“La legge n. 178 del 2020, art. 1, comma 1130, (c.d. Stabilità 2021) ha ulteriormente rinviato al 31 marzo 2023 il termine di svolgimento delle gare già slittato al 31 marzo 2021 in forza dell’art. 69, comma 3, d.l. n. 18 del 2020. Alla luce di ciò, ancora una volta, non si può che riaffermare che l’aumento del canone concessorio, affiancandosi al protrarsi sine die del regime di proroga, non possa che incidere gravemente sulle libertà degli operatori interessati. In tale contesto, sono gli operatori di piccole dimensioni (quali gli odierni esponenti) a essere discriminati, essendo di fatto condannati all’espulsione dal mercato non per il fisiologico agire dei processi di selezione concorrenziale, ma per l’effetto combinato del costante allontanamento della data di svolgimento delle gare ed il costante innalzamento del costo concessorio operato per via legislativa”. E’ quanto si legge in una delle memorie – che Agimeg ha potuto visionare – presentate questa mattina in Corte Costituzionale da parte del legale di alcune sale, nel corso dell’udienza sui canoni di proroga delle concessioni del Bingo.
“L’Ufficio Parlamentare di Bilancio afferma che gli incrementi del prezzo abbiano prodotto un effetto distorsivo, ritenendo che il carattere regressivo dell’onere così istituto possa però costituire «un incentivo a un’evoluzione del settore verso configurazioni industriali più efficienti». Il che equivale a riconoscere che l’intervento legislativo sia finalizzato a distorcere il mercato, favorendo le grandi strutture a discapito di quelle di minori dimensioni, con conseguente alterazione del normale gioco della concorrenza. Appare evidente come tale finalità, finalmente disvelata ed esplicitata, sia del tutto estranea all’impianto originario della norma e costituisca una violazione dei confini costituzionali della legge-provvedimento”.
“Le disposizioni di Legge che hanno introdotto la proroga tecnica onerosa (art.1, comma 636, l.n.147 2013), infatti, prevedendo il versamento del canone quale criterio direttivo necessario ai fini della partecipazione al bando di gara per l’assegnazione della concessione da parte del concessionario in scadenza, muovono dal diverso dichiarato obiettivo di garantire il rispetto del principio concorrenziale e realizzare un tendenziale allineamento delle concessioni medesime. (…). Questa difesa hasostenuto che la previsione normativa originaria introdotta nel 2013 (art. 1, commi 636-638, legge n. 147) nel concedere proroghe tecniche ex lege a tutti gli operatori che accettino di proseguire a titolo oneroso una concessione ab origine rilasciata senza oneri, sia da ritenersi intrinsecamente irragionevole e, quindi, incostituzionale per rovesciamento del fine, avendo di fatto voluto introdurre un introito per le casse erariali, oltre che un’alterazione del gioco della concorrenza, del tutto difforme dalla finalità dichiarata dal legislatore ed anzi antitetica rispetto ad essa”.
“Per la realizzazione del fine indicato dal legislatore – si legge ancora nella memoria – sarebbe stato sufficiente istituire la proroga tecnica alle medesime condizioni economiche previste per le originarie concessioni, cioè senza pagamento di un canone, essendo già soddisfatto l’interesse economico della P.A. dal servizio di gestione del gioco, svolto dall’operatore, e dal conseguente incasso del prelievo erariale sulle cartelle, previsto dall’art. 5 del d.m. n. 29 del 2000”.
“Il regime introdotto con l’art. 1, comma 636, legge n. 147 del 2013, è da ritenersi pertanto intrinsecamente irragionevole perché, pur dichiarando di perseguire l’obiettivo di riattribuire le concessioni in scadenza mediante l’espletamento di procedure di evidenza pubblica, istituisce un regime di proroga di diritto, a semplice richiesta, di cui possono avvalersi indistintamente tutti gli operatori titolari di concessione scaduta, di durata indefinita perché legata a termini che vengono costantemente violati e rinviati”.
“Inoltre dalle relazioni in commento non emerge che sia stata eseguita alcuna indagine preventiva effettuata sulla sostenibilità dell’onere in commento – si legge ancora – né è dato conoscere i presupposti economico-finanziari relativi alla fase che precede la formulazione della disposizione censurata, anche in ordine al quantum debeatur. Sotto tali profili, non è stato quindi fornito alcuno dei chiarimenti necessari circa le ragioni poste a fondamento delle legge, né si può comprendere se, in fase di formazione del testo legislativo, sono state prese in considerazione le variazioni economiche del settore di mercato di riferimento e le posizioni giuridiche di soggetti economici diversi per dimensione economica e zona territoriale di svolgimento dell’attività”.
In conclusione, evidenzia la memoria, “la legge-provvedimento in esame, dunque, è da ritenersi costituzionalmente illegittima poichè, per i profili rilevati nella presente memoria, essa è irragionevole e sproporzionata per violazione del canone di cui all’art. 3, in quanto dispone un aumento del canone in assenza di ogni indagine di sostenibilità e senza alcuna considerazione dell’incidenza economica in capo ai concessionari in proroga, oltre che senza alcuna correlazione fra la base d’asta e l’importo dell’aumento o altro parametro di riferimento tale da giustificare il valore dell’onere”. lp/AGIMEG