“Faber: Ironia e Poesia“. Questo il titolo del docufilm realizzato da Leonardo Metalli su Fabrizio De André, che è andato in onda per “Speciale Tg1” su RaiUno domenica scorsa 29 dicembre, a pochi giorni dalla ricorrenza della sua morte (11 gennaio 1999). Un viaggio emozionante nella vita e nel percorso artistico di uno dei più grandi poeti e cantautori che l’Italia abbia mai avuto.
Faber come lo chiamava l’amico Paolo Villaggio, prediligeva un’ironia sottile, spesso nascosta tra le pieghe delle sue canzoni. In questo modo invitava l’ascoltatore a una riflessione profonda attraverso la poesia dei suoi versi. Questo il racconto che ne fanno di lui gli amici, dal suo lato goliardico, sarcastico, tra scherzi e provocazioni sin dagli inizi, quel debutto sul palco che Villaggio racconta bene.
Non mancano i focus sul suo impegno sociale, lo studio continuo, l’amore per la Sardegna che poi diventa casa sua, il matrimonio con Dori Ghezzi, le sua svariate passioni per la natura, l’agricoltura, l’allevamento. E ancora, l’imbarazzo a esibirsi, la reiterata volontà di stare lontano dalle scene.
Per la prima volta Antonio Ricci, autore televisivo e produttore, parla dell’insegnamento che ha lasciato De Andre’. Conosciuto da ragazzo a 18 anni, condizionerà la sua vita. Così si scopre che l’ironia di De André e lo stile satirico di Antonio Ricci hanno una matrice comune. Una lunga amicizia che proseguirà con l’obiettivo di smascherare le ipocrisie della società e di stimolare la riflessione critica, sempre dalla parte dei più deboli combattendo soprusi e ingiustizie.
Per questo motivi i due scelgono di puntare il dito contro i potenti e i prepotenti, le istituzioni corrotte, ma lo fanno con modalità diverse. Il fotografo amico Guido Harari è poi riuscito a entrare nella sfera riservata e personale di Fabrizio grazie ad una serie di immagini indimenticabili di vita vissuta, anche e soprattutto fuori dalle scene.
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sp/AGIMEG