Giochi, Daniele Ughi: “Regolamenti comunali frutto di improvvisazioni e senza la consapevolezza di mettere a rischio 15.000 posti di lavoro”

Sono passati alcuni mesi dall’ultima volta che abbiamo parlato degli interventi dei Comuni sul mercato dei giochi, nel frattempo molti altri comuni hanno emanato regolamenti, in alcuni casi molto restrittivi. Il Comune di Napoli in testa a tutti. Roma e Torino si accingono a farlo. Lo scenario che si prospetta per il mercato dei giochi lo descrive in maniera dettagliata Daniele Ughi, imprenditore del settore e studioso dei fenomeni socio-economici che governano questo mercato. “Non è possibile formarsi un’idea su quello che sarà perché stiamo assistendo ad uno spettacolo vergognoso della politica il cui dramma travalica l’interesse dell’industria dei giochi. E non lo dico come imprenditore del settore ma come semplice cittadino e osservatore”.

Si può dettagliare meglio la situazione che sta coinvolgendo sempre di più anche i grandi comuni? 

“Il Governo nella linee guida della Legge di Stabilità 2017 (e nel DEF) programma di trovare coperture del fabbisogno per 500 milioni Euro nel settore dei  “giochi” e le amministrazioni locali continuano ad emanare provvedimenti che metteranno il settore nella condizione di richiedere risorse aggiuntive in termini di cassa integrazione, salvataggio di imprese in crisi e minori entrate erariali. Il Governo programma di fare un bando per il rinnovo delle concessioni e le amministrazioni locali dichiarano che i regolamenti Comunali sono solo l’inizio della “guerra” ai giochi pubblici, legali. Con molti anni di lavoro AAMS e la rete dei concessionari erano riusciti a debellare il gioco d’azzardo illegale è ora le limitazioni di luogo e di orario adottate dai Comuni, riaprono spazi per l’illegalità. Per non parlare del fatto che orari, distanziometri e luoghi sensibili sono diversi da comune a comune – anche di stesso livello dimensionale e struttura urbanistica –  addirittura anche in comuni amministrati da uno stesso partito. Un chiaro segno dell’improvvisazione, della totale assenza di scientificità della cura proposta al presunto gioco patologico.  A Roma – indiscrezioni sul regolamento in corso di emanazione – ci dicono che secondo la Sindaca Raggi saranno necessari 1.000 metri di distanza da una scuola o da un parco per scoraggiare il ludopatico. La sua collega di partito Appendino ritiene che a Torino saranno sufficienti 500 metri. Secondo De Magistris l’orario dalle 12 alle 18 è quello in cui il ludopatico è più a rischio e spegne le slot (chiudendo anche le agenzie di scommesse ma lasciando aperti i corner di gioco), l’Appendino ritiene invece che tenere accese le slot dalle 14 alle 18 sia accettabile. Appare evidente l’arbitrarietà e la totale assenza di base scientifica con la quale stanno agendo le amministrazioni. Peccato che i loro interventi lasceranno sul campo migliaia di posti di lavoro a partire dalla fascia di età 18 – 30 anni. Quella in cui ricade prevalentemente il personale impiegato alle casse dei punti vendita”.

 

Si può quantificare la perdita di posti di lavoro?

“Il regolamento di Napoli sta facendo crollare i ricavi del 50% e non è una lamentela di parte. Facendo chiudere negli orari di punta compresi i festivi, includendo le agenzie di scommesse è il minimo che ci si potesse aspettare. A Napoli tra agenzie di scommesse e sale dedicate ci sono circa 400 esercizi. In ognuno di questi esercizi lavorano – anzi lavoravano –mediamente, 4-5 persone. Gli orari di chiusura imposti dal Comune colpendo gli orari e i giorni a più alta affluenza di pubblico fanno venire meno le esigenze di personale. Per stare aperti solo 5-6 ore al giorno – per altro in orari a bassa affluenza – una risorsa part-time è più che sufficiente. Quindi di soli dipendenti diretti della rete di vendita si perderanno 1.200-1.300 posti di lavoro. Il discorso di Roma per certi versi è addirittura più drastico. Se passasse il distanziometro a 1.000 metri dovrebbero chiuderebbero tutti gli esercizi di gioco, nessuno escluso. Il numero di sale scommesse e sale dedicate è più o meno simile a quello di Napoli quindi parliamo di altre 1.500 persone che perderanno il lavoro. Su base nazionale insistere su questa strada di miope proibizionismo potrebbe cancellare 10-12.000 posti di lavoro nel breve e mettere in ginocchio tutto il settore con conseguenze ancor più importanti. Ovviamente tanto a Napoli che a Roma e in ogni altro comune proibizionista i presunti giocatori problematici non ne ricaveranno alcun beneficio”.

Quindi questo tipo di interventi non produrranno gli effetti per i quali sono stati concepiti?

“Effettivamente sarà così. Chi ha una passione sana per il gioco quale momento ludico senza implicazioni patologiche, cioè il 96-97% dei giocatori, se non troverà un punto di gioco legale vicino casa o aperto in un orario a lui comodo, rinuncerà o lo farà scommettendo online. Quel 2-3% di giocatori spinti al gioco da una dipendenza, sarà invece disponibile a recarsi in qualsiasi luogo anche illegale, a qualsiasi ora, accettando anche di giocare con apparecchi “taroccati” o con quote di allibramento non eque che è esattamente ciò che avveniva prima che fosse strutturato il regime concessorio. Nella migliore delle ipotesi anche il giocatore patologico utilizzerà un sito e scommetterà dal telefonino. A questo proposito mi lasci anche dire che la facile migrazione del gioco dalla rete fisica a quella online – è il motivo per il quale, di fronte a provvedimenti così penalizzanti non si levano proteste sufficienti da parte dei grandi gruppi del settore, ne da parte delle associazioni di categoria a loro collegate. Si, qualche commento ma comunque timido rispetto agli interessi apparentemente in gioco. Il motivo è che tutti le multinazionali del gioco hanno siti importanti e conosciuti e stanno pianificando di spostare gli investimenti dalla rete fisica a quella online è non avranno – sostanzialmente – alcun danno. Incrementeranno i budget pubblicitari e il marketing di tali siti e il “gioco” sarà fatto. Quindi, riassumendo, i regolamenti comunali : non tutelano i giocatori problematici, fanno perdere posti di lavoro che non si recupereranno. Fanno calare le entrate erariali di qualche miliardo di euro per anno, fintanto che il gioco online non si sarà diffuso al pari di quello in rete fisica. Nel frattempo la malavita potrà riorganizzare il gioco illegale. A completamento del quadro, saranno distrutte molte medie imprese attive nel settore, che non potranno competere sull’online a causa degli ingenti investimenti necessari, favorendo ulteriormente i grandi gruppi. Niente male. Forse, nell’attesa di un accordo nazionale sulla distribuzione della rete di vendita sarebbe utile che i comuni si assumessero i costi sociali dei posti di lavoro che stanno distruggendo e che si facciano carico delle minori entrate erariali conseguenti ai regolamenti”.

 

Come potrebbe intervenire in tal senso i comuni?

“Non sono un esperto,  forse attraverso minori trasferimenti da parte dello Stato per importo pari agli ammortizzatori sociali richiesti dal settore dei giochi e appunto,  ai minori introiti erariali. Chissà che pur nella tutela delle categorie più deboli non vedremmo nascere regolamenti più ragionati e sostenibili, per tutti”. es/AGIMEG