Tempo di bilanci per il sottosegretario all’Economia con delega ai giochi, Pier Paolo Baretta, alle prese con una delega, quella ai giochi, impegnativa e di non facile gestione.
Lei prese questa delega meno di 2 anni fa. Si aspettava di imbattersi in un settore così complicato da gestire? Perché il gioco in Italia ha un’accezione negativa e non si tiene conto che per la maggior parte dei giocatori è una semplice passione e non una malattia?
“La complessità del settore me l’aspettavo – confessa nella sua intervista esclusiva ad Agimeg –, l’avevamo già valutata anche quando non avevo la delega. Il mio predecessore Giorgetti aveva fatto un lavoro egregio ma aveva dovuto scontare delle difficoltà nella realizzazione. Il problema di questo settore, che rappresenta tutta questa complessità, è che attorno ad esso si polarizzano due interessi difficili da coniugare: l’interesse economico degli operatori e l’interesse sociale degli utenti e della comunità. La verità è che quando ho preso la delega e ho studiato il tema, ho notato che effettivamente si era esagerato nell’offerta di gioco, soprattutto nella distribuzione territoriale delle slot. Quando il ministro Tremonti per finanziare il terremoto de L’Aquila, evidentemente con buone intenzioni, ha allargato il numero dei punti gioco ha però fatto un clamoroso errore, perché da lì ha fatto travolgere i confini e si è messo in moto un processo anche di sensibilità sociale. Constatare che ci sono dei numeri esagerati nei locali di periferia può determinare una reazione che a volte va anche oltre il vero problema. Il nostro obiettivo – più che utopico direi strategico – è di riportare il gioco ad una condizione normale. Il gioco come divertimento non potrà essere abolito, anzi dobbiamo evitare che torni sotto il controllo dell’illegalità, della criminalità organizzata. Insomma non vogliamo servire il gioco su un piatto d’argento alle Mafie. Il problema che mi sono trovato di fronte, sapendo che è un settore che porta molte risorse per lo Stato, è come non limitarci a calcolarne la parte finanziaria: con il governo Renzi si è deciso una linea di approccio che tenga conto della complessità sociale del problema. I tre cardini sono la tutela sociale, la lotta all’illegalità e la fiscalità; e i primi due aspetti sono fondamentali. La dimostrazione che abbiamo invertito l’ordine delle priorità sta nel fatto che nella scorsa legge di Stabilità abbiamo deciso una riduzione di almeno il 30% delle macchinette. Vogliamo riequilibrare una situazione troppo sbilanciata verso i soli interessi erariali ma senza comunque trascurarli”.
Se avesse tre desideri da esaudire sul mercato dei giochi come li spenderebbe?
“Per prima cosa vorrei regolare il mercato delle slot come stiamo facendo, non solo per ragioni di merito ma anche perché ha un carattere strategico: visto che il mio obiettivo è rendere il gioco “normale”, dopo averlo reso “anormale” con una offerta incontrollata e penso che da lì passi questa cosa. Il mio secondo desiderio sarebbe immaginare una proposta di giochi senza vincita in denaro, cioè più ampia ma non pervasiva, per favorire il gioco stoppando quello più pericoloso. Questo è un tema molto interessante su cui però ci si dedica poco. Si deve invertire l’idea di partenza, mettendo al primo posto la propositività invece de solo contrasto a prescindere. Mi piace utilizzare questo esempio per spiegare perché sono favorevole che alle macchinette si acceda solo attraverso l’operatore e non direttamente: nel gioco a biliardo non avevi le biglie lì, ma dovevi andare dal barista che te le tirava fuori dalla macchinetta che controllava il tempo: una forma di normalità. Insomma delle formule in cui la normalità riporti il gioco nella direzione del puro divertimento. Come ultimo desiderio credo che farei una lotta durissima all’illegalità: mentre i buoni discutono c’è il pericolo che i cattivi si stiano già organizzando”.
Si è dato un termine per il suo mandato nel settore dei giochi? Quando potrebbe cedere la delega?
“Si tratta di un accordo interno. Una volta completata la riforma, la delega torna nelle mani del ministro che poi deciderà come assegnarla”. dar-ff/AGIMEG