Nella retribuzione “non rientrano (…) le mance dei croupiers”, sia perché queste vengono corrisposte da persone estranee al rapporto di lavoro e non dal datore, sia perché vengono regalate “nei casi di vincita”, e dipendono non solo “dalla prestazione resa, ma dal gradimento che i clienti hanno tratto dalla fruizione complessiva dei servizi offerti dal casinò”. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, respingendo il ricorso intentato da alcuni croupier che chiedevano al datore di accantonare nelle quote annuali del Tfr anche una somma pari al 75% delle mance. La Suprema Corte ha spiegato che oltretutto il datore di lavoro non è in alcun modo tenuto a garantire che i croupier riceveranno delle mance, e che queste raggiungeranno un determinato ammontare, non è possibile quindi prevedere “ex ante la somma che sarà a tale titolo percepita”. In altre parole, le mance non hanno i requisiti “dell’obbligatorietà e della determinatezza o determinabilità” tipici della retribuzione. lp/AGIMEG