Consiglio di Stato resuscita il regolamento sul gioco di Vicenza. Era stato annullato dal Tar nel 2013

Non si può più affermare che “gli strumenti pianificatori di contrasto alla ludopatia devono essere decisi a livello nazionale o comunque essere inseriti nel sistema della pianificazione nazionale” e nemmeno che “La competenza legislativamente stabilita a favore dell’amministrazione statale esclude che pari competenza possa essere esercitata dal comune”. Lo afferma la Quarta Sezione del Consiglio di Stato accogliendo gli appelli intentati dal Comune di Vicenza contro due operatori di gioco. Le vicende risalgono al 2013, il Tar Venezia a quell’epoca aveva dato ragione alle sale da gioco, e aveva annullato il distanziometro e le fasce orarie ritenendo che il Comune avesse violato l’iter di pianificazione previsto dal decreto Balduzzi. Il Consiglio di Stato tuttavia adesso obietta che – dopo le sentenze della Corte Costituzionale, e dello stesso Palazzo Spada – è stato riconosciuto il potere di intervento dei Comuni. Citando la sentenza della Consulta sulla legge regionale del Piemonte, il Consiglio di Stato sottolinea che in base al Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali, viene riconosciuto “il potere sindacale di determinazione degli orari delle sale da gioco o di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l’orario di apertura degli esercizi, in cui i medesimi sono installati”. Anzi, “la Corte Costituzionale ha riconosciuto una maggiore estensione a tale potere anche in ordine alle limitazioni della distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l’imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, rilevando la sua riconducibilità alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni”. La sentenza sulla legge regionale della Puglia, invece, “perseguiva (…) in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, estranee alla materia della tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, e rientranti piuttosto nella materia di legislazione concorrente tutela della salute” , ambito in cui viene riconosciuta la competenza delle  Regioni. Il risultato è che il Comune può “inibire l’esercizio di una attività pure autorizzata dal questore” senza interferire “con le diverse valutazioni demandate all’autorità di pubblica sicurezza”. rg/AGIMEG