Chiudere le sale gioco e tutte le attività commerciali introducendo una triplice fascia oraria per il funzionamento di Awp e Vlt posizionate in bar ed esercizi pubblici è l’ultima singolare trovata per “tutelare le fasce deboli”. Come dire, un funzionamento a singhiozzo, con grande disagio per lavoratori e operatori del settore costretti per tre volte nell’arco della giornata a chiudere e aprire le saracinesche delle attività commerciali. Il provvedimento – specifica Sapar in una nota – imposto dalla Regione Veneto lascia interdetti per il dichiarato fine enunciato con enfasi dall’assessora regionale alla Salute Manuela Lanzarin, orientato al raggiungimento di un obiettivo, che seppur nobile in linea di principio, non può trovare giustificazione alcuna nella illogica applicazione e nella sua irragionevole insensatezza. E questo accade in un quadro normativo confuso e raffazzonato, sganciato dalle intese raggiunte dalla Conferenza Stato-Regioni del 2017. Un deterrente, come è stata definita la misura approntata dal Veneto, che Sapar considera non solo ridicola, ma altrettanto inutile e dannosa, da attuare attraverso strumenti poco efficaci per il contrasto al gioco problematico. Tre fasce temporali di funzionamento degli apparecchi da intrattenimento che, stando alle dichiarazioni dell’assessora, ridurrebbero il pericolo per le categorie più a rischio. Gli orari obbligatori d’interruzione delle attività di gioco rappresentano la più classica delle scelte illiberali che a nostro avviso confermano come l’attuazione di politiche di contrasto al gioco patologico siano affidate alla totale discrezionalità del mondo della politica in un pittoresco quadro regolamentativo del gioco di Stato che riteniamo in Veneto, a meno di una secessione in atto della quale non ce ne siamo accorti, possa ancora essere esercitato nel rispetto della piena legalità. Siamo altrettanto certi – aggiunge Sapar – che se il Preu (prelievo erariale unico) finisse nelle casse della Regione veneta che rivendica l’autonomia differenziata a scapito del Mezzogiorno, il problema del contrasto al gioco patologico non si porrebbe neanche sulla base di una “sensibilità” esclusivamente di facciata. Le finalità dei tre stop sul territorio regionale se da un lato, come osserva l’assessora, mirano a evitare il nomadismo da un Comune all’altro, sono la prova evidente di una regolamentazione disomogenea, subordinata alla arbitrarietà di chi pensa che il distanziometro, così come gli orari di apertura dei punti scommesse e delle sale gioco, piuttosto che il funzionamento in fasce orarie degli apparecchi, possano esercitare un effetto dissuasivo tra le fasce a rischio e ridurre i volumi di gioco. Il provvedimento regionale, per le modalità con cui è stato partorito, è di estrema gravità. Intollerabile in termini di pericolosa limitazione della libertà d’esercizio d’impresa, discriminante nella diversificazione delle limitazioni delle attività di gioco e scommesse con vincite in denaro. L’assessora alla sanità Manuela Lanzarin supera se stessa quando sostiene che le amministrazioni locali in subordine, possono ulteriormente limitare gli orari di apertura e di giocata al fine di tutelare la salute pubblica ed evitare problemi di pubblica circolazione. È apodittica una siffatta affermazione in considerazione del gravissimo errore sulle cifre di gioco pro capite, volutamente omissive sul volume di vincite che ridurrebbe drasticamente la spesa pro-capite. Gli studi effettuati attraverso i dati incrociati dei servizi sanitari delle Asl in un generico confronto con le parti, esclude la partecipazione attiva delle associazioni di categoria, ignorando l’esistenza di una filiera del gioco, che partecipa all’economia regionale e che si compone di uomini, di lavoratori e di migliaia di piccole e medie imprese. Sul piano di un approccio più consapevole al problema, di cui riteniamo dolosamente omissive alcune parti, corre l’obbligo ricordare l’ampia e progressiva diffusione del gioco online che non conosce limiti di orari e distanze il cui effetto concreto è ancora una volta quello di consegnare il gioco di Stato nelle mani delle organizzazioni illegali, riducendo sensibilmente il gettito fiscale, riducendo i presidi di legalità. Ci chiediamo – conclude Sapar – se lo stesso approccio in Veneto possa trovare riscontro in altri tipi di dipendenze, come ad esempio l’abuso di alcol. Sarebbe interessante verificare cosa accadrebbe se si limitasse il consumo di grappa. cdn/AGIMEG