Divieto pubblicità giochi: AGCOM multa operatore di scommesse e gioco online per 389.000 euro

L’AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha sanzionato per 388.453 euro un noto operatore italiano di scommesse e gioco online per la violazione del divieto di pubblicità di gioco e scommessa previsto dal Decreto Dignità.

In data 20 febbraio 2023 è pervenuta una relazione dal Nucleo Speciale Beni e Servizi della Guardia di finanza nella quale venivano denunciate presunte violazioni dell’art. 9 del Decreto dignità effettuate da una società concessionaria attraverso diversi accordi di promozione del gioco. In particolare, la GdF rappresentava di aver effettuato attività di verifica e controllo circa i rapporti commerciali intercorrenti tra alcuni dei più noti content creator, le piattaforme digitali e le società concessionarie di giochi. All’esito di tali attività la GdF evidenziava il “sostanziale ruolo che la società assume, nel contesto di riferimento, nell’ambito del quale la stessa si porrebbe come trade d’union tra il soggetto estero TOP ADS Ltd. e i creator italiani per l’attività di pubblicazione di giochi d’azzardo (per conto degli affiliati della società maltese) sulla piattaforma Twitch”.

In base a tanto, il predetto Nucleo della GdF, non avendo riscontrato elementi chiari diretti ad identificare una violazione da parte del noto operatore italiano di scommesse e gioco online, aveva suggerito lo svolgimento di accertamenti più approfonditi al fine di individuare i canali utilizzati e i soggetti italiani interessati per la pubblicizzazione dei giochi d’azzardo su Twitch.

Pertanto, in data 11 maggio 2023 la GDF, coadiuvata da personale Agcom, ha effettuato un’ispezione presso il noto operatore italiano di scommesse e gioco online con l’obiettivo di acquisire ogni documentazione ed informazione utile in ordine alle relazioni commerciali in essere con la società TOP ADS Ltd, nonché con altri creators presenti con propri canali non solo presso Twitch ma anche su tutte le altre piattaforme di condivisione di video quali, YouTube, Instagram, Facebook, Telegram, Twitter e Telegram, oggetto di analoghi procedimenti sanzionatori.

In tale sede è emersa l’esistenza di contratti tra il noto operatore italiano di scommesse e gioco online e soggetti terzi, volti a promuovere e commercializzare i giochi online della medesima, riconducibili a due categorie: a) una prima categoria riguarda 30 contratti denominati “accordi per la promozione dei giochi pubblici a distanza per conto del concessionario” siglati con soggetti terzi che attraverso un’interfaccia personalizzata nei colori e nel logo (c.d. Skin) consentono di accedere ai canali di gioco di proprietà del noto operatore italiano di scommesse e gioco online. In dettaglio, attraverso tali canali, la commercializzazione del gioco avviene per il tramite del soggetto titolare dell’interfaccia Skin personalizzata, mentre la gestione sottostante del conto gioco dell’utente finale che utilizza detti servizi resta in capo al noto operatore italiano di scommesse e gioco online; b) una seconda categoria riguarda 20 contratti denominati “contratti di web affiliazione”, stipulati con soggetti terzi che gestiscono perlopiù siti di comparazione online di giochi online. Al riguardo, dal verbale redatto dalla Guardia Finanza è emerso che tali soggetti “rendono disponibile, una pagina internet di propria titolarità, di comparazione quote nelle modalità che loro ritengono più opportune”.

Nell’ambito dell’attività ispettiva sono stati inoltre acquisiti i documenti contabili con il dettaglio dei ricavi riversati ai vari soggetti partner del noto operatore italiano di scommesse e gioco online per ciascuna delle due tipologie contrattuali.

Le valutazione dell’Autorità

Con riferimento alle argomentazioni svolte dalla Società relative all’asserita liceità delle condotte oggetto di contestazione, appare opportuno procedere, in via preliminare, ad una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento allo scopo di chiarire quali siano le condotte che il legislatore considera illecite. L’articolo 9 del sopra citato Decreto dignità prescrive che “al fine di un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media […]”. Inoltre, lo stesso comma precisa: “Dal 1° gennaio 2019 il divieto di cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata”.

