La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione chiede di rideterminare le condanne disposte dalla Corte d’Appello di Messina nei confronti di sette affiliati del clan Mangialupi. Gli imputati – condannati anche a 13 anni di reclusioni – erano stati ritenuti responsabili di reati come l’associazione mafiosa e il traffico di stupefacenti, ma nella sentenza si ricorda in più punti che tra gli interessi del clan vi era anche il del gioco che viene definito come il “settore di maggiore investimento e redditività del gruppo criminale”. Il business ovviamente veniva gestito con metodi mafiosi. Uno degli imputati, ad esempio, “affermava di operare il controllo del settore giochi, scommesse e slot-machine perché frutto di una suddivisione tra tre famiglie”. Inoltre, “la sistematica attività di intestazione fittizia a terzi delle attività operative nel settore delle scommesse” da parte dell’uomo “conferma l’intenzione di questi di gestire lucrose iniziative scampando il pericolo derivante dalle misure ablatorie manifestando così il tipico interesse dell’associato mafioso di vertice di risultare titolare di fatto di attività economiche attraverso numerosi e diversi prestanome”. lp/AGIMEG