Consiglio di Stato, no alla chiusura di due sale VLT a Bologna. Il decreto Cura Italia “salva” la proroga per la delocalizzazione

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha accolto due ricorsi presentati da una società titolare di sale VLT contro il Comune di Bologna.

Nel primo caso, la società che ha presentato il ricorso ha interposto appello nei confronti della sentenza 31 maggio 2021, n. 537 del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sez. I, che ha dichiarato improcedibili il suo ricorso e i motivi aggiunti rispettivamente proposti avverso l’ordinanza comunale in data 3 aprile 2020 disponente la chiusura della sala (VLT) che ospita apparecchi da gioco in Bologna, alla via San Lorenzo 22, e il provvedimento in data 13 gennaio 2021 con cui il Comune di Bologna ha respinto l’istanza della ricorrente diretta ad ottenere la proroga per la delocalizzazione dell’attività, confermando la chiusura della sala giochi. La società è titolare dell’attività di sala giochi in virtù di licenza ex art. 110, comma 6, lett. b), del t.u.l.p.s. rilasciata dalla Questura di Bologna; con il provvedimento impugnato il Comune di Bologna le ha contestato che l’attività sita in via San Lorenzo risultava essere svolta all’interno di locali situati a meno di cinquecento metri dal luogo sensibile individuato nella struttura socio-sanitaria “Santa Chiara s.c.r.l.”, con conseguente necessità di delocalizzazione dell’attività. A tale scopo la società ha comunicato all’amministrazione comunale di Bologna di avere individuato l’esercizio commerciale sito alla via Reale 21 nel Comune di Alfonsine, che ha rilasciato il permesso di costruire in data 20 gennaio 2020. La società titolare della sala ha chiesto una seconda proroga al fine di completare la delocalizzazione, ma è intervenuta l’ordinanza in data 3 aprile 2020, con cui è stata disposta l’immediata chiusura della sala VLT.

Nel secondo caso, la società titolare della sala ha interposto appello nei confronti della sentenza 31 maggio 2021, n. 538 del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sez. I, che ha dichiarato improcedibili il suo ricorso e i motivi aggiunti rispettivamente proposti avverso l’ordinanza comunale in data 9 aprile 2020 disponente la chiusura della sala (VLT) che ospita apparecchi da gioco in Bologna, alla via Righi 17, e il provvedimento in data 13 gennaio 2021 con cui il Comune di Bologna ha respinto l’istanza della ricorrente diretta ad ottenere la proroga per la delocalizzazione dell’attività, confermando la chiusura della sala giochi. La società è titolare dell’attività di sala giochi in virtù di licenza ex art. 110, comma 6, lett. b), del t.u.l.p.s. rilasciata dalla Questura di Bologna; con il provvedimento impugnato il Comune di Bologna le ha contestato che l’attività sita in via Righi risultava essere svolta all’interno di locali situati a meno di cinquecento metri dal luogo sensibile individuato nel luogo di culto “San Martino”, con conseguente necessità di delocalizzazione dell’attività. A tale scopo la società ha comunicato all’amministrazione comunale di Bologna di avere individuato, in seconda battuta, l’esercizio commerciale sito alla via Emilia est n. 1456 nel Comune di Modena, che ha denegato peraltro il permesso di costruire richiesto in data 29 gennaio 2020. La società titolare della sala ha chiesto una seconda proroga al fine di completare la delocalizzazione, ma è intervenuta l’ordinanza in data 9 aprile 2020, con cui è stata disposta l’immediata chiusura della sala VLT.

In primo grado il Tar Emilia aveva dichiarato improcedibile il ricorso, poichè l’interesse della società doveva dichiararsi cessato visto che già a luglio 2020 il Comune aveva concesso una proroga alla delocalizzazione fino al mese di ottobre.

