Consiglio di Stato, legittime le fasce orarie del comune di Napoli, anche se cancellano le scommesse ippiche

Il Consiglio di Stato difende i limiti orari del Comune di Napoli e respinge due ricorsi – intentati da delle sale bingo, e nei quali sono intervenuti diversi altri soggetti, tra cui alcuni concessionari. Al centro della vicenda l’ordinanza con cui il Sindaco Luigi De Magistris ha consentito l’apertura delle sale da gioco solo per otto ore al giorno, dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23.

Le sale hanno proposto diverse censure, a iniziare dal fatto che l’Amministrazione comunale non avesse competenza di intervenire, e si fosse sostituita di fatto alle Questure (che rilasciano l’autorizzazione di pubblica sicurezza). Per il Consiglio di Stato tuttavia “La norma regionale si muove su un piano distinto da quello del TULPS”. Infatti, “non mira a contrastare i fenomeni criminosi e le turbative dell’ordine pubblico collegati al mondo del gioco e delle scommesse, ma si preoccupa, ‘piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli'”.

Le sale hanno provato a sostenere anche che le norme comunali non potessero avere effetto retroattivo, in sostanza non si sarebbero dovute applicare alle sale già attive. Il Consiglio di Stato obietta però che questa tesi “porterebbe a conclusioni irragionevoli”, in primo luogo vanificherebba almeno . In parte l’obiettivo di contrastare il gioco patologico. Inoltre, realizzerebbe “una inammissibile distorsione del principio di concorrenza tra sale da gioco”. Senza contare che “com’è noto, il principio di irretroattività ha un assoluto soltanto ne campo penale”; nmegli altri casi deve essere “contemperato con le finalità poste dalla norma”.

Le sale hanno anche sostenuto che le fasce orarie rendono di fatto impossibile giocare al alcuni giochi, come le scommesse ippiche e sportive che solitamente vengono piazzate proprio durante il coprifuoco.‎ “Anche tale motivo, per quanto suggestivo, è da respingere” ribatte il Collegio. Le limitazioni “risultano coerenti ed adeguate con le finalità perseguite (tutela della salute pubblica e lotta alla ludopatia), così che non può invocarsi a fondamento della loro pretesa illegittimità la dedotta impossibilità di alcune specifiche giocate”. Quest’ultima e’ “la conseguenza non illogica, irragionevole o sviata della stessa ratio dei provvedimenti contestati”.

Per le sale poi, le fasce creano una distorsione della concorrenza, dal momento che non si applicano a bar e tabaccherie. Il Consiglio di Stato riconosce che anche questi ultimo possano “essere fonte di rischi per la salute pubblica”. tuttavia, “la parzialità delle limitazioni adottate non ne determina necessariamente l’illegittimità”, sono comunque adeguate  e proporzionali “rispetto agli obiettivi perseguiti, ancorché questi ultimi possano essere meritevoli e bisognosi di ulteriori e anche più intensi interventi”. rg/AGIMEG