Il 24 ottobre scorso il Governo emanava il 19° DPCM dell’anno dove, tra le varie restrizioni, venivano nuovamente sospese le attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò. Si trattava di una seconda chiusura, dopo quella del primo lockdown avvenuta il 9 marzo. Il 24 ottobre in Italia si registravano 19.644 nuovi contagi a fronte di 177.669 tamponi. L’indice di positività, in pratica il rapporto tra tamponi effettuati e persone risultate positive, era dell’11%. Esattamente 15 giorni dopo la chiusura delle attività di gioco pubblico, l’8 novembre, in Italia si registravano 32.616 nuovi contagi a fronte di 191.144 tamponi, per un indice di positività del 17%. Quindi, già da questi dati si poteva intuire che chiudere le sale giochi, nelle quali a tutt’oggi non risultano esserci stati focolai, non aveva portato vantaggi sul contenimento della diffusione del COVID-19. La conferma arrivava dai dati rilevati dopo un mese. Il 24 novembre scorso, i contagi nel nostro paese sono stati 23.232 a fronte di 188.659 tamponi, per un indice di positività del 12,3%. Probabilmente quindi il problema della diffusione del contagio non era questo tipo di attività. Ricordiamo che insieme alle sale giochi, sale scommesse e sale bingo, il 24 ottobre furono chiuse anche palestre, piscine, centri benessere, teatri, sale da concerto, cinema e furono proibiti convegni e sport dilettantistici. Per le attività di bar e ristorazioni furono imposte delle limitazioni orarie. es/AGIMEG