Giochi, Cassazione: “Assimilare ludopatia a tossicodipendenza, per il beneficio della continuazione del reato, non ha fondamento”

Anche se la cura del gioco d’azzardo patologico è entrata tra le patologie inserite nei “livelli essenziali di assistenza”, essa resta comunque non assimilabile, ai fini della concessione del beneficio della continuazione del reato, alla tossicodipendenza. Lo ha stabilito la Prima Sezione Penale della Corte di cassazione con la sentenza 2 maggio 2016 scorso. Per i giudici “la richiesta di assimilazione della ludopatia alla tossicodipendenza nell’ottica dell’applicazione analogica dell’art. 671 cod. proc. pen. è destituita di fondamento. La modifica introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49 ha inteso attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, con la conseguenza che tale “status” può essere preso in esame per giustificare la unicità del disegno criminoso con riguardo ai reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione . La modifica indicata, quindi, non ha introdotto una prova legale, ma ha stabilito che tra i criteri di valutazione della continuazione non si può prescindere dallo stato di tossicodipendenza che, notoriamente, impone al soggetto di porre in essere una serie di reati per procurarsi il denaro necessario a soddisfare i bisogni ad esso legati. Va inoltre considerato che “in definitiva, l’estensione dei livelli diassistenza alle persone affette da ludopatia non ne ha comportato l’assimilazione alla tossicodipendenza, né consente, per la differenza che si riscontra tra le situazioni di base, il ricorso all’analogia”. cdn/AGIMEG