DL Imprese, FIPE: “Apertura al 1° di giugno è particolarmente penalizzante ed ingiustificata”

“La FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, è l’associazione comparativamente più rappresentativa nel nostro Paese del settore della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo, nel quale operano più di 300 mila imprese con un milione di addetti che generano un valore aggiunto di oltre 41 miliardi. FIPE si propone come aggregatore del tessuto imprenditoriale del turismo nelle sue più varie forme, rappresentando e assistendo bar, ristoranti, pizzerie e gelaterie, pasticcerie, discoteche, stabilimenti balneari ma anche mense, grandi catene di ristorazione multilocalizzata, emettitori di buoni pasto, casinò e sale da gioco. Allo stato attuale aderiscono alla Federazione oltre 120.000 soci”. E’ quanto sottolineato dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi in audizione alla Camera sul DL Imprese. “Il settore è stato duramente colpito dalla crisi economica dovuta alla pandemia da Covid -19. La decisione, per noi incomprensibile, di posticiparne l’apertura, al primo giugno dei locali di somministrazione di alimenti e bevande, ha ulteriormente penalizzato il comparto. La stima delle perdite generali è pari a 34 miliardi di euro. Rischiano di fallire 50.000 imprese generando perdita di posti di lavoro fino a 350.000 unità. Questi numeri sono persone, famiglie, collaboratori, fornitori e testimoniano storie di reale disperazione di imprenditori che si sentono letteralmente abbandonati dalle Istituzioni, in balia di normative complesse e a volte sovrapposte, con la prospettiva di veder vanificati in poche settimane i sacrifici di un’intera vita. L’apertura al 1° di giugno è particolarmente penalizzante ed ingiustificata. Si ricorda che per alcune aree del Paese la chiusura è in atto dallo scorso 23 febbraio. Questo comporterà un totale di 14 settimane di chiusura, il che, per le caratteristiche stesse delle nostre imprese, rende economicamente insostenibile poter sopravvivere. Non si comprende come mai i Pubblici Esercizi che vengono classificati dall’Inail a basso rischio, debbano riaprire per ultimi. E’ evidente un gap di comprensione delle dinamiche economiche sottese a questa tipologia di azienda. Inoltre se, ormai, è purtroppo chiaro quando riapriremo, nulla sappiamo rispetto a reali contributi economici per permettere alle nostre realtà di sopravvivere e ripartire. Con vivo senso di responsabilità, la presente Federazione nelle scorse settimane si è fatta carico di propria iniziativa di stilare un Protocollo dettagliato, a cui ha aderito anche Confesercenti, per garantire una riapertura in sicurezza, redatto da esperti del settore coordinati da un virologo di chiara fama, trasferendo l’elaborato alle varie Istituzioni competenti. Stiamo ancora aspettando. Nonostante questo, ad oggi non esiste alcuna indicazione chiara rispetto alle modalità che verranno richieste. Si è parlato di plexiglass, di due o più metri di distanza, di tute, occhiali protettivi, guanti, di sanificazioni più o meno certificate, di spazi minimi vitali e ovviamente di mascherine. Le aziende sono state lasciate nella confusione più totale, alla quale ha contribuito un’imbarazzante complessità normativa fra Stato centrale e Amministrazioni regionali. La questione dell’asporto è esemplificativa. Prima escluso dal Governo – unico caso in Europa – per DPCM poi reintrodotto a forza di Ordinanze regionali che hanno spinto il Governo a reintrodurre questo servizio a partire dal 4 di maggio. Non sfuggirà che individuare le misure protettive che dovranno essere adottate dalle imprese nella fase di riapertura, è decisivo per comprendere la possibile redditività delle stesse. E’ verosimile, soprattutto nella fase intermedia, che la gestione sarà in perdita, antieconomica, rendendo necessario un supporto pubblico per evitare ulteriori fallimenti. Dovendo giudicare i provvedimenti adottati dal Governo in questi due mesi di emergenza, spiace dover constatare l’inadeguatezza degli stessi, che hanno sin qui avuto scarsi effetti sulla vita reale delle imprese. Le risorse degli ammortizzatori sociali non sono arrivate, le misure dell’accesso al credito, previste in particolare agli artt. 1 e 13 del Decreto Legge “Liquidità” oggi in esame, stentano a decollare”, aggiunge. cdn/AGIMEG