Dossier Manovra, rifinanziamento Fondo per funzionamento impianti ippici e definizione agevolata delle controversie tributarie. I dettagli

La Legge di Bilancio 2023, all’esame del Senato, prevede il rifinanziamento del Fondo per il funzionamento degli impianti ippici.

“La norma, inserita dalla Camera dei deputati, autorizza la spesa di 4,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 al fine di garantire la funzionalità degli impianti ippici attivi, nonché al fine di consentire l’utilizzo delle relative strutture da parte del Ministero dell’agricoltura per le proprie finalità istituzionali, con conseguente ridefinizione degli obblighi in capo alle società di corse. Con decreto ministeriale sono stabiliti i criteri di riparto delle risorse tra gli impianti ippici attivi, con conseguente ridefinizione dei rapporti mediante accordi sostitutivi. La norma risulta sprovvista di RT. Al riguardo, atteso che l’onere è limitato all’entità dello stanziamento, non si hanno osservazioni da formulare”.

E’ quanto si legge nel Dossier del Servizio di Bilancio del Senato per il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” (Approvato dalla Camera dei deputati).

Prevista inoltre la definizione agevolata delle controversie tributarie.

“Le disposizioni, come modificate dalla Camera, consentono di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti alla data di entrata in vigore della norma, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione), mediante il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Se il ricorso pendente è iscritto in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90% del valore della controversia. Se vi è soccombenza dell’Agenzia delle entrate, le controversie pendenti possono essere definite con il pagamento del 40% del valore della controversia, in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e del 15% del valore, in caso di soccombenza della medesima Agenzia nella pronuncia di secondo grado. In particolare il comma 186, come modificato, consente di definire con modalità agevolate le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione e anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della disposizione in esame. La definizione agevolata è adita su domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione; si consente il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il comma 187, per i ricorsi pendenti iscritti nel primo grado, prevede che la controversia possa essere definita con il pagamento del 90% del valore della stessa. Il comma 188, in deroga al comma 186, prevede che per il caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della norma in esame, le controversie possono essere definite con il pagamento di una quota parte del valore della controversia pari al: a) 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado; b) 15% del valore della lite in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado. Il comma 189 reca disposizioni applicabili ai casi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale. Per tali fattispecie, viene chiarito che è dovuto, per intero, l’importo del tributo relativo alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale. Per la parte di atto annullata viene applicata la misura ridotta (40% o 15%), secondo le disposizioni del comma 188. Il comma 190 stabilisce che le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali la competente Agenzia fiscale risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia. Il comma 191 prevede che le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possano essere definite con il pagamento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore delle norme in esame, e con il pagamento del 40% negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito, anche con modalità diverse dalla definizione in commento. Il comma 192 prevede che possano essere definite con modalità agevolate le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della norma in esame e per le quali, alla data della presentazione della domanda di definizione, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva. Il comma 193 esclude dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte: a) le risorse proprie tradizionali dell’Unione europea, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato. Il comma 194 prevede che la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 30 giugno 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superino mille euro, è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, 30 settembre, 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno. Trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni relative al versamento delle somme dovute a seguito dell’accertamento con adesione. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Nel caso di versamento rateale, la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023. Il comma 195 dispone che in presenza di autonome controversie, occorre presentare una distinta domanda di definizione, entro il 30 giugno 2023, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato. Il comma 196 prevede che dagli importi dovuti vanno scomputati quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio (importi versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio). In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore delle norme in commento. Il comma 197, come modificato, stabilisce che le controversie definibili sono sospese soltanto a seguito di apposita istanza al giudice nella quale il richiedente dichiara di volersi avvalere delle disposizioni in commento; in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023.Entro tale data, il contribuente ha l’onere di depositare copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata. In tal caso il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2024. Il comma 198, inserito dalla Camera, prevede che nelle controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, in caso di deposito ai sensi del comma 197, il giudizio è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate. Il comma 199 sospende per nove mesi i termini di impugnazione per le controversie definibili, anche in via incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono dalla data di entrata in vigore delle norme in esame fino al 31 luglio 2023. Il comma 200 prevede che l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine. Il comma 201, inserito dalla Camera, stabilisce che per i procedimenti dichiarati estinti ai sensi del comma 198 l’eventuale diniego della definizione, notificato con le modalità previste per gli atti processuali entro il 31 luglio 2024, è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione entro sessanta giorni dalla notificazione. Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente con l’impugnazione del diniego. Il comma 202 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, la stessa giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso. Il comma 203, come modificato, demanda ad uno o più provvedimenti del direttore della competente Agenzia fiscale le modalità di attuazione delle presenti disposizioni. Il comma 204 prevede che resta ferma, in alternativa a quella prevista dai commi in esame, la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione di cui all’articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130. Il comma 205 dà facoltà agli enti territoriali di stabilire, entro il 31 marzo 2023, l’applicazione delle disposizioni in esame alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale”, aggiunge il Dossier.

