DL Imprese, Banca d’Italia: “Provvedimenti mirati al sostegno dell’accesso al credito possono contribuire ad arginare la crisi di liquidità delle imprese”

“L’azione del Governo si sta svolgendo secondo priorità su cui il consenso è ampio anche in sede internazionale: il contenimento dell’epidemia e il rafforzamento della capacità di risposta del sistema sanitario; il sostegno economico di lavoratori, famiglie e imprese. (…) Le principali aree di intervento del decreto all’esame di queste Commissioni, sulle quali si concentra questa testimonianza, riguardano: l’accesso al credito e il rinvio di alcuni versamenti fiscali; il diritto fallimentare e societario; l’ampliamento della disciplina relativa ai poteri speciali nei settori di rilevanza strategica (golden power). Per l’accesso al credito è previsto un notevole rafforzamento del sistema delle garanzie pubbliche, reso accessibile a imprese di ogni dimensione, con coperture di norma pari al 90 per cento dei finanziamenti concessi dagli intermediari, che possono arrivare al 100 per cento per le imprese e per i finanziamenti di minori dimensioni. Le tre principali misure introdotte riguardano: i) l’attivazione di una nuova linea di garanzie statali, concesse attraverso SACE S.p.A., per un importo complessivo di 200 miliardi da utilizzare entro la fine dell’anno (di cui 30 riservati alle piccole e medie imprese, PMI); ii) l’ampliamento, fino al 90 per cento, della quota di riassicurazione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze dei crediti all’esportazione assicurati dalla stessa SACE; tale misura consentirebbe di liberare risorse nel bilancio della SACE per altri 200 miliardi, utilizzabili per concedere garanzie a condizioni di mercato anche dopo il 2020; iii) una diversa articolazione, per l’anno in corso, dell’operatività del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese (FCG), anche attraverso l’aumento delle quote di copertura dei prestiti e l’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari. La concessione di garanzie pubbliche, soprattutto alle PMI, è uno strumento adatto a incentivare le banche a fornire la liquidità necessaria a far fronte alla crisi. La sua efficacia richiede che le norme che ne regolano l’utilizzo siano rese rapidamente operative, che le strutture che lo gestiscono abbiano le risorse (finanziarie e tecniche) necessarie, che le garanzie vengano effettivamente concesse alle imprese che ne hanno bisogno per superare l’emergenza e che il processo sia al riparo dai rischi di infiltrazione da parte di attività illegali. Si richiede, in altri termini, di condurre al meglio un difficile esercizio di conciliazione delle esigenze di rapidità d’azione con quelle di controllo di efficacia e di legalità. In materia fiscale il decreto dispone la sospensione per i mesi di aprile e maggio dei versamenti IVA, delle ritenute Irpef e dei contributi sociali per i soggetti che, rispetto ai corrispondenti mesi dello scorso anno, hanno registrato un calo dei ricavi o dei compensi superiore a soglie predeterminate, differenziate in base alla dimensione dei ricavi o dei compensi conseguiti nel 2019. I versamenti andranno comunque recuperati entro l’anno, in un’unica soluzione entro il prossimo 30 giugno oppure con un massimo di cinque rate mensili a decorrere da tale data. Queste sospensioni sono utili per consentire alle imprese di affrontare le difficoltà di una fase di emergenza; se la crisi si prolungherà potrà essere necessario distribuire il recupero delle somme non versate su un arco temporale più ampio. Con la finalità di ridurre il rischio di liquidazione per imprese temporaneamente in situazioni critiche e per quelle già coinvolte in procedure di ristrutturazione, il decreto introduce deroghe di carattere transitorio ad alcune disposizioni in materia di diritto societario e fallimentare. Esse includono: la disattivazione delle cause di scioglimento societario per riduzione o perdita del capitale sociale; la sterilizzazione della subordinazione dei finanziamenti dei soci rispetto agli altri creditori; una moratoria sui fallimenti fino al 30 giugno di quest’anno; l’allungamento di sei mesi dei tempi di adempimento per i piani di ristrutturazione delle imprese in crisi in scadenza fino al 31 dicembre 2021. È previsto inoltre il rinvio dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza al 1° settembre 2021 (originariamente fissata per il prossimo agosto) con l’intento di evitare che i costi di adattamento a una disciplina nuova possano aggravare le conseguenze dell’atteso incremento del flusso di procedure concorsuali dovuto alla crisi economica. Infine, il decreto estende l’ambito di applicazione dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica (golden power) per garantire il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla normativa europea (tra i quali la sicurezza dell’approvvigionamento di fattori produttivi critici, la tutela dei dati personali, la libertà e il pluralismo dei media). Vengono anche inclusi i comparti del credito e delle assicurazioni (la disciplina europea menziona le infrastrutture finanziarie tra le risorse rispetto alle quali può essere attivato il golden power). Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri preciserà ulteriormente la normativa. Queste disposizioni si inscrivono in una generale tendenza internazionale all’introduzione di restrizioni agli investimenti esteri che riflette, da una parte, il timore di subire acquisizioni predatorie facilitate da straordinarie, anche se presumibilmente temporanee, riduzioni dei valori di mercato delle imprese e, dall’altra, una ridefinizione del perimetro degli interessi nazionali tesa a includere le nuove tecnologie e la protezione dei dati sensibili”. E’ quanto sottolineato nella memoria al Dl Imprese del Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia Fabrizio Balassone. “I provvedimenti – aggiunge – mirati al sostegno dell’accesso al credito possono contribuire ad arginare la crisi di
liquidità delle imprese. Ipotizzando il pieno utilizzo delle attività liquide presenti nei loro bilanci e dei margini disponibili sulle linee di credito già accordate, si stima che nei cinque mesi che intercorrono tra marzo e luglio le imprese potrebbero cumulare un fabbisogno aggiuntivo di fondi esterni dell’ordine di 50 miliardi. Dovrebbe consentire di farvi fronte il volume, come detto elevato, delle garanzie pubbliche che possono essere rilasciate; le quote di copertura, pari di norma al 90 per cento, incentivano gli intermediari a sostenere le imprese in difficoltà. Nell’esaminare l’intervento, tuttavia, emergono alcuni aspetti critici relativi all’allocazione dei fondi pubblici, alla qualità dei finanziamenti garantiti e all’ammontare effettivamente concedibile di garanzie. Si tratta di aspetti che, come ho ricordato, riflettono soprattutto la difficoltà di conciliare le esigenze di rapidità d’azione con quelle di controllo di efficacia e di legalità. Al fine di ridurre i tempi necessari per la concessione dei finanziamenti sono state sospese le procedure di valutazione del merito di credito dei debitori da parte del Medio Credito Centrale che gestisce il Fondo di garanzia per le PMI e non ne sono state previste per la maggior parte delle garanzie concesse dalla SACE. Tale scelta appare giustificabile in via temporanea ed eccezionale per evitare ritardi operativi dovuti all’elevato numero di pratiche da esaminare, incide però negativamente sulla capacità di utilizzare le garanzie in modo efficiente: in alcuni casi il credito potrebbe affluire a imprese comunque destinate a non superare la crisi. Sebbene il decreto orienti complessivamente le misure a beneficio delle attività danneggiate dall’emergenza epidemiologica, non è sempre presente tra i requisiti di accesso ai programmi un riferimento puntuale ai danni subiti per la crisi da Covid-19. Al fine di dare immediata evidenza alle cause e alla portata delle difficoltà aziendali, una soluzione potrebbe essere rappresentata dall’utilizzo esteso dell’autocertificazione della perdita di fatturato subita, secondo una prospettiva coerente con quella già assunta in tema di “reddito di ultima istanza” (art. 44, DL 18/2020) e per la sospensione di versamenti tributari e contributivi (art. 18, DL 23/2020). Sarebbe questa un’operazione che non rallenterebbe la formulazione e l’esame della richiesta e che, se accompagnata dagli opportuni controlli ex post, potrebbe costituire un disincentivo a comportamenti opportunistici. Per le garanzie concesse dalla SACE (ex art. 1), e per gran parte di quelle concesse dall’FCG, si richiede che, in generale, l’ammontare complessivo delle esposizioni del finanziatore nei confronti dell’impresa beneficiaria del prestito non sia inferiore a quello esistente alla data di entrata in vigore del decreto, ma non che il prestito garantito sia addizionale rispetto a quelli in essere alla stessa data. In alcuni casi è anche prevista la possibilità di concedere la garanzia in presenza di una riduzione del credito, se c’è l’accordo tra le parti. Queste previsioni, che nelle intenzioni sono giustificate dalla volontà non solo di agevolare i prestiti addizionali ma anche di mitigare il rischio di mancato rifinanziamento di quelli in scadenza, accrescono gli incentivi per gli intermediari ad acquisire la garanzia statale su prestiti concessi in passato a soggetti che erano finanziariamente vulnerabili già prima della crisi da Covid-19 (e, nel caso delle garanzie concesse dalla SACE, per importi potenzialmente molto elevati). Si potrebbe considerare di subordinare la concessione delle