Il Tar Lombardia difende nuovamente l’ordinanza del Comune di Milano del 15 ottobre 2014 che limita l’orario di apertura delle sale giochi, e respinge la richiesta di sospensiva avanzata dal titolare di una sala. L’ordinanza impone alle sale da gioco di rispettare l’orario 9-12 e 18-23, e vieta il gioco con gli apparecchi da intrattenimento al di fuori delle stesse fasce. Per il giudice amministrativo “l’ordinanza del comune di Milano trova il suo legittimo referente normativo nell’art. 50, comma 7 del d.lgs. n. 267/2000, in quanto tale disposizione, come pare avallare anche la Corte Costituzionale nella sentenza n. 220/2014, deve essere interpretata come abilitante il sindaco a ‘disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco’ per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale”. Inoltre puntualizza che “l’ordinanza impugnata non incide direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su un fattore (quale l’orario di apertura in una determinata fascia oraria dei relativi esercizi pubblici) che potrebbe indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni”. E sulla proporzionalità delle limitazioni orarie: “l’ordinanza impugnata pare adottare una tra le alternative lecite (parimenti ragionevoli e proporzionate) dell’azione amministrativa volta a raggiungere gli obiettivi dichiaratamente perseguiti, ovvero tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili (per la giovane età o perché bisognosi di cure), prevenire forme di gioco compulsivo, ed evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano e la quiete pubblica”. Anzi, secondo il Collegio l’azione del Comune di Milano in difesa delle esigenze sociali è addirittura “necessaria”: “in assenza di disposizioni regionali corrispondenti, l’introduzione (…) di forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco, territorialmente prossimi a zone sensibili, è destinata ad operare solo rispetto alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, restando quindi escluse le autorizzazioni già rilasciate”. Il Tar ancora non reputa illogico affiancare due misure – i limiti di apertura delle sale e i limiti orari al funzionamento delle slot – “in relazione alla necessità di prevenire forme di elusione dell’ordinanza e di garantire la funzionalità dei successivi controlli comunali”. Infine “nella contrapposizione degli interessi, il pregiudizio di natura prettamente economico lamentato dalle parti ricorrenti pare recedere rispetto all’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione comunale”. Nel ricorso è intervenuta la Sapar, sostenendo le ragioni della sala. gr/AGIMEG