Il comma 2 del richiamato articolo, al fine di rafforzare la portata dissuasiva della sanzione che assiste il divieto sancito al primo comma, ha previsto che siano responsabili dell’illecito: (1) “committente”, (2.1) “proprietario del mezzo o del sito di diffusione”, (2.2) “proprietario del mezzo o del sito di destinazione” e (3) “organizzatore della manifestazione, evento o attività”. Invero, la ratio del divieto ivi contenuto risiede nel dichiarato intento di contrastare il fenomeno della ludopatia, (qualificato oggi come “disturbo da gioco d’azzardo”, c.d. DGA, ai sensi dell’articolo 9, comma 1-bis del Decreto dignità) e di rafforzare la tutela del consumatore/giocatore, con particolare riferimento alle categorie vulnerabili. Ne consegue che l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della norma sono ampi. Al fine di coordinare le nuove previsioni del Decreto dignità con l’articolata disciplina di settore previgente, non incisa dall’intervento legislativo e con i principi costituzionali e dell’Unione europea, l’Autorità, con la delibera n. 132/19/CONS, ha adottato delle specifiche Linee Guida con l’intento di coordinare le nuove previsioni del Decreto dignità.

Segnatamente, le Linee Guida forniscono chiarimenti interpretativi in ordine agli ambiti di applicazione oggettivo, soggettivo e territoriale dell’art. 9 del Decreto dignità. Come affermato dal TAR del Lazio nella sentenza n. 11036/2021, posto che non esiste una puntuale normativa comunitaria sul gioco d’azzardo online e sulla relativa pubblicità, gli Stati membri hanno il potere di emanare disposizioni finalizzate a contrastare la diffusione del gioco d’azzardo, ancorché le stesse possano determinare delle restrizioni all’offerta ed alla prestazione di servizi, anche nell’ambito della società dell’informazione. La norma in commento, infatti, non esclude dalla propria applicabilità i soggetti stabiliti all’estero. Nella sentenza in parola, il Giudice ha precisato che le menzionate Linee Guida dell’Autorità vanno qualificate sub specie di circolare interpretativa – come tali prive della natura di atto amministrativo precettivo – “le cui indicazioni, seppure volte ad indirizzare uniformemente l’attività degli uffici, possono essere motivatamente disattese dalla stessa autorità emanante, all’esito di diversa valutazione Ai fini dell’irrogazione della sanzione trova applicazione la legge n. 689/81, espressamente richiamata dalla norma. Nello specifico, la Società ha evidenziato che le attività oggetto delle relazioni commerciali con i soggetti terzi (promozione e commercializzazione), essendo essenziali all’esercizio dell’impresa, sono prerogative fondamentali della società “pienamente riconosciute e approvate anche dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato”.

Al riguardo, è necessario altresì tenere conto di quanto previsto nella concessione e nella convenzione annessa al cui rispetto il concessionario è obbligato. Al riguardo, si rappresenta che le suddette attività si pongono in violazione della normativa di divieto di pubblicità del gioco d’azzardo ai sensi dell’articolo 9 del Decreto dignità solo qualora si traducano in una qualunque forma di pubblicità, comunque effettuata. La norma in oggetto, infatti, nel vietare “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta” afferente a giochi con vincite in denaro, stabilisce un divieto assoluto di pubblicità. Non è quindi la mera esistenza dei contratti di promozione e commercializzazione dei giochi online a costituire, di per sé, un elemento di violazione della normativa ma occorre valutare caso per caso se detta attività di promozione si sia tradotta in una forma di pubblicità.

Si rileva, peraltro, che la generica attività di promozione e commercializzazione non è immediatamente assimilabile alla pubblicità ma ne costituisce una diversa categoria economica. L’attività di promozione, infatti, viene tradizionalmente finalizzata alla conclusione del contratto all’interno di un rapporto diretto e personale con il cliente, a differenza della pubblicità che ha una natura generale ed è diretta ad un pubblico indistinto, ancorché identificativo di un determinato target. Cosa diversa dall’attività di promozione sono poi le comunicazioni a contenuto promozionale, che rientrano invece nell’alveo della comunicazione pubblicitaria, ovvero le sponsorizzazioni. Quanto al profilo provvigionale previsto dai contratti de quo, secondo cui l’utile riconosciuto ai contraenti è determinato da una quota percentuale delle somme giocate dagli utenti, vale osservare come si tratti di una forma di revenue sharing tipica delle modalità di remunerazione dei settori commerciali. Con riferimento alle singole categorie di contratti tra il noto operatore italiano di scommesse e gioco online e soggetti terzi oggetto di analisi, alla luce di quanto emerso dall’attività istruttoria si evidenzia quanto segue.

