All’annuale incontro con gli analisti finanziari, nel marzo scorso, Patti f lart non aveva usato troppi giri di parole. “II mercato sta andando peggio delle nostre previsioni”, era andata dritta al punto la bionda manager da sei anni al timone di Igt, il colosso americano del gioco d’azzardo. E per dare sostanza al concetto aveva annunciato il taglio del 7 per cento della forza lavoro del gruppo, che conta su circa 5 mila dipendenti. Bisogna partire da qui, da questo annuncio che risale a cinque mesi fa, per comprendere gli obiettivi di Marco Sala, l’amministratore delegato di Gtech, la ex Lottomatica che negli ultimi anni ha scalato le classifiche del settore diventando uno dei principali operatori mondiali del gioco d’azzardo, dalle slot machine alle lotterie. Sala punta al colpo grosso su Igt – si legge ne L’Espresso – e, se tutto andrà come previsto, entro metà del 2015 l’americana Hart sarà la numero due di un’azienda globale guidata dal suo collega italiano. La puntata oltreoceano, accolta dal consueto coro di commenti roboanti sul Made in Italy alla conquista del mondo, nasconde in realtà una mossa difensiva. Dopo un decennio e più di crescita esponenziale, il business mondiale dell’azzardo sta dando segni evidenti di rallentamento, in Europa come nelle Americhe. E allora, per affrontare la crisi, conviene unire le forze. Detto, fatto: Gtech, controllata dal gruppo De Agostini della famiglia Boroli-Drago, ha messo sul piatto 3,4 miliardi di euro per comprare Igt, che, manco a dirlo, ha il suo quartier generale a Las Vegas, Nevada, la capitale dell’azzardo a stelle e strisce. Messi insieme, i due gruppi daranno vita a un gigante da 4,5 miliardi di euro di giro d’affari. Sulla carta i promessi sposi sembrano fatti apposta per piacersi e grazie alla fusione sperano di compensare le reciproche debolezze.
Gtech parte da posizioni di forza nella gestione delle lotterie, da quelle americane agli italianissimi “Gratta e vinci” e simili. Igt, una sigla che sta per International Game Technology, è invece un grande fornitore dei casino. Si va dalle videolottery, versioni evolute delle tradizionali slot machine, ai sistemi di gestione centralizzati, fino a uno sterminato repertorio di quelli che nel gergo del settore vengono definiti “game content”, cioè ogni sorta di gioco che permette di scommettere, anche in Rete. Affare fatto, quindi? La nuova corazzata sarà in grado di avventurarsi senza problemi su un mercato sempre più ricco d’insidie?
Gli analisti segnalano soprattutto due incognite. Gtech dipende dall’Italia per circa il 57 per cento dei propri ricavi e per il 90 per cento dei profitti operativi. Le nozze con Igt, che ha l’80 per cento del giro d’affari negli Usa, finiranno per riequilibrare la distribuzione del fatturato complessivo: il mercato nostrano scenderà al 36 per cento, con il Nord America al 46 per cento. Il fatto è, però, che secondo le previsioni di tutti gli addetti ai lavori, la piazza più promettente resta quella dell’ Estremo Oriente. E in quella parte del mondo sia Gtech sia Igt vantano per ora solo una presenza marginale. Non c’è scelta, allora. Il nuovo gruppo dovrà far rotta sul Far East, ma, a ben guardare, neppure da quelle parti tutto va per il meglio.