“La RT riferisce che la definizione agevolata per gli atti del contenzioso pendente, disciplinata nei commi in esame, consente di definire le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio. L’istituto ricalca la disciplina di cui all’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018. Tanto considerato, per stimare gli effetti conseguenti alla entrata in vigore della nuova disciplina della definizione agevolata del contenzioso pendente, si utilizza un metodo analogo a quello riportato nella relazione tecnica relativa alla suddetta disposizione. La relazione tecnica di cui all’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018 utilizzava come riferimento la maggiore imposta accertata in contestazione non ancora oggetto di riscossione provvisoria (MIAC) in pendenza di giudizio in base allo stato e al grado del processo e prevedeva un tasso di adesione da applicare alla stessa. Tutto ciò premesso, si stima che la percentuale di propensione alla definizione degli atti potenzialmente coinvolti dalla norma in esame possa essere ragionevolmente considerata pari al 5% del totale della maggiore imposta accertata. Questa adesione può costituire un riferimento prudenzialmente attendibile poiché è stata nei fatti confermata in sede di applicazione di provvedimenti analoghi. La MIAC al 31 ottobre 2022 è pari a 36 miliardi di euro (importo calcolato assumendo a riferimento i periodi dal 2000 al 2022). Riducendo, per motivi prudenziali, il predetto tasso del 5% al 3,5%, si può stimare un incasso di 1.260 milioni di euro, arrotondato prudenzialmente a 1.200 milioni, dal quale vanno detratte Irap e addizionali Irpef spettanti a regioni e comuni che nel complesso incidono mediamente per l’8%. Le entrate prevedibili ammontano quindi a 1.104 milioni di euro. Si precisa che gli importi che il contribuente verserà per effetto della definizione non sono già compresi nelle previsioni tendenziali delle entrate da attività di controllo svolta dall’Agenzia delle entrate. Si tratta quindi di gettito aggiuntivo. In proposito va in particolare tenuto presente che con la definizione agevolata delle controversie tributarie la riscossione avviene in anticipo rispetto a quella eventuale in pendenza o a conclusione del giudizio. Quanto precede trova sostegno nella circostanza che è stata effettuata una previsione di incasso conseguente alla definizione ispirata a criteri di prudenza, nella considerazione che la stima è limitata ai soli effetti finanziari incrementativi rispetto alle riscossioni di attività di controllo previste ordinariamente. Il gettito stimato va ripartito sugli anni di dilazione previsti dalla norma che prevede la possibilità di pagare in 20 rate trimestrale di pari importo a partire dal 30 giugno 2023. Conseguentemente si può stimare che le entrate affluiranno nel prossimo quinquennio secondo quando riportato nel seguente prospetto:

