“Con la dovuta prudenza, possiamo affermare che il peggio dovrebbe finalmente essere alle spalle. Quello che le imprese hanno perso nel lungo percorso per uscire dall’emergenza – oggi sono 444 giorni dal lockdown – è un fardello che condizionerà fortemente il futuro. Nel 2020, rispetto al 2019, abbiamo perso 123 miliardi di euro di spesa, per un calo medio di 5mila euro a famiglia. L’impatto sulle imprese e sul lavoro è stato devastante. I redditi sono crollati di 90 miliardi di euro solo nel 2020. Dal marzo dello scorso anno ad oggi sono già quasi 350mila i lavoratori autonomi e gli imprenditori che hanno gettato la spugna. Anche i primi mesi del 2021 sono, fino ad ora, caratterizzati da una modestissima ripresa. La fase di rilancio potrebbe iniziare ora: ma la stragrande maggioranza delle imprese del terziario e del turismo si presenta ai blocchi di ripartenza gravata da pesanti zavorre. Escono dalla pandemia pesantemente indebitate con le banche, con il fisco e con i fornitori. Una conseguenza del combinato disposto dell’aumento dei costi e una crisi di liquidità senza precedenti: stime del ministero delle Finanze pongono la perdita di liquidità generata da Covid, per tutte le imprese fino a 50 milioni di euro di fatturato, a quota 103,2 miliardi. A maggio, secondo le rilevazioni di Banca d’Italia, la richiesta al Fondo di Garanzia per le PMI di nuovi finanziamenti ha superato quota 168 miliardi di euro, con una crescita di 7 miliardi in un mese. Difficoltà si riscontrano anche sul fronte dei pagamenti dei fornitori: secondo lo Studio Pagamenti Cribis a livello internazionale l’Italia è tra i Paesi dove sono aumentati di più nel 2020 i pagamenti ai fornitori oltre 30 giorni (+21,9%). Grave è anche il bilancio nei confronti del fisco: nel 2020 le imprese hanno accumulato un debito fiscale, sotto forma di rinvio dei pagamenti dovuti, pari a 14,3 miliardi, che dovranno restituire tra questo ed il prossimo anno. Per il nostro mondo, l’agognata fase di ripartenza non sarà né facile né istantanea. Senza una ripresa generalizzata dei consumi, determinanti anche per la crescita del PIL, e senza un piano per rientrare dal ricorso bulimico all’indebitamento, ancora tantissime imprese si perderanno lungo la strada che ci separa dalla ripresa. In questo quadro, il cambio di passo segnato dal Sostegni Bis è un segnale importante. Fra i provvedimenti varati per venire incontro alle esigenze dell’economia, è anzi quello meglio strutturato. In particolare, apprezziamo che si affronti per la prima volta con decisione il tema dei costi sostenuti dalle imprese. Del contributo a fondo perduto apprezziamo l’idea di un approccio perequativo. L’accesso al contributo è però vincolato alla presentazione della dichiarazione dei redditi entro il 10 settembre 2021. Occorrerebbe posticipare il termine di presentazione almeno fino al 15 ottobre. Anche il Tax Credit Locazioni andrebbe esteso anche ai soggetti con ricavi o compensi nel 2019 fino a 15 milioni di euro; il beneficio andrebbe inoltre prorogato al 31 dicembre per le imprese delle città d’arte, individuando i centri urbani rientranti nella disposizione in base ai parametri già previsti dal D.L. n. 104/2020 in materia di contributo a fondo perduto per i centri storici. Da rimodulare anche la disciplina relativa alla rinegoziazione dei canoni di locazione commerciale per le affittanze di azienda. Accogliamo con favore la previsione che il locatario e il locatore siano tenuti a collaborare tra di loro per rideterminare il canone, la disposizione, però, deve essere accompagnata da reali benefici in termini economici oltreché fiscali”. Questo l’intervento di Confesercenti in audizione presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, riunita nella Nuova Aula dei Gruppi parlamentari, nell’ambito dell’esame del decreto 73/2021, cosiddetto “Sostegni bis”, recante misure urgenti connesse all’emergenza da Covid-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali. A rappresentare la Confesercenti il segretario generale Mauro Bussoni. “Di particolare rilevanza, da questo punto di vista, è la questione del Fondo per il sostegno delle imprese che sono ancora costrette a rimanere chiuse. Le risorse stanziate appaiono gravemente insufficienti: 100 milioni di euro non bastano a coprire le esigenze di discoteche, palestre, piscine, sale scommesse e delle altre attività che non ripartiranno a breve. Per le misure relative al credito, apprezziamo che si sia scongiurata, in extremis, una stretta sulle garanzie; ma visto il contesto di pesante indebitamento delle attività economiche, è necessario fare molto di più. Le imprese hanno bisogno di maggiore disponibilità finanziaria, ma non possono indebitarsi ulteriormente. Servirebbe un sistema tipo BOT, con scadenze decennali e ventennali. Bisogna prolungare ulteriormente le moratorie. Sarebbe utile permettere loro la ristrutturazione dei debiti attraverso procedure idonee a garantire la continuità delle attività aziendali. Sarà assolutamente necessario, inoltre, potenziare e facilitare l’accesso al microcredito, alternativa obbligata in un contesto di crescente distacco tra PMI e mondo del credito tradizionale”, ha aggiunto. “Concluso l’iter del Sostegni Bis, poi, bisognerà riflettere sulla prosecuzione delle misure di sostegno. Il processo di riapertura delle attività economiche avviato solo in questi giorni, non sarà purtroppo un colpo di spugna in grado di cancellare istantaneamente le difficoltà economiche. Un immediato rimbalzo della domanda, in particolare per le attività del turismo ed i pubblici esercizi, è auspicabile ma non certa. Il tesoretto di fiducia di maggio, chiara conseguenza della prospettiva di riapertura, è energia potenziale che deve trasformarsi in energia cinetica. Ed i segnali in questo senso, ad oggi, non sono del tutto confortanti. Secondo un sondaggio condotto da SWG su Confesercenti su un campione di consumatori, solo uno su tre ha già prenotato le sue vacanze, e la maggior parte per pochi giorni nelle settimane centrali di agosto. Sul commercio di prossimità, inoltre, pesa la rapidissima accelerazione impressa al e-commerce dalle specificità della crisi pandemica, e dallo squilibrio concorrenziale creato dai provvedimenti di chiusura e dalle limitazioni che hanno investito il solo canale retail fisico. Serviranno dunque misure mirate sia ad una ripresa generale dei consumi che alla correzione delle distorsioni tra i canali di vendita. La via maestra, in entrambi i casi, è quella fiscale: bisogna mettere in campo una fiscalità di vantaggio per sostenere il rilancio di famiglie e imprese, e allo stesso tempo riequilibrare il gap con i giganti del commercio online, veri mattatori di questa crisi”, ha concluso. cdn/AGIMEG