di fuori dello schema concessorio – sembrerebbe quasi che il legislatore ritenga che basti alzare le imposte sulle attività compiute al di fuori del modello concessorio per combattere questo tipo di iniziative imprenditoriali. In realtà qualunque studioso di diritto amministrativo ma anche di scienza delle finanze avrebbe facile gioco nel dimostrare che l’uso dello strumento fiscale si traduce inevitabilmente in un mezzo per legittimare questo tipo di attività e quindi farebbe perdere ulteriormente valore e se vogliamo anche appetibilità al ricorso alla concessione, per cui potremmo addirittura ipotizzare che – proseguendo su questa strada – prima o poi i bandi di concorso afferenti il rinnovo delle concessioni o concessioni completamente nuove se proprio non andranno deserti avranno comunque un più ridotto numero di partecipanti con inevitabile perdita di gettito da parte dello Stato e progressiva svalutazione dello strumento concessorio nazionale rispetto ad altri strumenti giuridici offerti negli altri paesi europei. A livello europeo la Corte ha sottolineato come l’apertura del mercato dei giochi alla concorrenza potrebbe indurre gli operatori economici autorizzati a gestire uno stesso gioco d’azzardo, entrando in competizione sul piano dell’inventiva per rendere la loro offerta più attraente, con conseguente aumento delle spese dei consumatori legate al gioco nonché dei rischi di dipendenza per questi ultimi. La Corte di Giustizia resta comunque ben attenta ad evitare che, in nome del perseguimento di interessi pubblici, gli Stati membri possano introdurre misure ostative al traffico intracomunitario nel settore dei giochi. Gli anni a venire ci diranno come questo indirizzo potrà trovare consolidamento anche rispetto alle attività ludiche condotte via Internet; per ora è sufficiente richiamarlo, per dimostrare come il Giudice comunitario sia ben attento ad evitare che le misure adottate da ciascuno Stato membro, in nome di ben individuati interessi pubblici, possano invece rivelarsi inutilmente discriminatorie”.
E’ l’analisi che Federico Tedeschini, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico alla Sapienza ha presentato nel corso del convegno “Fine del modello italiano dei giochi?” che si è tenuto ieri a Roma, organizzato dalla Fondazione Unigioco.
“L’attenzione portata dalle Autorità europee, non solo giudiziarie, all’uso dello strumento fiscale a fini di protezione dei mercati interni agli Stati membri, deve far riflettere anche a proposito della opportunità di introdurre nel nostro ordinamento le disposizioni sul PREU e sui CTD, che la Legge di Stabilità reca con il pretesto della lotta al gioco illegale e che, invece, potrebbe addirittura rivelarsi un ottimo ausilio all’illegalità, esattamente come accadeva con il contrabbando dei tabacchi lavorati quando aumentava la relativa imposta. Un simile modo di procacciarsi risorse da parte dell’Amministrazione finanziaria, rischia infatti di rompere il già delicato equilibrio finanziario entro il quale le società concessionarie si trovano ad operare: queste ultime, infatti, sopportano il carico fiscale più pesante in ambito europeo. Ma non basta. Le stesse imprese sono assoggettate ad una disciplina mista (concessione-autorizzazione) che non solo è unica nel panorama europeo del Governo pubblico dei giochi e delle scommesse, ma che non conosce identici modelli neanche in ambito italiano (se si escludono, naturalmente, le altre discipline vigenti per il commercio di beni e servizi affidati alla competenza del Ministero dell’Economia e delle sue Agenzie. Le imprese operanti nell’ambito del gioco si trovano infatti strette in una morsa, della quale un dente è costituito dalla concessione (di competenza statale) e l’altro dente è costituito invece dall’autorizzazione. Su quest’ultimo dente cercano di innestarsi, talvolta riuscendoci, gli Enti locali non solo per ragioni di assetto del territorio – per le quali la loro competenza è indiscutibile – ma anche per combattere, assieme agli Organi dello Stato Ente, il fenomeno della ludopatia”. lp/AGIMEG