La RT annessa all’emendamento approvato dalla Camera dei deputati riferisce che le modifiche apportate ai commi 186 e 188-191, comportano al più effetti “positivi”, che prudenzialmente non vengono stimati, rinviando ai dati di consuntivo. Quanto alle restanti parti modificato e/o integrate del testo iniziale, assicura che le stesse sono dirette a dare organicità alla definizione anticipata delle controversie tributarie, attualmente di numero rilevante, consentendo, innanzitutto, al giudice di verificare l’effettiva intenzione del contribuente di pervenire ad una vantaggiosa soluzione del contenzioso e nello stesso tempo contemperare l’interesse dell’amministrazione finanziaria ad uno smaltimento dell’arretrato senza pregiudicare il gettito di entrata nelle casse erariali. Per tale motivo, la modifica di cui al comma 197 fissa un termine perentorio entro cui il contribuente ha l’onere di depositare la domanda di sospensione della controversia davanti al giudice competente, nonché la copia del versamento delle somme che è tenuto a pagare o, se beneficiario di una rateizzazione delle stesse, dell’importo della prima rata di quanto dovuto. Per effetto della richiesta e della prova del pagamento effettuato, per consentire l’accesso alla definizione agevolata del contenzioso tributario, il giudizio è sospeso fino al 31 dicembre 2024. Sul punto, certifica che si tratta di una disposizione di natura procedurale che non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I successivi interventi, invece, di particolare rilievo, riguardano il giudizio di legittimità, sempre in relazione alla materia della definizione agevolata tributaria, davanti alla Corte di cassazione, per i quali si cerca di favorire lo smaltimento delle pendenze e l’eliminazione dell’arretrato con sensibili effetti organizzativi e assicurazione di immediate, concrete e dirette entrate per le casse dello Stato. Vengono, di conseguenza, introdotti i commi 198 e 201. Nella specie, il comma 198 prevede che in caso di deposito di attestazione comprovante il versamento degli importi o della prima rata di cui si è detto riguardo al comma 197, si ha “de plano” l’estinzione del giudizio a seguito di decreto del Presidente della sezione o, se è stata fissata l’udienza per la decisione, a seguito di ordinanza pronunciata in camera di consiglio. Si prevede che le spese processuali rimangano a carico del contribuente che ha presentato la richiesta, non incidendo sulla finanza pubblica. Per quanto riguarda l’estinzione del giudizio di cassazione, si rappresenta che la disposizione ha natura procedurale e non comporta riflessi negativi per la finanza pubblica, in quanto l’eventuale minor gettito di entrata che potrebbe derivare dalla mancata riscossione del contributo unificato, relativo alle fattispecie disciplinate dalla normativa in materia, ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater del T.U. delle spese di giustizia per i ricorsi davanti alla Corte di cassazione, potrà essere ampiamente compensato dal contestuale versamento degli importi dovuti a seguito della richiesta di definizione agevolata nonché dal venir meno degli effetti derivanti dai possibili esiti sfavorevoli per lo Stato, a seguito di soccombenza dell’ente tributario rappresentativo, che comporta maggiori oneri, quali la condanna alle spese processuali e di lite e l’eventuale risarcimento del contribuente. Il comma 201, invece, disciplina, per i procedimenti dichiarati estinti ai sensi del comma 198, le impugnazioni dei provvedimenti di diniego della definizione agevolata delle controversie, diniego che deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notifica degli atti processuali. Infatti, sebbene i procedimenti siano dichiarati estinti, a seguito della presentazione dell’istanza di cui al predetto comma 198, la concessione dell’agevolazione è subordinata, comunque, all’istruttoria della procedura di definizione che consente di acclarare la sussistenza dei requisiti. In caso di insussistenza è pronunciata la revocazione del provvedimento di estinzione. Assicura poi che la norma ha carattere procedurale e precettivo soggiacendo allo stesso regime previsto per le impugnazioni secondo le disposizioni di cui all’articolo 391-bis c.p.c. e non determina oneri aggiuntivi per la finanza pubblica dal momento che le attività ad essa connesse, di natura istituzionale, potranno essere fronteggiate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Infine, si segnala la natura definitoria della modifica del comma 201, alinea, che si limita ad una migliore individuazione delle controversie trattate. La disposizione, pertanto, non è suscettibile di determinare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, in conto maggiori entrate tributarie correnti, come segue:

Al riguardo, per i profili di quantificazione, va in primis evidenziato che i criteri adottati dalla RT risultano analoghi a quelli descritti dalle RT allegate a norme analoghe emanate in relazione all’articolo 6 del decreto-legge n. 119/2018, e che la stessa RT conferma che gli importi che il contribuente verserà per effetto della definizione sono già compresi nelle previsioni tendenziali delle entrate da attività di controllo svolta dall’Agenzia delle entrate (ossia il pagamento effettuato per la definizione non costituisce un mero anticipo di pagamenti attesi in futuro). Pertanto, non ci sono osservazioni. Ad ogni modo, venendo anche al tasso di adesione alla definizione agevolata indicato dalla RT pari al 3,5% – che risulta comunque superiore al tasso adottato dalla RT riferita all’articolo 6 del decreto-legge n. 119/2018 pari al 2,5% – dal momento che la RT asserisce che tale valore costituisce un riferimento “prudenzialmente attendibile” poiché è stato nei fatti confermato in sede di applicazione di recenti provvedimenti analoghi, andrebbero comunque richieste le ragioni a monte del carattere prudenziale del dato a fronte di un suo incremento rispetto al 2018. Quanto alla stima degli effetti d’impatto, la RT ipotizza un incasso stimato di 1.260 milioni di euro, arrotondato prudenzialmente a 1.200 milioni, da cui vanno detratti IRAP e addizionali IRPEF spettanti a regioni e comuni che nel complesso incidono mediamente per 1’8%. Le entrate prevedibili ammontano quindi a 1.104 milioni di euro. Andrebbero quindi forniti i dati sottostanti a tali stime, a partire dal numero dei procedimenti interessati, nonché in merito al valore medio unitario dei contenziosi. Infine, considerando che la RT ripartisce il gettito stimato sugli anni di dilazione previsti dalla norma, tutti avvalendosi della rateazione in n. 20 rate trimestrali di pari importo a partire dal 30 giugno 2023, andrebbero forniti elementi informativi circa l’impatto ipotizzato sul gettito in ragione annua. In merito alle modifiche e integrazioni apportate in prima lettura, si conviene in linea di massima con la RT secondo cui le integrazioni apportate ai commi 186 e 188- 191 sono al più suscettibili di produrre effetti positivi, quantificabili solo a consuntivo. Riguardo poi alla modifica apportata al comma 197, dal momento che la RT certifica che trattasi di una disposizione di natura procedurale, non suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nulla da osservare. Sul comma 198, premesso che la RT assicura che le misure sono finalizzate allo smaltimento delle pendenze e all’eliminazione dell’arretrato del contenzioso in Cassazione in materia della definizione agevolata tributaria con sensibili effetti organizzativi, assicurando immediate, concrete e dirette entrate per le casse dello Stato, certificandosi che la misura riveste natura procedurale e non comporta riflessi negativi per la finanza pubblica – in quanto l’eventuale minor gettito di entrata che potrebbe derivare dalla mancata riscossione del contributo unificato potrà essere ampiamente compensato dal contestuale versamento degli importi dovuti a seguito della richiesta di definizione agevolata, nonché dal venir meno degli effetti derivanti dai possibili esiti sfavorevoli per lo Stato, che comportano maggiori oneri, quali la condanna alle spese processuali e di lite e l’eventuale risarcimento del contribuente – si osserva che tale compensazione andrebbe doverosamente supportata dall’illustrazione dei dati e degli elementi idonei a comprovarne la fondatezza. Riguardo al comma 201, a cui la RT attribuisce carattere procedurale e precettivo, assicurando che esso non determina oneri aggiuntivi per la finanza pubblica dal momento che le attività ad essa connesse, di natura istituzionale, potranno essere fronteggiate con le sole risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, si evidenzia che tale neutralità andrebbe sempre comprovata alla luce di elementi e dati idonei a dimostrarne la sostenibilità, come peraltro previsto dal comma 6-bis dell’articolo 17 della legge di contabilità. Sul punto andrebbe quindi valutato l’inserimento di una specifica clausola di invarianza. Quanto poi all’ulteriore modifica, dal momento che la RT assicura che la modificazione ivi prevista non è suscettibile di determinare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, limitandosi la norma ad una migliore individuazione delle controversie trattate, nulla da osservare”, conclude. cdn/AGIMEG