Per la Cassazione il fumus del reato di riciclaggio può trovare conferma nella sproporzione tra la somma di denaro in contanti trovata in possesso di una persona sottoposta a controlli mentre si trova in un aeroporto in partenza, e i redditi medi dallo stesso dichiarati, oltre che dalla disponibilità di titoli di credito senza l’indicazione del beneficiario. L’indagato in questione aveva maldestramente tentato di giustificare producendo una serie di attestazioni di clienti di una società di giochi e scommesse di cui si definiva amministratore, clienti che avrebbero emesso gli assegni per ricaricare il proprio conto di gioco on line.
Le modalità di occultamento del denaro e dei titoli, non dichiarati alla polizia doganale, le incongruenze della tesi difensiva, il luogo di destinazione noto per il regime fiscale agevolato hanno indotto il tribunale del riesame a ritenere plausibile che il ricorrente agisse per conto di terzi interessati a sottrarre al regime fiscale italiano denaro allo stato di ignota provenienza. La Corte ritiene che, ai fini della mera astratta configurabilità del reato di riciclaggio, detta motivazione fornisca una serie di convergenti elementi che consentono di ritenere sussistente il fumus commissi delicti, considerato anche che per il reato di riciclaggio non si richiede l’esatta individuazione e l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica, almeno astrattamente configurabile . lp/AGIMEG