La Corte di Giustizia Europea bacchetta l’Ungheria e stabilisce che sia la normativa sul rilascio delle concessioni per la gestione dei casinò tradizionali, sia quella sui casinò on‑line rispettano il principio della libera prestazione dei servizi. La causa rimessa alla CGE nasca da una sanzione che l’autorità fiscale ungherese ha inflitto alla Sporting Odds – società con licenza inglese che offriva servizi di gioco anche in Ungheria, senza però possedere i titoli richiesti in questo Paese. La compagnia ha quindi adito il Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest chye ha rimesso la questione alla CGE chiedendo in particolare, se le norme nazionali sull’organizzazione dei giochi di casinò tradizionali e on‑line siano compatibili con il principio della libera prestazione dei servizi.
Con la sua sentenza odierna, la Corte constata anzitutto che in Ungheria alcuni tipi di giochi d’azzardo (in particolare le scommesse sportive e quelle ippiche) sono assoggettati a un monopolio pubblico, mentre altri (in particolare i giochi di casinò tradizionali e on‑line) possono essere organizzati da operatori privati, titolari di apposita autorizzazione. Le differenti discipline, tuttavia, per la CGE non rimettono in discussione la compatibilità del monopolio con il principio della libera prestazione dei servizi. Il fatto che alcuni giochi possano essere gestiti da privati non pregiudica, di per sé, l’idoneità del monopolio di realizzare l’obiettivo perseguito, ovvero quello di prevenire la dipendenza dei cittadini dai giochi d’azzardo. Allo stesso modo, il fatto che tale sistema dualistico sembri avere come scopo non soltanto di raggiungere i legittimi obiettivi perseguiti, ma anche di generare introiti di bilancio supplementari e di favorire un’espansione controllata dei giochi d’azzardo non rimette in discussione, di per sé solo, la legittimità del regime normativo ungherese nei limiti in cui quest’ultimo sia effettivamente inteso a realizzare tali obiettivi. Di conseguenza, salva la verifica, da parte del giudice ungherese, del rispetto di tali obiettivi, la Corte rileva che il sistema dualistico di organizzazione del mercato dei giochi d’azzardo in Ungheria è compatibile con il diritto dell’Unione.
Tuttavia, la normativa ungherese riserva la possibilità di ottenere un’autorizzazione per l’organizzazione di giochi di casinò on‑line ai soli operatori che gestiscono, in virtù di una concessione, un casinò situato nel territorio nazionale, e questo – rileva la Corte – costituisce una restrizione discriminatoria. A questo proposito, la Corte considera che una siffatta restrizione radicale del principio della libera prestazione dei servizi non può essere giustificata sulla scorta degli obiettivi attinenti all’ordine pubblico e alla sanità pubblica evocati dal governo ungherese, in quanto gli stessi potrebbero essere raggiunti mediante misure meno pregiudizievoli.
LA Corte quindi richiama la sentenza Unibet International(del 22 giugno 2017, C‑49/16) per stabilire se l’Ungheria assicuri in modo non discriminatorio che tutti gli operatori possano soddisfare il presupposto per poter ottenere un’autorizzazione. Nel precedente, la Corte aveva già constatato l’illegittimità della normativa ungherese riguardante l’accesso ai contratti di concessione che consentono l’organizzazione di giochi d’azzardo on‑line.
Adesso, di conseguenza, la Corte ricorda che la normativa ungherese preveda la possibilità di organizzare delle gare pubbliche per concludere i contratti di concessione, tali gare tuttavia non sono ancora state organizzate. Inoltre, nella normativa ungherese è presente una condizione – quella che consente di ottenere una concessione senza partecipare a una gara ai soggetti che abbiano raccolto gioco per dieci anni in Ungheria – che costituisce una disparità di trattamento. Infatti, tale requisito penalizza gli operatori di giochi d’azzardo stabiliti in altri Stati membri rispetto agli operatori nazionali che possono soddisfare tale condizione più facilmente. rg/AGIMEG