Proprio di recente, perfino Macao, la capitale mondiale del gioco d’azzardo, ha battuto qualche colpo a vuoto. In luglio l’industria delle scommesse dell’isola cinese ha visto scendere i suoi incassi del 3,6 per cento rispetto all’anno precedente. E anche giugno si era chiuso con un calo. È un segnale preoccupante, spiegano gli analisti. Perché da tempo ormai tira aria di crisi anche in Europa e negli Stati Uniti. Dalle nostre parti le lotterie di ogni forma e colore sembrano aver saturato il mercato. E infatti, al giro di boa del primo semestre dell’anno, Gtech ha fatto segnare ricavi e profitti in calo di alcuni punti percentuali. Non è un crollo, quindi, ma l’unica voce davvero positiva resta quella delle scommesse sportive, trainate dai mondiali di calcio in Brasile. Con questi chiari di luna, l’azienda guidata da Sala ha perso slancio anche in Borsa. Dopo la corsa del 2012 e del 2013, con la quotazione più che raddoppiata nell’arco di due anni, il titolo Gtech ha lasciato sul campo oltre il 20 per cento dai massimi del marzo scorso e la spinta al ribasso è aumentata con l’annuncio dell’offerta sul gruppo Usa. A parte le prospettive del mercato, adesso a preoccupare gli investitori internazionali sono i debiti. II conto salato dell’acquisizione verrà saldato in parte (il 25 per cento del totale) con l’offerta di titoli Gtech agli azionisti di Igt. Il compratore italiano, però, verserà comunque oltre 2,5 miliardi di euro cash e dovrà farsi carico dei quasi 1,3 miliardi di debiti che gravano sulla società di Las Vegas. C’è il rischio, spiegano gli analisti, che i costi dell’affare americano finiscano per annullare i benefici della fusione. Intanto un pool di banche (Credit Suisse, Bar-cl ays, Citibank ) ha già garantito un finanziamento ponte di 10,7 miliardi di dollari (circa 8 miliardi di euro) per far fronte ai costi diretti e indiretti, compresi 3 miliardi per il rimborso dei bond se l’assemblea degli obbligazionisti negherà il consenso alla fusione. Va detto che Gtech produce cassa in gran quantità, oltre 460 milioni nel 2013. Una montagna di soldi che sono serviti a finanziare acquisizioni e investimenti produttivi per quasi 200 milioni. Altri 130 milioni si sono trasformati in dividenti per gli azionisti, a cominciare dalla holding De Agostini, a cui fa capo quasi il 60 per cento del capitale. Ai creditori (banche e obbligazionisti) sono invece andati 110 milioni sotto forma di interessi sui prestiti. Se la fusione andrà in porto, quest’ultima voce non potrà che aumentare per effetto dei debiti destinati a finanziare l’acquisizione americana. Ecco spiegate, quindi, le incognite sulla tenuta del nuovo colosso globale dei giochi. Tanto più che, come detto, lo scenario per i prossimi anni pare tutt’altro incoraggiante. Sala, ovviamente, non può fare a meno di essere ottimista. Nei documenti dell’operazione presentati nei giorni scorsi agli analisti viene spiegato che l’integrazione tra le due aziende frutterà benefici per 280 milioni, per lo più sotto forma di minori costi industriali e tagli alle spese generali. Ci sarà anche qualche vantaggio fiscale, visto che la sede del nuovo gruppo globale non sarà più a Roma ma a Londra. La holding pagherà quindi meno imposte, anche se le società operative italiane continueranno a versare le tasse nel nostro Paese. Salvo sorprese, la fusione andrà in porto entro la prossima primavera. Nell’immediato, però, Gtech deve fare i conti con le insidie di un mercato difficile, come dimostra la notizia rimbalzata dagli Stati Uniti pochi giorni dopo Ferragosto. L’amministrazione dell’Illinois, hanno scritto alcuni giornali del posto, sarebbe intenzionata a interrompere il contratto con il gruppo italiano per la gestione della lotteria locale, un business che vale 35 milioni di ricavi l’anno. Gtech vanta accordi simili con molti altri Stati americani e i dati sulla raccolta non sono certo incoraggianti. Meglio viaggiare in Rete, allora. Negli ultimi anni l’azzardo via Internet è cresciuto a ritmi velocissimi. Per cavalcare l’onda, già nel 2012 lgt ha comprato Double Down Interactive, che gestisce il più frequentato casinò online d’America. Proprio questo è diventato uno dei punti di forza del gruppo Usa, l’unico settore d’attività con ricavi in forte crescita. È il boom del “social gaming”, evoluzione naturale dell’azzardo nell’era di Facebook. Resta da vedere se alla roulette in Rete usciranno davvero i numeri di Sala e della sua Gtech. mdc/AGIMEG