Cassazione, saranno le Sezioni Unite a stabilire se commette peculato il gestore di slot che non versa il Preu

Saranno le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione a stabilire se “l’omesso versamento del prelievo unico erariale, dovuto da parte del “gestore” degli apparecchi costituisca il delitto di peculato”. Lo chiede la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, sostanzialmente affermando che la questione riguardi essenzialmente chi sia il titolare delle somme giocate, lo Stato oppure le concessionarie. Dopo aver esaminato le pronunce che si sono susseguite – i giudici rilevano che la stessa Cassazione abbia dato vita a due orientamenti in contrasto.

Da un lato c’è sempre la Sesta Sezione Penale che – affrontando il caso di un gestore che aveva istallato delle schede clonate all’interno di una serie di slot – aveva affermato “tale condotta non integra il reato di peculato, ma, semmai, quello di truffa aggravata ai danni dello Stato”. Infatti, secondo quel giudice “il denaro incassato all’atto della puntata, e a causa di questa, deve ritenersi non immediatamente di proprietà, pro quota, dell’erario, bensì interamente della società che dispone del congegno da gioco, anche per la parte corrispondente all’importo da versare a titolo di prelievo unico erariale. Questo perché la giocata genera un ricavo di impresa sul quale è calcolato l’importo che la società deve corrispondere a titolo di debito tributario”.

Dall’altro ci sono le Sezioni Unite Civili, intervenute sul ricorso di un gestore che contestava la qualifica – attribuitagli dalla Corte dei Conti – di agente contabile. Queste hanno affermato che “la società concessionaria è tenuta ad assicurare che la rete telematica affidatale contabilizzi le somme giocate, le vincite e il prelievo erariale unico, nonché la trasmissione periodica delle informazioni al sistema centrale. Essa, pertanto, riveste la qualifica di agente per la riscossione tenuto al versamento di quanto riscosso, sottoposto al controllo giudiziale degli introiti complessivamente derivanti dalla gestione telematica del gioco lecito, compreso il compenso al concessionario. Le attività svolte in virtù di una concessione ed in adempimento degli obblighi da essa scaturenti sono, infatti, in funzione dell’interesse pubblico perseguito, cosicché il concessionario è organo indiretto dell’Amministrazione”.

La Sesta Sezione Penale tuttavia non sembra convinta che interpretazione possa valere anche in ambito penale. Le Sezioni Unite Civili infatti scrivono che “la società ricorrente è concessionaria di un’attività che non ha né natura di servizio pubblico, né assolve una funzione neanche latu sensu pubblicistica”. Per i giudici penali le Sezioni Unite si riferiscono “alla intrinseca estraneità dell’esercizio del gioco d’azzardo da parte dello Stato dal perimetro proprio ai pubblici servizi, ove si astragga dalle connesse entrate tributarie e dal vantaggio erariale che ad esse consegue”. In sostanza, la qualifica di agente contabile “attiene precipuamente al controllo periodico della destinazione delle somme riscosse ed erogate, ed in particolare di quelle originariamente di pertinenza pubblica, perché di carattere erariale”. Per integrare il delitto di peculato però è necessario “l’effettivo esercizio di funzioni nell’ambito di un pubblico ufficio o servizio”, quelle che appunto le Sezioni Unite Civili hanno escluso. rg/AGIMEG