Confindustria: da impatto coronavirus fatturato imprese in calo del 32,6%, il 43% dei dipendenti inattivo

“Si è assistito a un netto peggioramento rispetto alla percezione della prima indagine per il numero di aziende che ha subito l’impatto negativo del coronavirus (97,2% contro il 67,2% della precedente). Il peggioramento si è verificato anche per l’entità del danno subito, le imprese con problemi molto gravi sono adesso il 43,7%, contro il 14,4% della precedente indagine”. E’ quanto rende noto Confindustria che lo scorso 4 aprile ha avviato una seconda indagine sugli effetti della pandemia da Covid-19 per le imprese italiane. All’indagine hanno partecipato 4.420 imprese. Il 36,5% dei rispondenti, in seguito all’emanazione dei DPCM del 22 e del 25 marzo, ha dovuto chiudere la propria attività, mentre il 33,8% l’ha chiusa parzialmente; il 26,4% dei dipendenti totali delle aziende intervistate svolge attualmente la propria attività in smart working, mentre il 43,0% risulta essere inattivo; il 53,1% dei dipendenti delle aziende intervistate potrebbe dover ricorrere ad ammortizzatori sociali. In media, rispetto alla normalità (marzo 2019), si è assistito ad un calo del 32,6% del fatturato e del 32,5% delle ore lavorate. I cali sono visibilmente più marcati per le imprese con meno di 10 dipendenti (con una diminuzione del 39,7% del fatturato e del 37,3% delle ore lavorate). L’84,5% delle aziende che ha partecipato sta riscontrando problemi relativi al rallentamento della domanda nel mercato domestico e nel mercato internazionale. Il disagio più evidente è riscontrato per il calo della domanda di beni e/o servizi di consumo in Italia. Non meno rilevanti le problematiche relative alla gestione delle attività riscontrate dal 59,3% dei rispondenti. Il 19,6% degli imprenditori segnala forti disagi legati alla mancanza di materiale sanitario essenziale per lo svolgimento del lavoro in sicurezza. È stato chiesto infine agli imprenditori, quali fossero le strategie che metterebbero in atto per superare la crisi. Emerge che nella maggior parte dei casi (78,2%) si sentono disarmati e non possono che attendere il ritorno alla normalità. Dalle risposte qualitative degli imprenditori emerge chiaramente la doppia difficoltà di garantire i flussi di liquidità con l’azienda chiusa o parzialmente aperta e quella ad essa legata di poter ripartire a pieno ritmo il prima possibile per limitare le perdite di fatturato, che, seppure in modo spalmato sul tempo grazie agli aiuti governativi, dovranno essere ripagate in futuro. lp/AGIMEG