La società rappresenta che l’utilizzo delle c.d. Skin rispetta il sistema di regole della concessione, nell’ambito del legittimo esercizio dell’attività di impresa. In particolare, nelle memorie difensive si richiama la Convenzione di Concessione stipulata con ADM, nella parte in cui prevede “l’obbligo del concessionario di commercializzare i prodotti di gioco tramite “canali prescelti”, incluso il sito web, autorizzati da ADM e la facoltà di promuovere e diffondere i giochi oggetto di convenzione anche mediante soggetti terzi, salvo il divieto di intermediazione e il rispetto della concessione”. Sul punto, occorre rilevare come la circostanza che ogni canale di gioco debba essere certificato e autorizzato da ADM, attraverso un controllo delle caratteristiche tecnico-funzionali del sito, non implica che il suddetto controllo riguardi anche le modalità adottate per la gestione delle interfacce personalizzate di accesso (cd. “skin”) al canale di gioco del concessionario. Tuttavia, come affermato dalla stessa ADM, le disposizioni in materia “non prevedono alcun limite al numero dei canali di raccolta utilizzabili da parte del concessionario tanto che nella prassi, come nel caso di specie, vi sono diversi concessionari che utilizzano nello svolgimento della loro attività concessoria più siti internet, molti dei quali sono in realtà gestiti da soggetti terzi estranei alla compagine societaria del concessionario ma che operano in nome dello stesso con accordi di tipo privatistico”. L’ADM ha comunque precisato di consentire la gestione delle skin da parte di un soggetto terzo “atteso che il suo sito è solo una “vetrina”, un punto di accesso, alla piattaforma del concessionario, il quale provvede alla contrattualizzazione del cliente/giocatore” e ne risponde pienamente e direttamente in quanto titolare delle suddette skin. Peraltro, si rileva, come sopra riportato, che a seguito dell’adozione del d. lgs 25 marzo 2024, n.41, con il rilascio delle nuove concessioni tale possibilità – a far tempo dal rilascio delle nuove concessioni a seguito di gara pubblica – non sarà più consentita. Riguardo all’osservazione della Società circa il fatto che ADM “non abbia previsto alcuno schema contrattuale obbligato e tipico volto a disciplinare il rapporto tra le parti”, preme osservare che tale rilievo non può in ogni caso portare le parti, nell’ambito dell’esercizio della rispettiva libertà contrattuale, a stipulare contratti i cui effetti siano contrari alla legge. Ai fini dell’identificazione dell’illecito occorre quindi valutare se detti contratti si sono tradotti in una qualunque forma pubblicitaria o meno.

Dalle evidenze raccolte dalla GdF, relativamente ai trenta contratti afferenti a tale categoria, è emerso che solo due di questi si sono effettivamente tradotti in un’attività di promozione attuata mediante una forma di comunicazione pubblicitaria. In particolare, si tratta del contratto con la società Top Ads, che attraverso il content creator Spike Slot ha promosso i siti di gioco del noto operatore italiano di scommesse e gioco online attraverso i propri canali social con contenuti a carattere pubblicitario. Tale condotta illecita da parte della società Top Ads è stata oggetto di un’ordinanza ingiunzione adottata dall’Autorità con la delibera n. 37/24/CONS. Di contro, per gli altri 28 contratti non è stata riscontrata evidenza né acquisita alcuna prova documentale dell’eventuale diffusione di contenuti illeciti ai fini dell’esecuzione del contratto di promozione.

Quanto ai contratti dei cd. “web affiliati”, fatti salvi cinque contratti per i quali dall’istruttoria è emerso che riguardavano soggetti intermediari, negli altri casi si tratta di contratti con gestori di siti di aggregazione/comparatori. In tali siti sono presenti non solo i siti di scommesse riconducibili al noto operatore italiano di scommesse e gioco online ma anche a molte altre concessionarie autorizzate da ADM. Si tratta quindi di una modalità commerciale diffusa e comunemente utilizzata in tutto il settore. Peraltro, la stessa Guardia di Finanza ha evidenziato che “la presenza di altri bookmakers sulle pagine dei “webaffiliati” del noto operatore italiano di scommesse e gioco online, induce a pensare che verisimilmente gli stessi abbiano sottoscritto contratti della medesima natura con gli altri concessionari di gioco presenti sulle pagine di comparazione”. Sotto diverso profilo, la Società sostiene che il sito di comparazione dell’affiliato svolge una “legittima funzione di informazione, laddove l’eventuale riflesso della “promozione” del concessionario posto in comparazione, altrettanto legittimo, costituisce effetto indiretto ed ulteriore rispetto alla causa del contratto, suscettibile di remunerazione in favore del medesimo affiliato che, tuttavia, a tal fine non svolge alcuna attività di call to action verso il pubblico”. Sul punto, occorre richiamare la definizione di servizi informativi di comparazione di quote o offerte commerciali dei diversi concessionari di gioco legale, che le citate Linee Guida dell’Autorità ritengono compatibili, a determinate condizioni, con la previsione normativa. Pertanto, ai fini delle valutazioni sulla liceità della condotta con riferimento ai web affiliati, vengono in rilievo le modalità con cui le suddette comparazioni sono rappresentate. Tali modalità, tuttavia, non risultano essere definite dai singoli concessionari che forniscono le informazioni oggetto di comparazione bensì rientrano generalmente nell’autonomia editoriale del gestore del sito. In particolare, ai fini dell’identificazione delle condotte illecite occorre effettuare un’analisi dei singoli siti per valutare la funzione informativa ovvero pubblicitaria delle comparazioni rappresentate sulla base di una serie di fattori quali: la grafica adoperata, l’eventuale presenza di collegamenti ipertestuale ai siti di gioco, la presentazione di bonus di benvenuto e altre modalità di comunicazione pubblicitaria. Al riguardo si rappresenta che dalle evidenze raccolte nonché dall’esame dei contratti che regolano i rapporti tra il noto operatore italiano di scommesse e gioco online e i soggetti affiliati non emergono elementi atti a provare che il concessionario possa incidere sulla struttura del sito di comparazione o determinarne l’assetto grafico e la modalità di presentazione della propria offerta. Inoltre, nei suddetti contratti è presente un richiamo al rispetto delle previsioni normative del Decreto dignità.

