Al vaglio della Camera una serie di interpellanze ed interrogazioni che riguardano la Fase 2 e la ripresa e il sostegno per le imprese. Il deputato Baldelli ha sottolineato che: “il quadro di emergenza sanitaria e di lockdown avrà conseguenze economiche e sociali sulla vita di cittadini, famiglie e imprese, servono prudenza e gradualità sul piano delle precauzioni sanitarie, ma anche una immediata pianificazione strategica sul piano economico e produttivo; per quanto attiene alla riapertura delle attività produttive, va realizzato un piano nazionale che definisca chi, quando e come possa riprendere l’attività lavorativa e produttiva, rispettando determinati standard di sicurezza igienico-sanitari nei luoghi di lavoro e negli spostamenti; è, inoltre, necessario immaginare anche un piano per sostenere l’eventuale riconversione di attività produttive di settori merceologici in grave crisi, pianificando interventi e linee guida di rilancio e di investimento su settori, come il turismo e il suo indotto, strategici per la ripartenza; è necessario, infine, immaginare un periodo di « sollievo fiscale », con una tassazione zero o minima, per chi riprende le attività, unitamente a iniziative volte al rilancio dei consumi, con liberalizzazioni di orari di vendita e incentivi all’acquisto nei settori guida –: quali siano le prospettive del Governo su ciascuno dei punti suindicati”. Il deputato Potenti (Lega) ha chiesto invece al Ministro della giustizia: “premesso che: l’emergenza Covid-19 determinerà conseguenze pesantissime su tutte le imprese italiane. Il settore dei fallimenti sarà il futuro snodo giudiziario nel cui alveo saranno decise gran parte delle vicende del tessuto produttivo nazionale. Il cosiddetto « decreto liquidità », decreto-legge n. 23 del 2020 appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, ha introdotto varie misure a favore delle imprese per evitare la crisi e mantenere la continuità aziendale; tuttavia, nessuna disposizione ha derogato alla normativa penale fallimentare; l’articolo 10 prevede l’improcedibilità dei ricorsi per fallimento depositati tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020. Si tratta di un limitato periodo di congelamento delle dichiarazioni di insolvenza che risulta del tutto insufficiente e sicuramente più breve del tempo che occorrerà realmente alle imprese per godere del cosiddetto « bazooka »; quanto ai reati fallimentari, come noto, questi si consumano quando l’impresa è in bonis, ma vengono puniti solo con la dichiarazione di fallimento o l’accesso al concordato preventivo da parte dell’impresa. Senza una specifica normativa di transizione che allunghi il periodo di moratoria ben dopo il 30 giugno, ci si potrebbe trovare di fronte alla più massiccia serie di procedimenti della storia repubblicana; infatti, con le previste misure di accesso al credito si ricorrerà a finanziamenti privilegiati con cui, la gran parte delle aziende, come comprensibile, farà fronte a debiti chirografari e in questo senso il « legislatore emergenziale » ha creato i presupposti per un serio effetto collaterale che vede, da una parte, la possibilità di aggravare il dissesto e commettere pagamenti preferenziali in violazione della par condicio creditorum (reato che sarà punibile dall’articolo 216 della legge fallimentare, come « bancarotta preferenziale ») e, dall’altra, di creare condizioni che non per metteranno di attivare e utilizzare strumenti di composizione della crisi, quali il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti –: se il Ministro interrogato intenda promuovere una normativa transitoria in materia, successiva alla data del 30 giugno 2020, e se vi sia l’intenzione di adottare iniziative per intervenire sulla normativa penale fallimentare”. Infine alcuni deputati del Gruppo Misto hanno chiesto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali: “premesso che: il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha prorogato al 3 maggio 2020 la partenza della « fase due » dell’emergenza Coronavirus; il Paese non può stare fermo altre tre settimane. Si devono fare le cose con prudenza, con le misure che garantiscano sicurezza sui posti di lavoro, ma si deve ripartire; altri Paesi (Germania, Austria, Repubblica Ceca, Spagna) hanno già riavviato gli impianti produttivi: alcune attività economiche devono rimettersi in moto, altrimenti i soldi promessi dallo Stato, che prima o poi arriveranno, serviranno solo per la liquidazione delle imprese italiane; esistono esperienze, come, ad esempio, l’accordo tra Fca e sindacati metalmeccanici, per affrontare la « fase due » dell’emergenza che, prevedendo alcune importanti limitazioni e procedure per l’immediata riapertura delle aziende (obbligo di mascherina per l’intero personale, rilevazione delle temperature prima dell’ingresso in azienda, mantenimento della distanza di almeno un metro, sanificazione degli ambienti, procedure per evitare assembramenti nelle mense e negli spogliatoi, uso dello smart working e formazione del personale), devono poter essere applicate, immediatamente, anche ad altri settori, in particolare quelli del made in Italy che sono il motore trainante dell’economia italiana; gli artigiani, che lavorano da soli nel loro laboratorio e che hanno rare opportunità di rapporto con la clientela (e che si possono comunque normare come previsto per i supermercati), potrebbero, con le dovute cautele, riaprire subito; il cosiddetto « decreto dignità » approvato nel 2019 ha inserito, ad avviso degli interroganti, rigidità e vincoli nel mercato del lavoro, che sono assolutamente anacronistici in questo momento di crisi epocale –: se non ritenga necessario, al fine di evitare conseguenze ancora più drammatiche sul fronte dell’occupazione, anticipare la riapertura di alcuni settori trainanti e strategici, in particolare quelli del made in Italy, applicando le medesime modalità previste dall’accordo Fca/sindacati e permettendo, al contempo, ai piccoli artigiani e alle imprese individuali di riaprire i propri laboratori anche al fine di effettuare nuove assunzioni (tramite l’adozione di iniziative volte all’eliminazione di alcuni vincoli introdotti dal cosiddetto « decreto dignità », come il riutilizzo di voucher e rendendo più agevole l’avvalersi del lavoro somministrato) in questo periodo di grave crisi economico-sociale”. cdn/AGIMEG