garanzie all’ampliamento del credito o al rinnovo di quello in scadenza contrattuale per consentire di utilizzare questo strumento in maniera più efficiente. Per quanto riguarda l’effettiva concessione delle garanzie rispetto agli importi massimi autorizzati dal decreto, va rilevato che l’entità del possibile intervento di SACE a favore delle grandi imprese, pari a 170 miliardi di garanzie, è elevata in rapporto alle consistenze in essere del credito erogato alle stesse società (180 miliardi alla fine dello scorso mese di gennaio). La norma che consente a SACE di concedere garanzie con riassicurazione dello Stato a condizioni di mercato (art. 2) andrà resa rapidamente operativa, emanando in tempi brevi il decreto interministeriale che deve definire le condizioni di rilascio delle garanzie e delle riassicurazioni dello Stato. Non va sottovalutata la possibilità che SACE, soprattutto inizialmente, incontri difficoltà ad operare su segmenti di mercato sui quali non ha esperienza, anche se potrà essere d’aiuto il fatto che gran parte dell’attività sarà concentrata presso grandi imprese, il cui numero è relativamente contenuto. Un tema generale riguarda gli aspetti di tutela della legalità che sono stati oggetto di ampio dibattito nei giorni successivi all’emanazione del DL 23/2020. L’introduzione di procedure accelerate per il rilascio della garanzia, in particolare con riferimento ai controlli previsti dalla legislazione antimafia, può esporre al rischio di favorire l’economia illegale. È possibile individuare modalità atte sia a garantire gli obiettivi dei controlli antimafia sia a evitare un rallentamento dei tempi di erogazione del credito. In particolare, con l’eccezione dei finanziamenti di importo più modesto, si potrebbero introdurre vincoli di destinazione dei finanziamenti analoghi a quelli previsti all’art. 1 (“costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia”) e l’obbligo di far confluire le somme erogate e le relative movimentazioni su conti dedicati per consentire la tracciabilità dei flussi. Si potrebbero inoltre prevedere autocertificazioni anche in deroga alle disposizioni del Codice Antimafia, oltre a possibili severe sanzioni penali in caso di falsità, e l’obbligo per la SACE (e per l’FCG limitatamente alle garanzie di importo più elevato) di comunicare all’Unità di informazione finanziaria i nominativi dei beneficiari dei prestiti coperti dalle garanzie, in maniera da favorire l’individuazione di eventuali operazioni rilevanti a fini di prevenzione del riciclaggio. Un altro tema importante riguarda la rapidità di attuazione delle norme. Al riguardo assume particolare rilievo la questione dei controlli da effettuare per l’erogazione dei finanziamenti, in particolare per quanto riguarda i prestiti fino a 25.000 euro di cui all’art. 13, comma 1, lettera m). Il decreto non esclude la possibilità di una valutazione di merito da parte dei finanziatori. A questo proposito le banche hanno adottato prassi eterogenee: alcune erogano il finanziamento dopo avere effettuato un riscontro formale della completezza della documentazione prevista; altre hanno definito anche un processo, più o meno semplificato, per la valutazione del merito di credito della clientela. La necessità di effettuare e documentare una valutazione di questo tipo viene motivata dalle banche con il rischio legale di incorrere nei reati connessi con una anomala erogazione del credito (rischio che è in relazione inversa con il merito di credito del debitore). La questione richiede di individuare un equilibrio tra due opposte esigenze, quella di far affluire le risorse con rapidità alle imprese che ne hanno bisogno, e quella di tutelare lo Stato, evitando che le garanzie vadano a coprire prestiti a elevatissimo rischio di non essere onorati. Per attenuare il problema si potrebbe fare leva su una maggiore responsabilizzazione del potenziale prenditore, utilizzando l’autocertificazione per attestare la sussistenza dei requisiti per l’accesso al finanziamento. Rendendo più chiari i presupposti e riducendo quindi gli ambiti di discrezionalità dei soggetti finanziatori si velocizzerebbe il processo di erogazione, arginando il rischio legale per la banca. Qualora il legislatore volesse privilegiare al massimo la rapidità di erogazione, si dovrebbe stabilire esplicitamente che la valutazione del merito di credito è assolta con la sola verifica formale della sussistenza dei requisiti previsti dal decreto (ed eventualmente anche disapplicando temporaneamente le norme penali rilevanti). Questo intervento ridurrebbe ulteriormente i tempi della fase istruttoria; di contro, potrebbe consentire l’accesso al finanziamento a un numero più elevato di imprese non meritevoli, con potenziale aggravio degli oneri per le finanze pubbliche”, conclude. cdn/AGIMEG