RITENUTO, alla luce delle considerazioni svolte, di ritenere in violazione del divieto in parola la condotta tenuta dal noto operatore italiano di scommesse e gioco online nei rapporti con la società Top Ads Ltd relativamente a due siti internet di scommesse;

RITENUTO, anche alla luce delle considerazioni svolte da ADM, di non disporre di elementi che inducano a ritenere violativi del divieto gli altri rapporti (cd. Skin) attualmente in essere;

RITENUTO che per i restanti illeciti contestati al noto operatore italiano di scommesse e gioco online e relativi ai cd “contratti di affiliazione”, allo stato degli elementi disponibili in atti e con riserva di procedere alla verifica dei siti di comparazione/quote per accertare le modalità concrete di implementazione di tale affiliazione e le rispettive responsabilità concrete, non risultano elementi sufficienti a ritenere dette condotte violative del divieto sancito dalla legge;

RILEVATO che, per quanto concerne l’analisi del valore economico degli illeciti rilevati, ai sensi del richiamato articolo 9 del Decreto dignità per la violazione del divieto in parola è prevista l’irrogazione di una sanzione commisurata al valore della pubblicità, in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a euro 50.000,00. Più in particolare, ai sensi del comma 2 del predetto articolo 9 “l’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1, comporta a carico del committente, del proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e dell’organizzatore della manifestazione, evento o attività, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari al 20 per cento del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a euro 50.000”;

CONSIDERATO che nel procedimento sono stati acquisiti tutti gli elementi istruttori nella piena garanzia del contraddittorio;

RITENUTO, alla luce di quanto sopra, di procedere con l’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 9 del Decreto dignità relativamente ai due illeciti commessi dalla società in relazione al rapporto contrattuale stipulato con la Top ADS LTD;

RITENUTO alla luce delle motivazioni sopra riportate che non ricorrono, allo stato degli elementi in atti, elementi sufficienti per ritenere i restanti contratti ex se in violazione del divieto. Al riguardo, l’Autorità intende avviare una attività di verifica sui siti di comparazione individuati allo scopo di accertare le concrete modalità attuative dei contratti in essere riservandosi di assumere le iniziative conseguenti;

RILEVATO che il valore complessivo della pubblicità per entrambi gli illeciti relativi ai contratti con la società Top ADS LTD per due siti di gioco risulta pari ad euro 1.942.269,60;

RILEVATO per l’effetto che, in ossequio al dettato della norma, il 20% del valore della pubblicità risulta essere pari ad euro 388.453,92 come tale superiore alla soglia minima di euro 50.000,00 prevista dal legislatore al predetto comma 2 dell’articolo 9;

RIENUTO, pertanto che relativamente ai predetti illeciti l’importo della sanzione risulta essere di euro 388.453,92;

ACCERTATO che la Società non ha inteso accedere all’istituto del pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa prevista dall’art. 16, comma 1, della legge n. 689 del 1981;

RITENUTO, per l’effetto, di dover determinare la sanzione per la violazione delle disposizioni normative contestate nella misura di euro 388.453,92 corrispondente al 20% del valore della pubblicità quale risultante dai contratti stipulati sopra identificati per cui è stata rilevata la violazione dell’articolo 9 del Decreto dignità e che in tale commisurazione rilevano altresì i seguenti criteri, di cui all’art. 11 della legge n. 689/1981. cdn/AGIMEG