Giochi e Politica hanno spesso percorso strade parallele ma contrarie, arrivando anche a scontrarsi. Un ossimoro “geometrico” che però rende l’idea di come le esigenze del gioco pubblico e quelle della politica poche volte siano andate nella stessa direzione. C’è una speranza che si possa trovare un punto d’equilibrio, magari con il nuovo Governo? A questa domanda ha risposto Giuliano Frosini (Senior Vice Pres. Lottomatica) in una esclusiva intervista rilasciata al direttore di Agimeg Fabio Felici. Ma sono stati toccati anche altri temi d’attualità: dalle problematiche legate al riordino del settore, alla possibilità di far ripartire le attività di gioco convivendo con l’emergenza sanitaria, dalla protesta delle lavoratrici ed imprenditrici del gioco legale in corso a Roma all’aggiornamento sulla cessione dei segmenti slot e scommesse a Gamenet, passando per le critiche ai giochi pubblici ancora attivi, quella con il Senior Vice President di Lottomatica è una intervista a 360° sul comparto. Un’analisi attenta e dettagliata sullo stato dell’arte ed il futuro del settore del gioco pubblico.
L’Italia sta per avere un nuovo Governo. Ferme restando le priorità sulla salute pubblica, l’economia e il mondo del lavoro, cosa si aspetta o si augura dal punto di vista della politica sui giochi?
La priorità assoluta è ovviamente la salute delle persone; penso alla campagna vaccinale e alle cure veloci per raggiungere quanto prima la certezza che un numero sempre minore di persone possa ammalarsi.
Da un punto di vista “regolamentare” invece il settore dei giochi pubblici è a pieno titolo tra le questioni da affrontare (e riformare) al più presto. Questo comparto attende una riforma complessiva ormai da troppo tempo. Mi aspetto che anche grazie agli stimoli che arriveranno dal nuovo Governo, il Gioco legale in Italia smetta una volta per tutte di essere un facile pretesto per inutili attacchi demagogici e torni ad essere considerato come una parte importante della filiera produttiva del nostro Paese.
Credo insomma si possa riprendere, senza pregiudizi, a discutere di come restituire a questo settore agibilità appena fuori dalla pandemia. Ricordo a tutti anche che, Covid a parte, le politiche nei confronti di questo settore sono state draconiane ben prima dell’avvio dei vari lockdown. Il settore è stato oggetto dell’interesse dei Governi recenti solo in termini di infinite discussione sulla restrizione del modello distributivo e di incremento della tassazione. Iniziative che, che a vario titolo, avrebbero dovuto comprimere la domanda: ma nella realtà, questo effetto non si è avuto. Il progressivo innalzamento della pressione fiscale ha invece prodotto il progressivo travaso di una porzione di questa raccolta legale verso mercati grigi (nella migliore delle ipotesi) o completamente fuori legge.
Mi auguro quindi che il nuovo Governo, forse più libero nel restituire alla politica il suo ruolo naturale – cioè assumere decisioni, anche impopolari, ma utili al perseguimento dell’interesse generale – metta fine a politiche proibizionistiche ed espulsive che hanno dimostrato negli anni tutti i loro limiti.
Nella nostra prima intervista a Londra, sei anni fa, già affrontammo il tema del riordino del settore del gioco. A distanza di anni non c’è stata alcuna riforma di questo tipo. Il Sottosegretario Baretta ha affermato recentemente che nelle sue priorità c’è la riforma del gioco pubblico: non pensa sia l’occasione per coinvolgere anche gli Enti locali nel gettito derivante dai giochi e risolvere in questo modo le tante problematiche locali che oggi ci sono?
Penso che possa essere una buona occasione, oltre che una buona idea. Prima di tutto ringrazio il sottosegretario Baretta per quel che ha fatto o ha cercato di fare. Si discute del riordino del settore del gioco pubblico legale dal 2014. Più di un lustro fa, fu infatti approvata una norma parlamentare, un delega da esercitare in un determinato tempo, per affrontare complessivamente il tema del riordino del gioco pubblico.
Cambiarono Governi e scenari ed il Parlamento abdicò all’ipotesi di occuparsene, non perché ministri e regolatori dell’epoca non fossero in grado di attivare questo percorso virtuoso e riconoscere questa riforma come propria, ma perché ancora una volta prevalse la logica che il settore del gioco fosse qualcosa da cui tenersi lontani. Alla fine si preferì lasciar perdere. Oggi ci troviamo in una condizione assai diversa, di fronte al fallimento di politiche tattiche o di “tamponamento” e credo dunque sia arrivato il momento di occuparsene seriamente.
Non si tratta di partire da zero: sono sul tavolo già alcuni spunti, tra i quali la compartecipazione al gettito degli Enti locali. Si potrebbe prevedere, ad esempio, che una porzione del trasferimento diretto delle imposte venga conferito alle Regioni in accordo con queste ultime.
Ma la vera questione per affrontare il tema in maniera organica è il riordino del modello distributivo e il connesso ridimensionamento dell’offerta. Penso che sia arrivato il momento di poter ripensare le concessioni, rendendole da concessioni per prodotto a concessioni per luogo fisico, in modo tale da poter liberare non solo gli operatori industriali, ma anche le istituzioni da un insieme frammentario di offerta di gioco pubblico, che, sul territorio, si traduce in una eccessiva capillarità.
