L’invio del parere circostanziato da parte di Malta alla Commissione europea riguardo alla prossima gara per le concessioni di gioco online in Italia ha aperto uno “scontro” tra le autorità maltesi e quelle italiane. L’intervento maltese mirava a sollevare questioni cruciali su regolamentazione e concorrenza, ponendo l’accento sui possibili effetti per gli operatori internazionali e il mercato italiano.
Inoltre, è stato criticato l’obbligo di ottenere una concessione per i service provider e la limitazione a una sola applicazione di gioco per ogni concessionario, escludendo la possibilità per i siti affiliati, noti come “skin“, di operare. Un altro punto di discussione riguarda l’introduzione obbligatoria dello SPID, un sistema di identificazione digitale, per accedere ai siti di gioco autorizzati. Malta ritiene che questa misura, secondo una direttiva del 2014, potrebbe spingere gli utenti verso mercati non regolamentati.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la scorsa settimana ha però prontamente risposto alle osservazioni presentate da Malta sostenendo che “con il Progetto di Regole Tecniche oggetto di procedura di informazione, si è inteso, esclusivamente, ribadire un obbligo già presente nella disciplina nazionale fin dall’anno 2006 e mantenuto pedissequamente in tutte le successive procedure ad evidenza pubblica europea per l’attribuzione delle concessioni per l’esercizio dei giochi pubblici mediante rete fisica e a distanza.
Si osserva, infatti, che la previsione che il Fornitore di Servizi (FS) debba essere un soggetto titolare di una concessione è un obbligo, pacificamente applicato e mai oggetto di contestazione, in tutte le seguenti procedure ad evidenza pubblica:
- Procedura di selezione per l’affidamento in concessione dell’esercizio dei giochi pubblici di cui all’articolo 38, commi 2 e 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, N. 223, convertito con modificazioni ed integrazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
- Procedura per l’affidamento in concessione dell’esercizio dei giochi pubblici di cui all’articolo 10, comma 9octies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n.16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44;
- Procedura di selezione per l’affidamento in concessione dell’esercizio dei giochi pubblici di cui all’articolo 1bis, del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149 convertito con modificazioni dalla legge 19 novembre 2008, n. 184, come modificato dall’articolo 2, commi 49 e 50 della legge 22 dicembre 2008, n. 203;
- Procedura per l’affidamento in concessione dell’esercizio dei giochi pubblici di cui all’articolo 24, comma 11, lettera dalla A) alla F), della legge 7 luglio 2009, n.88, pubblicata nella G.U.U.E. del 10 marzo 2011 S 48079188;
- Procedura per l’affidamento in concessione dell’esercizio a distanza dei giochi pubblici di cui all’art.1 comma 935, della legge n. 208/2015, pubblicata nella G.U.U.E. del 10 gennaio 2018 s – 006-009338.
Tutte le procedure sopra indicate sono state sottoposte all’esame degli Stati membri e, non solo non sono state presentate osservazioni che rilevassero cause ostative o discriminatorie, ma le innovazioni introdotte dalle predette procedure hanno permesso, in realtà, di superare i motivi delle procedure di infrazione, accogliendo tutti i motivi di censura individuati nelle sentenze della Corte di Giustizia Europea, portando al definitivo riconoscimento del rispetto da parte della disciplina nazionale dei principi dei Trattati europei.
Non vi è, quindi, alcuna restrizione, né alcuna limitazione ai principi di cui all’articolo 56 del TFUE, semplicemente perché non esistono, né sono previsti i concessionari B2B ma liberi prestatori di servizi che, senza alcuna concessione, possono continuare a rapportarsi con i concessionari, fornendo software, piattaforme informatiche e servizi informatici.
Sembrerebbe quindi un’interpretazione fondata su una parziale lettura della documentazione presentata dall’Italia. Ne consegue che, tutte le osservazioni della Repubblica di Malta, in merito all’assenza di giustificazioni sulla previsione di misure discriminatorie, alla mancanza da parte delle autorità italiane di obiettivi specifici “che giustifichino questa deviazione dai principi fondamentali dell’UE”, nonché, in particolare, in merito “alla mancanza di ricerche basate su dati concreti e a causa dell’ambiguità generale che circonda il progetto di regole tecniche” tali da condurre la Repubblica di Malta a dichiarare la misura non conforme al diritto UE, non possono trovare accoglimento anche in riferimento alla terminologia utilizzata, semplicemente, perché nell’articolato non è presente la asserita misura discriminatoria, frutto di una evidente incomprensione da parte della Repubblica di Malta”.
A seguito di questa risposta puntuale su ogni punto contestato, la Malta Gaming Authority ha dichiarato ad Agimeg che “la questione con ADM per noi è chiusa. Ora la decisione spetta direttamente alla Commissione europea”. ac/AGIMEG