E’ stato presentato un ricorso al Consiglio di Stato per chiedere la riforma della sentenza del Tar della Puglia che confermava la legittimità del decreto con cui era stato notificato il diniego della licenza per la raccolta scommesse poiché non rispettava le distanze minime da un luogo sensibile previsto dalla normativa regionale.
Il Collegio ha ricordato che “l’articolo 7, comma 2, nel testo vigente al momento dell’emanazione dell’atto impugnato per via della modifica introdotta dall’articolo 1 della legge regionale 17 giugno 2019, n.21, stabilisce che “fuori dai casi previsti dall’articolo 110, comma 7, del r.d. 773/1931, le nuove autorizzazioni all’esercizio non vengono concesse nel caso di ubicazioni in un raggio inferiore a 250 metri, misurati per la distanza pedonale più breve su suolo pubblico, da istituti scolastici primari e secondari, università, biblioteche pubbliche, strutture sanitarie e ospedaliere e luoghi di culto”, restando “valide le autorizzazioni comunque concesse prima della data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Secondo l’appellante, “gli studi medici indicati non rientrerebbero nella classificazione di luoghi sensibili, atteso che non sono studi privati accreditati né strutture presenti in pubblici elenchi accessibili al pubblico, ma luoghi nell’ambito dei quali il medico esercita individualmente l’attività medica e non sotto forma di attività organizzata o sotto forma di società o associazione, consistendo in appartamenti o locali privati di ordinarie dimensioni all’interno dei quali viene prestata una attività di assistenza specialistica di base”.
“In estrema sintesi, dunque, gli studi medici rispetto ai quali è stata negata l’autorizzazione non rientrerebbero nella definizione di struttura sanitaria prevista dalla legge regionale, dovendosi attribuire a tale espressione il significato di un complesso di elementi, organizzati funzionalmente, dotati di un particolare spazio fisico predisposto, articolato e significativamente ricettivo”.
Il Consiglio di Stato ha quindi stabilito che “in base ai canoni ermeneutici, non si può ragionevolmente ritenere che nel caso per cui è causa anche uno studio -OMISSIS-, ancorché posti ad una distanza inferiore a quella normativamente stabilita dai locali in cui l’appellante vorrebbe aprire il suo esercizio, sebbene definiti dalla stessa legislazione regionale come “il luogo nel quale il professionista, regolarmente abilitato e iscritto all’albo degli odontoiatri, esercita la propria attività professionale in forma singola od associata” (articolo 2, comma 1, lettera i), l.r. Puglia n. 9/2017) possano assurgere a struttura sanitaria“.
“In altre parole, la declinazione del divieto che opera la legge regionale con riguardo alle strutture sanitarie e agli ospedali deve ritenersi, coerentemente con gli obiettivi di contrasto alla ludopatia, limitata solo a quella tipologia di realtà organizzative e non comprensiva anche degli studi medici, che non rientrano nella prima indicata categoria di luoghi che l’Amministrazione deve considerare ai fini del rilascio dell’autorizzazione ex articolo 88 TULPS”.
Per questi motivi il Consiglio di Stato ha deciso di accogliere il ricorso e annullare gli atti impugnati dal ricorrente. ac/AGIMEG