DIA, Relazione secondo semestre 2020: Grazie alla tecnologia, crescono gli interessi delle mafie nel settore del gaming

“I sodalizi mafiosi, avvalendosi sempre più delle possibilità offerte dalla tecnologia si orientano verso i settori del gioco d’azzardo (gaming) e delle scommesse (betting) nei quali imprenditori riconducili alla criminalità organizzata, e grazie alla costituzione di società sedenti nei paradisi fiscali, creano un circuito parallelo a quello legale che consente di ottenere notevoli guadagni e in particolare di riciclare in maniera anonima cospicue quantità di denaro”. Lo denuncia la Direzione Investigativa Antimafia nella Relazione sulle attività svolta nel secondo semestre del 2020 in cui scatta una fotografia degli interessi gestiti dai diversi sodalizi che operano sul territorio nazionale e – per quanto riguarda il gioco nello specifico – analizza anche i casi in cui i clan si sono spostati all’estero.

Sicilia

Secondo la DIA, il settore del gioco e delle scommesse rappresenta un “ambito di crescente interesse” dei clan mafiosi. Quasi tutte le famiglie hanno cercato di sfruttare le opportunità che offre il settore del gioco, la DIA ad esempio riferendosi alle famiglie messinesi sottolinea come la gestione di questo business – ma anche di altri interessi come l’acquisizione di finanziamenti pubblici destinati al settore agro-pastorale – sia “indice dell’evoluzione di alcune consorterie locali sempre più capaci di affiancare alle forme di estrazione violenta delle risorse dal territorio metodi più imprenditoriali di finanziamento”. Per i clan palermitani, invece, cita l’operazione “All In si gioca” del novembre 2020: “L’indagine ha visto coinvolti soggetti siciliani e campani e ha portato all’esecuzione di numerosi provvedimenti cautelari personali e sequestri preventivi nei confronti di elementi riconducibili a più mandamenti del capoluogo e della provincia, nonché a ulteriori sequestri di agenzie ubicate a Napoli. Gli indagati avevano allestito un sistema di scommesse clandestine attraverso lo schermo di società concessionarie regolarmente autorizzate. L’appartenenza degli indagati alle più importanti famiglie dei mandamenti cittadini e provinciali conferma ancora una volta la trasversalità dell’interesse delle organizzazioni mafiose per il settore”.

Calabria

Anche le cosche ‘ndranghetiste guardano con crescente interesse al settore del gioco, probabilmente le mafie calabresi sono quelle che si sono radicate maggiormente anche in altre Regioni e persino all’estero. La DIA ricorda in particolare che le cosche si servono di slot e scommesse anche per commettere reati tributari: “Il 16 ottobre 2020 la Guardia di finanza di Crotone ha infatti concluso una complessa indagine che ha fatto luce su un’evasione fiscale di oltre 22 milioni di euro ad opera di una società operante nel settore delle scommesse e del noleggio di slot machines”. Peraltro, la società al centro di questa indagine “Dal 2017 era sottoposta ad amministrazione giudiziaria a seguito della nota inchiesta “Jonny” (maggio 2017) della DDA di Catanzaro che aveva fatto luce sull’interesse degli Arena nel settore del gaming tramite una società bookmaker maltese che forniva le piattaforme di gioco on line alla società crotonese”.

Campania

Anche i maggiori sodalizi della camorra da tempo hanno inserito tra i propri interessi la gestione del gioco, la DIA ricorda ” i clan Mazzarella, Licciardi, Contini, Amato-Pagano (nell’area metropolitana), Mallardo, Nuvoletta-Polverino, Moccia (nel napoletano), Schiavone e Zagaria (nel casertano)”. Crescente il ruolo delle famiglie salernitane, come ha confermato anche il Procuratore Capo di Salerno, Giuseppe Borrelli: “recenti indagini, in particolare, evidenziano come attività illecite, specialmente nel settore del gioco d’azzardo on line vengano svolte da soggetti operanti nel salernitano in favore di una pluralità di gruppi criminali, anche extraregionali e che il Cilento, in particolare, risulta essere teatro di reinvestimento di capitali illeciti da parte di soggetti legati ad organizzazioni mafiose non salernitane”.

Puglia

Notevoli gli interessi che i clan pugliesi nutrono nel settore del gioco. La DIA – riferendosi ai clan Piarruli-Ferraro e al Di Tommaso – ricorda le operazioni Cartagine” e “Gambling” da cui è emerso che un unico soggetto “agiva quale organizzatore e partecipe di un’articolata organizzazione finalizzata alla gestione illegale di scommesse e gioco del poker on line mediante una rete capillare di raccolta parallela rispetto alla rete dei centri di scommessa autorizzati. Nella sua qualità di master per la Puglia era responsabile della diffusione commerciale dei siti e brand utilizzati dall’associazione con il compito di affiliare nuove sale giochi e scommesse”. La camorra barese, invece, “lungi dall’essere un rozzo agglomerato criminale da strada avrebbe negli anni privilegiato i settori più remunerativi del traffico di stupefacenti, del contrabbando e con un trend in notevole ascesa della gestione del gioco e delle scommesse on-line, senza tuttavia tralasciare le attività estorsive e l’usura”. A Lecce, infine, l’inchiesta “Dirty slot” conclusa dalla Guardia di finanza a inizio 2020, “ha individuato un sistema economico illecito del gaming avente a oggetto l’organizzazione e la gestione del gioco d’azzardo anche a distanza. Secondo quanto emerso dall’operazione, il sodalizio, legato non solo ai Coluccia ma anche ad alcune frange brindisine della sacra corona unita (fra gli indagati anche un elemento affiliato al clan Campana di Mesagne-Brindisi), gestiva un enorme giro d’affari nel settore delle slot e nella raccolta di scommesse di eventi sportivi fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker esteri privi di concessione statale. Al termine del processo di primo grado con rito abbreviato il 19 novembre 2020 5 soggetti sono stati condannati”.

