Operazione Apogeo: Gdf Roma confisca beni per 18 milioni a clan Spada, colpite anche delle sale slot

I Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma in queste ore sono impegnati nella confisca di una serie di beni – sale slot, forni, bar, distributori di carburanti, palestre, scuole di danza, e società attive nel commercio di autovetture e l’edilizia – per un valore complessivo di oltre 18 milioni di euro, riconducibili agli esponenti del clan Spada. Tra i beni sequestrati anche l’associazione “FEMUS BOXE” che gestiva la palestra di Ostia dove, nel novembre del 2017, Roberto Spada aggredì – venendo poi condannato per lesioni aggravate dal cosiddetto “metodo mafioso” – una troupe della RAI. Confiscati anche 2 immobili a Ostia e Ardea, 13 automezzi e disponibilità finanziarie su rapporti bancari e postali. L’operazione è stata ribattezzata Apogeo, e prende il via da un provvedimento della Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale capitolino. Costituisce l’epilogo dell’attività investigativa coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma e sancisce l’acquisizione da parte dello Stato dell’ingente patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile al sodalizio criminale operante nel litorale romano, già oggetto di sequestro nell’ottobre 2018. Gli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Capitale hanno ricostruito le ricchezze illecitamente accumulate dagli esponenti di spicco del clan individuandone le fonti di finanziamento “occulte”. Gli approfondimenti economico-patrimoniali svolti, che hanno preso le mosse dalle note operazioni di polizia “ECLISSI” e “SUB URBE”, hanno consentito di dimostrare l’incoerenza dei modesti redditi dichiarati dagli interessati con i rilevanti investimenti posti in essere in svariate attività commerciali, finanziati, in realtà, dai profitti delle numerose condotte delittuose commesse nel tempo, quali fatti di estorsione, usura e traffico di sostanze stupefacenti. Gli uomini del clan avevano provato a intestare i beni a dei prestanome apparentemente estranei al contesto criminale: gli accertamenti hanno però riguardato tutte le persone (circa 50 tra familiari e terzi) coinvolte nelle compravendite di quote societarie, effettuate fittiziamente al solo scopo di “schermare” la titolarità effettiva delle aziende. lp/AGIMEG