“Deve essere anzitutto esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso in appello per sopravvenuto difetto di interesse svolta dal Comune di Bologna nella considerazione che la società appellante non ha dato corso alla delocalizzazione della sua precedente attività nei locali di Alfonsine, indicati nell’istanza del 7 agosto 2019, con la conseguenza dell’inutilità di ottenere una proroga; l’interesse non sarebbe inoltre ravvisabile in ragione della mancata impugnazione del provvedimento comunale in data 9 luglio 2020, con cui è stato imposto l’obbligo di delocalizzare l’attività ad Alfonsine entro il 29 ottobre 2020.

L’eccezione è infondata.

Invero, nella prospettiva dell’appellante, l’utilità concreta ritraibile dal ricorso discende proprio dall’applicazione della proroga legale delle autorizzazioni in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, che, a norma dell’art. 103, comma 2, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, «conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza». Tale meccanismo di proroga legale degli effetti degli atti amministrativi in scadenza opera a prescindere dalla realizzata delocalizzazione ed anche dalla mancata impugnazione del provvedimento che tale delocalizzazione ha imposto, ponendosi a monte di tale ulteriore attività, che risulta indifferente all’effetto legale.

Analogamente infondata è l’eccezione di inammissibilità per genericità dei motivi di appello – si legge nella sentenza.

Per consolidata giurisprudenza, il principio di specificità dei motivi di impugnazione, di cui all’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm., impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo; il giudizio di appello si caratterizza infatti come revisio prioris instantiae i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione.

Nel caso di specie, peraltro, a fronte di una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse, l’appellante ha potuto criticare detta statuizione solamente riproponendo il motivo di primo grado, concernente la proroga legale dei titoli abilitativi in ragione della condizione di emergenza pandemica, e dunque anche della licenza di pubblica sicurezza che legittimava la società all’esercizio dell’attività di raccolta di gioco lecito mediante apparecchi VLT, al fine di sostenere l’interesse alla decisione, in particolare deducendo l’erroneità della decisione impugnata che ha configurato la proroga come una concessione dell’amministrazione piuttosto che come un effetto ex lege.

Nel merito, l’appello è fondato.

E’ infatti condivisibile l’assunto della società secondo cui l’art. 103, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020 sia applicabile anche all’autorizzazione dell’attività di raccolta di gioco lecito attraverso apparecchi, svolta dall’appellante nel Comune di Bologna e comporti un’automatica proroga dell’efficacia del provvedimento.

In particolare, la norma da ultimo indicata, nel testo attualmente vigente, dispone che «tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’art. 15 del testo unico di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. Il medesimo termine si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza». Lo stato di emergenza è scaduto il 31 marzo 2022 e dunque la proroga dei predetti provvedimenti ha prodotto effetti sino al 29 giugno 2022.

La proroga legale, al pari della sospensione (del decorso) dei termini procedimentali prevista dal comma 1 dello stesso art.103 del d.l. n. 18 del 2020, ha natura imperativa ed automatica e dunque si applica senza che l’amministrazione debba provvedere a disciplinarne gli effetti alla stregua di una valutazione discrezionale (dovendosi pertanto ritenere irrilevante anche la circostanza della mancata impugnazione del provvedimento comunale in data 9 luglio 2020 che aveva differito la proroga al 29 ottobre 2020, disponendo peraltro che il trasferimento della sala giochi sarebbe dovuto avvenire entro il 29 ottobre 2020, a pena di chiusura dell’esercizio). Ciò in quanto, giova ripeterlo, la norma in esame non condiziona la proroga all’adozione di uno specifico provvedimento amministrativo, ma la contempla in via automatica, come effetto legale diretto, in modo del tutto ragionevole, tenendo conto della condizione di emergenza pandemica che è il presupposto della misura stessa.

Ne consegue che non può condividersi la statuizione di primo grado che ha ritenuto insussistente l’interesse al ricorso per il fatto che la società titolare non ha dato corso alla delocalizzazione della sala giochi; può anzi dirsi che proprio tale circostanza rafforzi l’interesse a fruire della proroga legale per l’esercizio sito in Bologna alla via San Lorenzo 22, in assenza di un’alternativa ove svolgere la propria attività.

In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado”, conclude la sentenza. cdn/AGIMEG