Sardegna

I sodalizi locali nella maggior parte dei casi preferiscono dedicarsi allo spaccio di droga e non hanno forti interessi nel settore del gioco, è invece “emerso il coinvolgimento di alcune famiglie pugliesi e della criminalità lucana e calabrese nel settore del gioco d’azzardo e delle scommesse on line”. Si ricordano le operazioni “Scommesse” del novembre 2018 – che “aveva colpito un imprenditore cagliaritano, in contatto con i clan baresi Capriati e Parisi – e “Ndrangames” del 2017, nell’ambito della quale era stato disposto il sequestro di apparecchiature elettroniche installate in varie province dell’Isola”.

Le altre Regioni

I sodalizi criminali hanno spesso cercato di espandere i propri interessi nel settore del gioco al di fuori dei territori tradizionali. Nel Lazio ad esempio si registra “l’operatività spesso congiunta di più matrici criminali” nel controllo del gioco d’azzardo lecito e illecito che “rappresenta soprattutto a Roma e provincia un’importante fonte di guadagno. Di assoluto rilievo in proposito il provvedimento di confisca eseguito dalla Guardia di finanza e dai Carabinieri tra i mesi di dicembre 2020 e gennaio 2021 nel complesso contesto giudiziario dell’inchiesta della DDA di Roma denominata “Babylonia” (2017-2018) che aveva fatto emergere l’infiltrazione criminale nel settore del gaming e della ristorazione nella Capitale”. Grazie all’operazione è stato sequestrato un patrimonio “del valore stimato di circa 300 milioni di euro riconducibili a soggetti contigui alla camorra napoletana, alla criminalità organizzata barese e romana e a frange inquinate dell’imprenditoria romana”.

Le mafie straniere

Anche le mafie straniere che si sono radicate in Italia nutrono spesso interessi nel settore del gioco. E’ il caso della mafia cinese, a proposito della quale la Dia sottolinea: ” L’attività illecita all’esterno si esprime nella contraffazione, nel traffico e spaccio di metanfetamine, nei reati finanziari e illecite movimentazioni di denaro, nel traffico illecito di rifiuti e nella gestione di giochi e scommesse clandestini”. E ricorda che “Il gioco d’azzardo, spesso praticato all’interno di bische clandestine, è uno dei canali di riciclaggio”.

Gli interessi all’estero

Le mafie nazionali da tempo cercano di espandere i propri interessi anche al di fuori dell’Italiana: “i sodalizi, pur mantenendo l’antico stereotipo di struttura criminale verticistica basata sul vincolo familiare, sono riusciti a modellare innovative regole organizzative, estremamente duttili, per cogliere velocemente i vantaggi offerti dal sistema economico internazionale” scrive la DIA. E quindi ricorda che “l’ambito criminale che a livello internazionale continua ad offrire una maggiore redditività è quello del narcotraffico”, ma poi le famiglie mafiose hanno saputo sfruttare anche altri settori: “ampliando l’utilizzo della tecnologia, sono consacrati al gaming e betting, ove imprenditori riconducibili alla criminalità organizzata, grazie alla costituzione di società sedenti nei paradisi fiscali, creano un circuito parallelo a quello legale, che consente di ottenere smisurati guadagni ed, in particolare, di riciclare, in maniera anonima, cospicue quantità di denaro”.

Malta è una degli Stati Europei maggiormente colpiti. La DIA sottolinea che qui “Il canale del gioco d’azzardo appare l’attività in cui le mafie sono maggiormente coinvolte unitamente agli altri traffici illeciti, come il traffico di stupefacenti e il contrabbando di prodotti petroliferi”. In questo ambito, “l’organizzazione più radicata sul territorio e incline a sviluppare attività criminali, soprattutto nel settore delle scommesse, è la ‘ndrangheta, come testimoniano varie attività investigative condotte recentemente. Tra esse, l’operazione “Galassia” che, il 27 ottobre 2020, al termine del relativo dibattimento, ha dato luogo alla condanna di alcuni esponenti della cosca Tegano per aver reimpiegato i guadagni illeciti nel settore del gioco on line attraverso alcune società “cartiere” site a Malta. Per quanto riguarda cosa nostra, i sodalizi del palermitano, al pari di quelli reggini, sono propensi a proiettarsi al prolifico settore del gaming, mentre le organizzazioni delinquenziali della Sicilia orientale hanno intrapreso alcune attività criminali all’interno dell’economia legale dell’Isola, ove hanno spostato il centro dei loro interessi economici”.

Le famiglie mafiose italiane hanno preso di mira anche l’Austria: “nel 2018, attraverso le operazioni “Game Over” e “Galassia” era emerso, rispettivamente, il coinvolgimento della famiglia mafiosa di Partinico e della cosca reggina Tegano che avevano realizzato alcune società “cartiere” anche nel territorio austriaco per reimpiegare i guadagni illeciti nel settore delle scommesse”. lp/AGIMEG