In Piemonte scatta oggi la fase 2 del distanziometro, quella che mette fuori legge anche le sale da gioco troppo vicine ai luoghi sensibili. Negli scorsi mesi gli operatori – sostenuti anche dai sindacati – hanno chiesto a più riprese quantomeno una proroga, e i loro allarmi solo poche settimane fa hanno trovato conforto nei dati pubblicati dall’Eurispes. Il nuovo termine cade però a ridosso delle elezioni, il 26 infatti si tengono le Regionali, Agimeg ha cercato di capire con la consigliera Nadia Conticelli (PD) – da sempre in prima linea sulla questione – quale sia il punto della situazione e se il gioco sarà nell’agenda politica del prossimo Consiglio.
Nel novembre 2017 il Piemonte ha imposto a bar e tabaccherie (non in regola con le distanze) di togliere le slot. A un anno e mezzo di distanza, quali sono stati gli effetti in termini di lotta alle dipendenze da gioco d’azzardo patologico?
“Sicuramente ciò che è stato fatto non basta ad affrontare la piaga sociale della dipendenza da gioco. Intanto bisogna partire dal raffronto di tutti i dati per capire se il sia davvero risultato lo strumento più idoneo, perché altrimenti si rischia di spostare “la polvere sotto il tappeto”. Si è registrata una riduzione degli apparecchi Awp attivi a fronte di un aumento del giocato su Vtl in negozi specializzati. Così si rischia di spostare solo i flussi senza affrontare la problematica sociale. Inoltre, la sfida oggi è affrontare la regolamentazione del gioco on line, il cosiddetto gioco “a distanza”, in forte crescita in tutta la penisola con un +82,4%, da 15.801 a 28.728 milioni giocati, mentre il Piemonte si attesta su un livello un poco più basso ma comunque in aumento deciso: +75%, da 1.113 a 1.948 milioni giocati”.
Oggi scatta il nuovo termine previsto dalla Legge, quello per le sale e le agenzie di scommesse. L’Eurispes, alcune settimane fa, ha diffuso un report molto critico, lanciando un allarme sia sull’occupazione che sulla riemersione del mercato illegale. Cosa pensa di quei dati?
“Trovare un punto di equilibrio condiviso con tutti gli attori mi sembra un obbiettivo essenziale. Perché un provvedimento di legge, anche se redatto con le migliori intenzioni, come nel caso della legge piemontese sul gioco d’azzardo, può avere degli effetti che non si erano valutati mentre la si discuteva. Ecco perché i legislatori hanno poi il dovere di verificare cosa succede quando una legge viene applicata, verificando sul territorio gli effetti concreti del provvedimento legislativo.
E in questo caso dobbiamo affrontare alcuni problemi che sono nati dalla legge e ammettere che alcuni obiettivi non sono stati raggiunti. Per esempio, il distanziometro è uno strumenti parziale. Perché già non è facile individuare quelli che sono da classificare come luoghi sensibili, e poi si finisce con il creare delle autentiche Las Vegas nelle periferie delle città. Proprio là dove vivono le persone con più problemi di tipo sociale ed economico”.
In Piemonte le elezioni sono vicinissime. I programmi elettorali dei vari partiti non contengono riferimenti al gioco, se non quello dei 5 Stelle. A suo avviso è ormai una questione chiusa o c’è ancora dibattito per rivedere, o quantomeno ammorbidire, la Legge regionale su questo tema?
“Assolutamente sì, penso che riaprire il dibattito sia d’obbligo e che gli operatori del gioco legale vadano coinvolti e consultati maggiormente prima della stesura dei testi legislativi. Io sono dell’idea che, appena insediato il nuovo Consiglio regionale, bisognerà aprire un tavolo tecnico per rivedere la legge di comune accordo con gli stessi operatori del settore e con le organizzazioni che combattono le dipendenze. Gli esercenti, i tabaccai, i gestori di sale giochi, non hanno mai detto di volere una liberalizzazione totale e una diffusione indiscriminata di slot machine. Sono i primi a chiedere delle regole, anche perché sono i primi a subire le conseguenze dei giocatori patologici e delle infiltrazioni malavitose. Bisogna superare le posizioni ideologiche che hanno condizionato questo tema”.
A quali interventi pensa in particolare?
“Sarebbe stato necessario prevedere degli incentivi, tipo sgravi fiscali, per la riconversione di piccole e medie aziende produttrici di macchinette. Le multinazionali stanno aspettando che passi la buriana e poi troveranno il modo di restare sul mercato, i piccoli produttori vanno aiutati. Non si può mettere in contrapposizione salute e lavoro.
Devo osservare però che lo Stato ricopre il ruolo più importante ed incisivo, senza il quale non è possibile legiferare ed intervenire in maniera efficace a livello regionale. Per me la soluzione più opportuna sarebbe quella di riaprire il confronto con il Governo nazionale, che nella precedente legislatura era stato condotto con la Conferenza unificata (Governo, Regioni, Province e Comuni). Se il Governo nazionale non dovesse collaborare per le Regioni risulterà piú difficile affrontare la questione in maniera equilibrata. Le Marche e altre Regioni hanno già deciso di rivedere la loro legge e credo che prima o poi lo dovremo fare tutti. Abbandonando le posizioni ideologiche e rinunciando alla politica degli slogan: molte iniziative vengono prese oggi cercando il facile consenso dell’opinione pubblica. Ma quando poi la gente si accorge che quei provvedimenti non funzionano, il consenso sparisce di colpo”.
Un’intesa però le Regioni e il Governo l’avevano già stata siglata nel 2017
“Ma non è mai stato trasposto nel decreto, che non è mai arrivato. E poi è cambiato il Governo. Ma in ogni caso, per ridurre il gioco a livello nazionale, cosa che avrebbe effetti anche sulla ludopatia, bisogna che anche nel bilancio dello Stato si trovi la partita per coprire il minor gettito. Comunque, portare avanti un dialogo a livello nazionale sulla questione del gioco è molto difficile: da un lato c’è una forza politica estremamente liberista, dall’altro una proibizionista. Ma fissare dei punti fermi a livello nazionale sono fondamentali per uscire dalla demagogia”. gr/AGIMEG