Bisognerebbe quindi ragionare, lasciando inalterata la sola distribuzione generalista, sulla possibilità di individuare un numero definito di luoghi fisici dove possano essere offerte liberamente slot, scommesse e bingo. Queste sale sarebbero contingentate per territorio ed ogni Regione potrebbe decidere liberamente di consentirne l’apertura di un numero definito. Quando una Regione decidesse il proprio numero di sale, qualsiasi altra offerta di gioco sarebbe bandita. Un’organizzazione simile darebbe vita ad un modello sostenibile, con una riduzione significativa dell’offerta, e agevolerebbe una serie di benefici collaterali.
Penso alla infinita discussione sull’utilizzo della tessera sanitaria frutto di un approccio demagogico al problema. L’introduzione dell’obbligo della tessera venne infatti implementata senza tenere minimamente conto del contesto tecnologico, e sociale. La declinazione di questo provvedimento ha determinato una situazione paradossale per la quale l’accesso e l’attivazione delle macchine da intrattenimento è previsto solo per le VLT, macchine super sicure, ubicate esclusivamente in sale dedicate e non raggiungibili dai minori.
Una revisione generale del modello distributivo, costruita sulla centralità dei punti fisici risolverebbe anche questo problema: una volta accertata a monte l’età del giocatore, infatti, le persone potranno essere libere di fruire dell’intera offerta legale di Gioco in totale sicurezza e senza ulteriori vincoli.
Non pensa sia giunto il momento di poter pensare alla riapertura delle sale giochi, come altre attività assimilabili, imparando a convivere con l’emergenza sanitaria? Il rischio è che se si aspetta che il virus non ci sia più, probabilmente non ci saranno più nemmeno le sale gioco
Assolutamente sì. Do per scontata la cosa più ovvia: devono essere adottati tutti i protocolli sanitari previsti, anche in forma rafforzata. Ma è arrivato il momento di pensare in tempi brevi ad un percorso che porti alla riapertura. E contestualmente ad una strada per salvare un settore che, se non avrà risposte o prospettive, da qui a poco tempo, rischierà di sparire. Con la prima, immediata, conseguenza che la raccolta emersa se ne tornerebbe immediatamente nell’alveo dell’illegalità.
Da un mese le lavoratrici ed imprenditrici del gioco legale sono in presidio e manifestano a Piazza Montecitorio. Un momento difficile per essere ascoltate vista la situazione di Governo, ma hanno avuto un riscontro mediatico molto importante. Come giudica questo tipo di protesta?
Le donne tendono a fare spesso le cose meglio degli uomini. Solidarizzo con loro e le incito a portare avanti una protesta molto civile; ho notato diversi politici, di diversi schieramenti, per la prima volta fermarsi con loro a parlare di gioco. Credo che il coraggio di queste lavoratrici vada incoraggiato e spero che anche per loro si possano prendere delle decisioni il prima possibile.
A che punto è l’operazione di trasferimento a Gamenet della rete di slot e scommesse?
È in uno stadio avanzato, siamo fiduciosi di poter chiudere quanto prima. Restano da definire alcune questioni, anche di natura regolatoria e tecnologica, ma direi che ci siamo. Colgo l’occasione per fare tanti auguri all’amministratore delegato del Gruppo Gamenet ed alla sua squadra che, come noi, hanno accettato una sfida complessa in un momento così difficile.
La rabbia che sta montando nel settore porta qualcuno a perdere di vista la realtà e a criticare Lottomatica in quanto si può giocare al Lotto e al Gratta&Vinci, mentre altre attività di gioco sono chiuse
Il prezzo della grandezza è la responsabilità. È normale che in un settore nel quale ci sono player più grandi ed altri più piccoli, ci sia sempre qualcosa che va ascritto alla responsabilità dei grandi. Penso siano critiche ingenerose, perché non ci si è fermati un attimo, neanche nelle ultime settimane, per cercare di offrire il nostro punto di vista alle istituzioni e la nostra collaborazione per fare in modo che l’intero settore possa tornare a lavorare nel modo più sicuro possibile e al più presto.
Si tratta di continuare a lavorare insieme ed affrontare nodi complessi in cui la questione della riapertura è contingente, perché il lungo periodo di stop lascerà in eredità molte altre problematiche. IGT in Italia intende collaborare non solo per far in modo che le sale possano riaprire al più presto, ma perché si faccia chiarezza sugli aspetti che riguardano il rinnovo delle concessioni o le proroghe. Quando avremo finito di scontare le difficilissime condizioni di questo anno andrà trovato un nuovo un equilibrio, anche economico, e bisognerà stabilire tutti insieme (regolatori e regolati) quali sono le modalità per andare avanti.
La stabilità regolatoria non è un capriccio delle aziende, grandi o piccole che siano. Nel settore del gioco chi è in procinto di realizzare investimenti, che significano indebitamenti, non ha la possibilità di sapere in quanto tempo ammortizzerà il capitale, né quali ricavi si potrà aspettare. La tragedia della pandemia è un pezzo del ragionamento, ma anche “extra-pandemia” l’instabilità delle regole nel tempo sta diventando un rischio troppo grande.
Non è però troppo tardi per sedersi attorno ad un tavolo e dare una prospettiva certa a questa industria. Noi siamo a pieno titolo dentro questo percorso e vogliamo stimolarlo ulteriormente con le nostre idee e le nostre proposte. Se le sale chiuderanno e alle grandi concessioni non verranno date certezze di rinnovi pluriennali che consentano di realizzare gli investimenti, non solo si perderà un know-how straordinario, ma si perderà l’opportunità che questi soggetti restino un presidio di legalità sul territorio.
Il momento per un riordino strutturale è arrivato e indifferibile; altrimenti, in pochissimo tempo questo settore si inabisserà nuovamente in quel buco nero da cui, con non pochi sforzi, eravamo stati capaci di farlo emergere non più tardi di venti anni fa. ff/AGIMEG