La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione conferma il sequestro preventivo disposto nei confronti di un internet point di Ragusa che – secondo gli inquirenti – si svolgeva l’attività di raccolta scommesse per conto di un bookmaker senza alcuna autorizzazione italiana. La titolare aveva provato a sostenere che in realtà nell’esercizio erano istallati dei normali computer a disposizione dei clienti, e che al momento del controllo uno degli avventori era stato sorpreso a navigare sul sito di gioco del bookmaker in questione. Per gli agenti che hanno effettuato l’ispezione, tuttavia, l’uomo sorpreso a piazzare le scommesse era in realtà un collaboratore della titolare che aveva il compito di accettare le giocate dei clienti, e di conseguenza la raccolta non avveniva affatto in maniera occasionale, come dimostra il sequestro. Oltre ai pc, infatti, nel centro sono stati rinvenuti anche delle ricevute delle scommesse piazzate, “un quaderno manoscritto contenente l’indicazione dei movimenti delle somme giocate” e “delle somme pagate ai tickets vincenti”; dei “foglietti manoscritti recanti nomi e somme di danaro”; “un manoscritto recante le somme di danaro costituenti il netto utile per le scommesse su giochi virtuali riconducibili al bookmaker straniero”; “diversi fogli contenenti l’indicazione di usernames e passwords per l’accesso ai siti di scommesse on line”; nonché “la somma di 105 euro rinvenuta in una cassa all’interno della postazione occupata” dal presunto collaboratore, “e non nel registratore di cassa”. E la Cassazione ricorda che per disporre un sequestro preventivo “sono sufficienti gli indizi di reato, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi è estranea all’adozione della misura cautelare reale”. lp/AGIMEG