Le Commissioni Tributarie – se annullano i conteggi dell’Agenzia delle Entrate per quantificare i ricavi di apparecchi non autorizzati – devono ri-quantificare le somme, utilizzando “le risultanze dei contatori elettronici, delle ricevute rilasciate mensilmente alla contribuente dal proprietario degli apparecchi e di ogni altro elemento legittimamente acquisito agli atti del processo”. Lo stabilisce la Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso intentato dall’Agenzia delle Entrate, contro una sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
La vicenda risale alla fine degli anni ’90, in un esercizio erano stati rinvenuti e sequestrati “due apparecchi per scommesse… risultati privi di autorizzazione”. Per determinare l’importo dei ricavi percepiti dalla titolare dell’esercizio, l’Agenzia delle Entrate aveva utilizzato i contatori meccanici e elettronici, nonché alcune ricevute rilasciate dal proprietario delle macchine. La Commissione Provinciale prima, e quella Regionale poi, avevano però annullato l’avviso di accertamento, sostanzialmente giudicando inadeguato il metodo di calcolo: “il contatore elettromeccanico registrava il totale delle scommesse dal momento della prima attivazione dell’apparecchio mentre il contatore elettronico registrava il totale delle scommesse tra un prelievo del denaro giocato e il prelievo successivo”, riassume adesso la Cassazione. In sostanza, i dati utilizzati erano “disomogenei”, e questo aveva portato a delle discrepanze: secondo l’Agenzia delle Entrate la donna infatti aveva percepito circa 9 milioni di lire nell’arco di un anno, nonostante “nel mese di febbraio erano stati riscontrati, al momento del sequestro, incassi per L. 460.000”.
Il problema – sottolinea adesso la Cassazione – nasce però dal fatto che le Commissioni Tributarie si sono limitate a annullare l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Invece avrebbero dovuto formulare un nuovo conteggio: “il giudice tributario, ritenuto invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo ma deve esaminare la pretesa impositiva e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte ed utilizzando tutti gli elementi legittimamente acquisiti agli atti”. La questione è stata quindi rinviata alla Commissione Regionale che dovrà effettuare un nuovo calcolo. rg/AGIMEG