Cardia (pres. Acadi) a Il Giornale: “Con il lockdown il settore dei giochi è già andato in rosso nel 2020. Pronto un dossier da portare a Mef e Adm. Serve congelamento e rinvio imposte ed ammortizzatori sociali”

“Con il lockdown si è fermato sostanzialmente l’intero comparto del gioco pubblico: sono chiusi i punti di gioco sia nelle sale (bingo, scommesse, dedicate con awp e vlt, o lotterie), sia negli esercizi generalisti. Sono rimasti solo gratta e vinci e la parte online”. E’ quanto ha dichiarato Geronimo Cardia, presidente di Acadi, in un’intervista rilasciata a Il Giornale. Ma da domani comincia la Fase 2 anche per il gioco legale. La maggiore associazione di settore, Acadi (che rappresenta il 70% delle concessionarie), affiliata di Confcommercio – si legge sul quotidiano – chiede l’equiparazione del settore a quella dei negozi commerciali, in lista per riaprire l’11 o il 18 maggio. Perché questo lockdown sta costando allo Stato 750 milioni al mese. E Acadi ha pronto il suo piano. “Con le altre associazioni di categoria – spiega Cardia – abbiamo messo in evidenza che, per caratteristiche strutturali, il gioco legale pubblico presenta elementi equiparati a quelli dei negozi commerciali. Abbiamo garanzie di sicurezza uguali o maggiori: nelle sale esisteva già il controllo all’ingresso, in più abbiamo previsto misure di sicurezza specifiche, validate da esperti, fornitura di protezioni individuali per dipendenti e utenti, percorsi obbligati, dispenser di gel, postazioni separate e igienizzazione immediata del punto gioco”. L’associazione ha un dossier pronto da presentare al Mef ed all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. “Il sistema concessorio conta oltre 75mila dipendenti tra concessionari e imprese del territorio – ha continuato Cardia -. Si tratta di un comparto molto tassato, che era già in crisi, che vale l’1% del Pil, e che con due mesi di lockdown è già andato in rosso nel 2020”. Nella proposta al Governo, “oltre al congelamento e rinvio delle imposte sul gioco (che in tempi normali sono versate sempre in larga misura in acconto) servono gli ammortizzatori sociali. Per tornare a portare flussi nelle casse dello Stato il settore va protetto almeno fino a dicembre. Prevedendo poi alleggerimenti della pressione fiscale per restituire respiro ai margini”. lp/AGIMEG